Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Ora di dottrina / 182 – Il supplemento

Postura eretta, mani aperte e occhi al Cielo: i gesti dei primi cristiani

L’idea che i cristiani, per l’Eucaristia, fossero seduti o reclinati attorno ad una mensa su cui si consumava un pasto, non ha fondamento storico. Essi si alzavano in piedi, come descriveva san Giustino. E anche le mani e gli occhi dovevano essere elevati verso l’alto.

Catechismo 02_11_2025
San Giustino

La teoria secondo cui i primi cristiani avrebbero abolito la distinzione sacro-profano, rifiutandosi di avvalersi di luoghi esclusivamente dedicati al culto e di altari, prospetta una ricostruzione storica piuttosto curiosa. I cristiani dei primi tre secoli, provenienti dal giudaismo e dal paganesimo, avrebbero inventato una religione del tutto estranea agli elementi strutturali di ogni religione umana, incluse quelle da cui loro stessi provenivano; elementi, che sarebbero invece poi stati recuperati dagli stessi cristiani a partire dal IV secolo. La “Chiesa primitiva” si costituirebbe così come una strana realtà isolata non solo dal contesto religioso contemporaneo e precedente, ma anche dal cristianesimo immediatamente successivo: tutto era diverso prima di loro, tutto diventerà diverso dopo di loro.

Essi avrebbero rifiutato luoghi di culto, altari, sacerdoti, rituali, per dare spazio a presunte “eucaristie domestiche” di cui non abbiamo in realtà alcuna prova, se non quella proveniente da un fraintendimento delle poche fonti antiche a disposizione. Espressione di questo approccio è anche la tesi secondo cui i cristiani dei primi secoli avrebbero celebrato l’Eucaristia adagiati sui lecti conviviales dei triclinia. Anche in questo caso, si tratterebbe di una vera e propria rottura con il linguaggio religioso del paganesimo e del giudaismo; in entrambe le religioni, infatti, è caratteristico il fatto che sacerdote e offerente stanno in posizione eretta davanti all’altare, mente l’oblazione è offerta. Non solo l’offerta materiale, ma anche la preghiera presso l’altare esigeva la posizione in piedi con le mani elevate. Questa postura è testimoniata da bassorilievi su sarcofaghi e altari votivi o incisioni su monete; e non si capisce per quale ragione i primi cristiani avrebbero dovuto stravolgere questa postura tradizionale.

Un grosso equivoco alla base di una presunta eucaristia, durante la quale i fedeli sarebbe reclinati o seduti in cerchio, poggerebbe su alcune immagini antiche, come quella rinvenuta nelle Catacombe di San Callisto, che per anni sono state spacciate per sinassi eucaristiche, ma che invece rappresentano convivi funebri. È possibile che nei primi secoli, in alcuni luoghi, la celebrazione dell’Eucaristia fosse connessa ad un pasto fraterno; ma questo non significava che l’Eucaristia avvenisse all’interno dell’agape. L’idea che i cristiani, per l’Eucaristia, fossero seduti o reclinati attorno ad una mensa su cui si consumava un pasto, non ha fondamento storico e il fatto che si riferisca appunto di pasti comuni non significa che l’Eucaristia venisse celebrata all’interno del pasto e come parte di esso.

Nel noto passo della Prima Apologia, in cui San Giustino descrive la domenica cristiana, troviamo con chiarezza quale fosse la postura osservata dai cristiani nella preghiera liturgica: «Quando il lettore ha terminato, il preposto con un discorso ci ammonisce ed esorta ad imitare questi buoni esempi. Poi tutti insieme ci alziamo in piedi ed innalziamo preghiere; e, come abbiamo detto, terminata la preghiera, vengono portati pane, vino ed acqua, ed il preposto, nello stesso modo, secondo le sue capacità, innalza preghiere e rendimenti di grazie, ed il popolo acclama dicendo: “Amen”. Si fa quindi la spartizione e la distribuzione a ciascuno degli alimenti consacrati, ed attraverso i diaconi se ne manda agli assenti» (LXVII, 4-5). Alzarsi in piedi per stare al cospetto di Dio è sempre stata la postura dell’orante, soprattutto se prossimo all’altare; Giustino mette in evidenza che anche i cristiani, mentre ascoltano seduti il lettore, si alzano però in piedi per pregare e per unirsi al sacerdote che offre le oblate, elevando orazioni e rendimenti di grazie.

