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IL LIBRO

Pornodipendenza? Uscire dal tunnel è possibile

Lo studio dello psicoterapeuta americano Peter Kleponis "Uscire dal tunnel" (D’Ettoris Editori) mostra con dati ed esempi concreti come la pornodipendenza sia una piaga che attanaglia bambini, adolescenti, coppie sposate e talvolta persino seminaristi e preti. La pornografia distorce l’idea della sessualità e ha effetti devastanti su chi se ne serve. Ma non mancano i rimedi per uscirne e tornare a essere, davvero, liberi.

Cultura 26_04_2019

“La pornodipendenza è un’epidemia in America e in Europa. Milioni di uomini, donne e giovani ne sono affetti. La pornografia sta distruggendo la vita di singole persone, matrimoni, famiglie e carriere e, cosa più importante, sta rovinando la relazione delle persone con Dio. Nessuno è immune da questa epidemia. Sfortunatamente però solo pochi individui ne stanno parlando”. Non usa mezzi termini lo psicoterapeuta americano Peter Kleponis nell’inquadrare il problema della pornodipendenza nel suo libro Uscire dal tunnel (D’Ettoris Editori), che intende anche offrire i diversi rimedi per liberarsi da questa profonda ferita e così recuperare una libertà piena e integra perché capace di donarsi in maniera autentica. Gli fa eco il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, nella prefazione al libro, allorquando denuncia come “tutti i sistemi mediatici di oggi inducono questa generazione verso desideri immorali di adulterio”.

Sotto il profilo clinico, la pornografia può essere definita come “qualsiasi immagine che porta una persona a usare un’altra persona per il proprio piacere (di lui o di lei). È priva di amore, intimità, relazione o responsabilità. Può causare una forte dipendenza”. L’indagine di Kleponis rivela che “su internet la fascia più numerosa di utenti di pornografia è quella formata dagli adolescenti tra i dodici e i diciassette anni; gioca un ruolo significativo nel 56% dei divorzi; è documentato che il 20% degli uomini ammette di avere accesso a materiale pornografico al lavoro, e che per questo motivo molti perdono il lavoro; la maggior parte dei molestatori sessuali ha iniziato con la pornodipendenza; e infine, che tale dipendenza non è un fenomeno soltanto maschile ma sta crescendo tra le femmine”.

Il contesto sociale non aiuta, anzi “viviamo in una cultura pornificata, dove abbondano le immagini sessualizzate. Ce ne sono nei film, alla televisione, nella pubblicità, nelle riviste, nei cataloghi, nei videogiochi, nella musica pop, nella letteratura, nei social media e su Internet. La ragione di questa presenza è semplice: il sesso vende. Il mondo della pubblicità lo capì decenni fa. L’attenzione degli uomini è immediatamente catturata dalle immagini sessualizzate. Quando un prodotto è sessualizzato, riceve la loro attenzione”. Basti pensare che “ogni mese i siti porno ottengono più visualizzazioni di Netflix, Amazon e Twitter messi insieme e il 30% di tutti i dati trasferiti su Internet si riferiscono a pornografia (Huffington Post, 2013)”. Quando è consumata online la pornografia segue tra l’altro ‘la legge delle cinque A’, ossia è “abbordabile, accessibile, anonima, accettata, aggressiva”.

La pornografia non è un innocuo ‘intrattenimento per adulti’. Gli effetti della pornografia sulla chimica del cervello, insieme alla sua capacità di alleviare il dolore emotivo, sono ciò che la rende una sostanza che crea dipendenza (Struthers, 2009). Alla stregua di alcol e droga, si abusa principalmente di “pornografia per auto-medicare le ferite emotive profonde”, tra le quali in particolare “narcisismo, ferite legate alla propria famiglia d’origine, rifiuto dei pari, solitudine, insicurezza maschile, immagine negativa del proprio corpo, rabbia, sfiducia nei confronti delle donne, pressioni eccessive, una vita spirituale debole”. L’uso di pornografia porta inoltre gli uomini a dare minor valore alla fedeltà sessuale e maggior valore al sesso occasionale (Carroll et al., 2008). Infatti l’uso della pornografia ha portato molti giovani a non volersi impegnare nel matrimonio. Essi credono che la felicità possa derivare soltanto da incontri sessuali con molteplici partner. Ed è qui che vediamo all’opera la filosofia utilitaristica sessuale (Fitzgibbons, 2010).

