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Sul bilancio Ue partenza in salita per la maggioranza Ursula

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Opposizione trasversale al Quadro finanziario pluriennale presentato mercoledì dalla Commissione europea. Pesano i tagli all'agricoltura, ma non solo. La già fiaccata autorevolezza della von der Leyen rischia l'effetto boomerang.

Politica 19_07_2025
La Presse (AP Photo/Geert Vanden Wijngaert)

Partenza in salita per la proposta di bilancio pluriennale della von der Leyen che lascia partiti, governi e diversi attori economici europei sconcertati. Reggerà la “maggioranza Ursula” alle idee guerrafondaie della presidente della Commissione europea? La Commissione europea ha proposto mercoledì 16 luglio la propria bozza di bilancio dell'Ue da 2.000 miliardi di euro per il periodo 2028-2034, il “Quadro finanziario pluriennale” (Qfp) o “Multiannual Financial Framework” (MFF). «È un bilancio che corrisponde alle ambizioni dell'Europa, che affronta le sfide dell'Europa e che rafforza la nostra indipendenza», ha dichiarato la von der Leyen ai giornalisti a Bruxelles.

La Commissione ha affermato che la sua proposta ammonta all'1,26% del reddito nazionale lordo dell'Unione europea a 27 Stati, in aumento rispetto all'1,13% dell'attuale bilancio settennale. Ovviamente, la maggior parte dei finanziamenti per il bilancio proviene dai governi dei Paesi membri dell'Ue, anche se la stessa Commissione propone di raccogliere più fondi direttamente, anche con una nuova tassa sulle aziende che operano in Europa e che hanno un fatturato netto annuale superiore a 100 milioni di euro in un Paese dell'Ue, tassa che già vede la ferma contrarietà di tutti i governi nazionali.

Si sospettava da tempo che l'agricoltura sarebbe stata penalizzata, ma quasi nessuno si aspettava che tutti i gruppi politici del Parlamento europeo, da sinistra a destra, dall'opposizione conservatrice alla tradizionale "coalizione Ursula", si sarebbero uniti contro la Commissione. Mercoledì, aprendo il dibattito in commissione AGRI del Parlamento europeo, nonostante il Commissario per l'Agricoltura e l'Alimentazione Christophe Hansen abbia fatto di tutto per dipingere un quadro positivo delle riforme previste, tutti gli eurodeputati presenti, consapevoli della diminuzione degli investimenti e sostegni agricoli del 21,8% (ovvero ben 84 miliardi di euro) e dell’eliminazione delle politiche di sviluppo rurale, hanno protestato. Persino i Popolari, con il capogruppo Herbert Dorfmann, hanno denunciato che la Commissione prevede di aumentare il «QFP a 2.000 miliardi di euro, ma noi subiremo un taglio del 25% alla PAC [Politica Agricola Comune]».

A conti fatti, la Commissione europea, guidata da Ursula von der Leyen, riduce il bilancio della PAC dagli attuali 386,6 miliardi di euro a soli 300 miliardi. Così, a valanga, anche il resto dei partiti dell’establishment, tra cui i socialdemocratici S&D, i liberali Renew e i Verdi e anche gli oppositori della "coalizione Ursula" sono saliti sulle barricate, i patrioti, conservatori e nazionalisti/sovranisti, che con la sinistra estrema hanno criticato le scelte della Commissione e l’ipocrisia dei partiti che sostengono la von der Leyen.

In questo contesto, già mercoledì pomeriggio, alcune rappresentanze degli agricoltori dell'Unione europea si erano riuniti fuori dal Parlamento europeo e Berlaymont, la sede della Commissione europea. Organizzata dal COPA-COGECA, l'organismo che riunisce 22 milioni di agricoltori europei, la manifestazione è il primo campanello d'allarme per la presidente della Commissione. 

L’audizione dello stesso Commissario per il Bilancio Piotr Serafin alla Commissione Bilancio (BUDG) del Parlamento è stata ritenuta insoddisfacente dalla maggior parte dei parlamentari presenti, con ferme proteste anche sull’accorpamento dei fondi di coesione e agricoli, che la maggior parte degli eurodeputati vorrebbe vedere finanziati tramite linee di bilancio e una basi giuridiche distinte, come da sempre accaduto. Oltre a ciò, mal di pancia vengono dai Verdi che lamentano una riduzione di spesa dedicata alla biodiversità. 

Alla Commissione per lo Sviluppo Regionale Raffaele Fitto, Commissario per la Coesione, ha dovuto con grande senso del dovere difendere la proposta della Commissione e subire le critiche feroci sull’accorpamento con la PAC e per l'idea di "centralizzazione" della politica di coesione, da lui stesso non condivisa. Dai Popolari (PPE), ai Socialisti (S&D), ai Liberali (Re), ai Verdi, ai Conservatori (ECR) e ai Sovranisti (PfE), tutti a dichiarare sconcerto e disappunto per la “morte delle politiche di coesione”. «Non potremo accettare questo approccio», è stato il coro unanime di critica contro il piano di partenariato Stato-Regioni che "centralizza" al posto di sviluppare la coesione decentrata verso regioni e comuni. 

Da sottolineare almeno altri tre aspetti. Il primo: i circa 100 miliardi destinati all’Ucraina, cioè un terzo dei 300 miliardi di euro stanziati dalla Commissione a sostegno dell'azione esterna per il periodo 2028-2034 sono sproporzionati rispetto ai soli 42 miliardi di euro stanziati per la regione del Mediterraneo, compresi i vicini meridionali dell'UE in Medio Oriente, Nord Africa e Golfo, per dare forma alla politica migratoria.

Il secondo: la scelta della Commissione europea di vincolare i futuri finanziamenti dell'Ue all'adesione e rispetto dei valori democratici, inclusi i principi sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali e dall'articolo 2 del Trattato Ue, è un attacco all'Ungheria e una ennesima interferenza elettorale contro Orban.

Il terzo: se è vero che l’industria di difesa europea aveva insistito per avere una posta di bilancio di 100 miliardi, non si comprendono le ragioni che hanno spinto Ursula von der Leyen e la Commissione a destinarne addirittura 130,7 miliardi di euro per "resilienza e sicurezza, industria della difesa e spazio", un aumento di 5 volte rispetto agli attuali bilanci del 2018.

Si ricordi che la battaglia è appena iniziata, per essere approvato ed entrare in vigore nel 2028, il QFP necessita del consenso unanime degli Stati membri dell'Ue e del consenso del Parlamento europeo. Il disappunto dei parlamentari potrebbe portare persino al rifiuto di avviare i negoziati, con l'approvazione di una risoluzione che chieda alla Commissione di ritirare la sua proposta e presentarne una nuova. Una "bomba atomica" che metterebbe fine alla già fiaccata autorevolezza di Ursula von der Leyen.



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