Non solo la posizione eretta, ma anche le mani e gli occhi dovevano essere elevati verso l’alto. È questa un’altra caratteristica tipica di chi si presentava al cospetto dell’Altissimo per offrire a Lui la preghiera; e ciò vale anche per la preghiera liturgica, che si orienta verso l’altare, il quale è come l’estremità terrena dell’altare posto davanti al trono dell’Altissimo (cf. Ap 8, 3.5; 9, 13). Il significato del gesto delle mani è controverso, ma sembra che il testo di Isaia 1, 15 risulti particolarmente decisivo: «Quando stendete le mani, io allontano gli occhi da voi. Anche se moltiplicate le preghiere, io non ascolto. Le vostre mani grondano sangue». Chi si presenta al cospetto di Dio, mostra al Suo sguardo le proprie mani, perché Dio veda che esse sono disarmate, che non sono macchiate dal sangue del proprio fratello, e nemmeno dal sangue delle vittime offerte agli idoli di ogni tempo. Non è la rivendicazione di una propria presuntuosa innocenza, ma la volontà di escludere ogni doppiezza e ipocrisia. Ed è probabilmente per questa stessa ragione che i cristiani si lavavano le mani prima di entrare in chiesa, come avviene ancora oggi nei monasteri e nell’utilizzo dell’acquasantiera all’ingresso delle chiese.

Anche questa importante sottolineatura contribuisce ad escludere che i cristiani potessero celebrare l’Eucaristia adagiati sui tricliniares, poggiando il capo su un braccio. Nessun pagano si sarebbe mai posto davanti alla divinità in posizione reclinata, né esiste testimonianza che lo abbiano fatto i primi cristiani che dal paganesimo provenivano.

Torniamo all’altare. Come già accennato, esso non era compreso come una tavola su cui porre vivande, e neppure semplicemente come una mensa conviviale. L’altare è il basamento di una linea che congiunge terra e Cielo o, più precisamente, l’altare della terra è segno e presenza dell’altare del Cielo, che sta al cospetto dell’Altissimo. Per questa ragione profonda, un atteggiamento caratteristico della preghiera sono gli occhi che si levano verso il cielo, quasi a ripercorrere questa linea fino al suo vertice. Più e più volte i Salmi indicano questo gesto; il Canone romano ripresenta lo stesso Cristo che eleva lo sguardo al Padre nell’istituzione dell’Eucaristia – et elevátis óculis in cælum ad te Deum Patrem suum omnipoténtem – e impone al sacerdote di fare altrettanto. Il Rito romano prescrive più volte, nel corso della celebrazione eucaristica, che il sacerdote alzi lo sguardo in alto. Questo sguardo verso l’alto non cerca un dio disperso nelle regioni celesti, ma lo riconosce presente; riconosce che la preghiera si compie precisamente davanti a Lui, al Suo cospetto, vocabolo pregnantissimo che evoca proprio lo sguardo che incrociamo con i nostri stessi occhi.

Questi tre aspetti caratteristici dell’uomo in preghiera, che ritroviamo esplicitamente negli ebrei e nei cristiani – la posizione eretta, le mani aperte verso l’alto, gli occhi che si levano verso il Cielo – confermano quanto sia anacronistico e ingiustificato attribuire ai cristiani dei primi secoli una posizione che nega radicalmente la postura dell’orante.



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