Diversi studi hanno anche confermato che “quando una donna scopre che suo marito consuma pornografia si sente arrabbiata, ferita, tradita, e che per lei ha la stessa gravità di una relazione extraconiugale”. Tale dipendenza compromette dunque gravemente la fiducia nella relazione tra marito e moglie al punto che, in alcuni casi, come rileva “l’American Association of Matrimonial Attorneys, la pornografia ha un ruolo significativo nel 57% dei divorzi (Eberstadt&Layden, 2010) ed è correlata a un aumento dell’infedeltà del 318% (Stack, 2004)”. Distorcendo poi la dimensione della sessualità, la pornografia compromette la stessa intimità della coppia, anzi “la sovrastimolazione indotta dalla pornografia produce cambiamenti nel cervello che lo rendono meno sensibile al piacere fisico a contatto con una donna reale, ma ipersensibile al porno online (Wilson, 2012).

Le prime vittime della pornografia sono i bambini e i ragazzi che assistono a “un flusso infinito di rapporti sessuali tra parti di corpi idealizzati, che ricablando il cervello dei ragazzi, che si aspettano e domandano livelli di stimolazione ed eccitazione non realistici, li plasma totalmente fuori sincronia con le relazioni amorose del mondo reale”. In questo modo i ragazzi si abituano a vedere le proprie coetanee come oggetti sessuali; le ragazze sono così ridotte a giocattoli sessuali. Di qui “il desiderio di fare ciò che sta guardando è il motivo per cui l’attività sessuale tra gli adolescenti è aumentata esponenzialmente nel corso degli anni”, conducendo anche “a un aumento dell’aggressività sessuale e delle molestie, di persona e online”.

Parafrasando san Giovanni Paolo II, “il problema della pornografia non è che rivela troppo della persona (esposta nell’immagine), ma che di essa rivela troppo poco. La persona nell’immagine è ridotta ai suoi organi sessuali e alle sue facoltà sessuali e viene quindi de-personalizzata” (Finn, 2007)

Vergogna, paura dello scandalo o della stessa terapia, disconoscimento della propria dipendenza sono invece tra le cause più frequenti che impediscono a sacerdoti e seminaristi di chiedere aiuto. Tuttavia bisogna avere il coraggio per farlo, in una coscienza rinnovata del fatto che “la Chiesa è un luogo d’amore e di cura per chiunque è ferito. Questo dà loro una grande speranza di recupero e le aiuta a ritornare alla Chiesa ed ai sacramenti, specialmente alla Riconciliazione e all’Eucarestia. Comprendere il grande amore che Dio ha per ogni persona con una dipendenza può aiutare a modificare la prima convinzione principale - di non essere meritevoli di amore - al fine di credere di poter essere amati”.

Lo studio di Kleponis ha anche il pregio di non limitarsi a descrivere le linee teoriche del problema della pornodipendenza in tutti i suoi aspetti, ma si preoccupa di corroborarle con la narrazione di casi concreti ed esperienze di pratica clinica. Esso mostra infine che è possibile uscire da tale dipendenza, liberandosi innanzitutto dalla convinzione di essere “irrecuperabili” per poi sanare le proprie ferite interiori senza bisogno di medicarsi con la pornografia e il sesso. Insomma “la libertà è possibile, richiede tempo e impegno” ma, attraverso un adeguato percorso terapeutico e un programma di recupero dell’integrità psicofisica che favorisca la pratica delle virtù, si può ritrovare la gioia di costruire e custodire una relazione sana con se stessi, il proprio corpo e il prossimo. Dio poi non fa mancare la sua grazia ai suoi figli di cui desidera la guarigione interiore, affinché gustino la bellezza di una sessualità vissuta come dono e la pienezza della vera libertà in quanto, per dirla con Christopher West, “solo una persona che è libera dalla compulsione della lussuria, dell’afferrare e del possedere, è in grado di essere un vero dono per l’altro”.