Polonia, prove tecniche di regime del "liberale" Tusk
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Benché sostenuto da una coalizione di minoranza, il governo Tusk sta subito usando il pugno di ferro contro i conservatori. Altolà dei vescovi.
Nei giorni scorsi, Donald Tusk e il suo nuovo governo sorretto dalla coalizione dei perdenti, tra le prime misure approvate, ha deliberato anche il licenziamento degli amministratori delegati della televisione, della radio e dell'agenzia di stampa statale PAP, in una parola, l’occupazione manu militari di tutti i mass media pubblici, avviandone in alternativa la liquidazione. Non è questa l’unica decisione autoritaria che preoccupa e anche la Chiesa in questi ultimi giorni ha alzato la voce. Il blitz sui mass media pubblici del governo di Varsavia ha scatenato l'indignazione del partito che ha vinto le elezioni, Diritto e Giustizia (PiS) e del presidente polacco Andrzej Duda che ha definito la decisione una «chiara violazione della costituzione».
La polizia è stata addirittura inviata presso la sede dei media pubblici polacchi per far rispettare la decisione del governo Tusk e reprimere il sit-in di protesta di parlamentari della opposizione. Ciò a cui stiamo assistendo in Polonia da parte del nuovo governo, liberale e di centro-sinistra, è violenza politica e autoritarismo puro, conditi con l’intimidazione e un chiaro tentativo di calpestare l’opinione pubblica e la libertà di espressione e di mettere a tacere qualsiasi dissenso.
Ovviamente per la Commissione europea non sta accadendo nulla, la vacanza dei Commissari iniziata lo scorso 20 dicembre e che terminerà solo dopo l’Epifania, non permette ai maestrini dello Stato di diritto, dei valori europei e della libertà di stampa di intervenire per denunciare i gravissimi abusi che stanno avvenendo a Varsavia. Tutto è semplicemente inaccettabile in uno Stato costituzionale democratico, va contro ogni regola scritta e non scritta e nessuna vittoria elettorale, tanto più una sconfitta, può dare alcun mandato per tali pratiche.
La vicenda era iniziata pochi giorni prima del Santo Natale quando, il 20 dicembre, con un susseguirsi di avvenimenti programmati a tavolino, la maggioranza parlamentare chiedeva al governo Tusk di ripristinare l'imparzialità dei mass media pubblici, il governo quindi passava al licenziamento dei direttori generali di tali mass media, il partito del PiS iniziava la sua protesta democratica e il Presidente Duda inviava una lettera di denuncia di incostituzionalità della decisione al Primo Ministro Donald Tusk.
Solo una denuncia dovuta all'appartenenza politica, visto che Duda è affiliato al partito cristiano e conservatore di PiS? Non è così, infatti molti esperti e organizzazioni non governative polacche, persino la sinistra Fondazione Helsinki dei Diritti Umani, da sempre schierata contro i governi del PiS, si sono detti molto preoccupati per la decisione, il metodo antidemocratico e di dubbia costituzionalità usato da Tusk, mentre la Batory Foundation, succursale della Open Society di Soros a Varsavia, condivideva metodo e merito dell'occupazione ed epurazione volute dal nuovo esecutivo.
Il 23 dicembre, il presidente della Polonia Duda ha deciso dunque di porre il veto a un disegno di legge governativo che prevedeva 3 miliardi di PLN (692 milioni di euro) di finanziamento per i media statali nel 2024, affermando che nei «media statali deve prima essere ripristinata la legalità». Nei giorni scorsi dunque, il 27 dicembre, Duda ha rinviato il disegno di legge del governo al Parlamento, rimane il previsto aumento salariale del 30%, o almeno 1.500 PLN (346 euro), per gli insegnanti polacchi, mentre non ci sono finanziamenti aggiuntivi per i media statali. Il testo potrebbe esser discusso nelle prossime sedute del 10-11 gennaio ma ogni opzione è aperta, infatti il Ministro della Cultura del governo Tusk, Bartłomiej Sienkiewicz, lo stesso 27 gennaio ha annunciato che metterà in liquidazione tutti i media pubblici, cioè le emittenti TVP e Polskie Radio nonché l’Agenzia di stampa polacca (PAP), scaricandone la responsabilità proprio sul Presidente Duda che chiede il solo rispetto della legge e della Costituzione.
Ieri intanto si è svolto un incontro tra il presidente della repubblica i membri dell'ente di regolamentazione dei media del Paese, il Consiglio nazionale delle trasmissioni radiotelevisive (KRRiTV), per discutere la decisione del governo di mettere in liquidazione i media statali, dopo che giovedì 28 dicembre lo stesso organismo aveva dichiarato la decisione dell’esecutivo come "illegale", aggiungendo di aver segnalato la misura al Gruppo dei regolatori europei per i servizi di media audiovisivi (ERGA).
In soccorso di Duda e dello stato di diritto polacco, in difesa della libertà di pensiero dei giornalisti e della stampa avete notato qualche protesta delle internazionali paladine della libertà come “Transparency International”, “Reportes Senza Frontiere”, “Amnesty International”? Tutto tace perché, se a commettere gli abusi sono gli amici, allora gli standard democratici si fanno evanescenti e scompaiono del tutto se, come in questo caso, il pressoché totale monopolio della stampa e mass media privati polacchi sono nelle mani di Soros &Co. e la decisione del governo di liquidare i mass media pubblici gli cederebbe il monopolio dell'informazione.
Alla gravità del colpo di mano autoritario di Tusk sui mass media, si deve aggiungere la crescente scristianizzazione. In questi giorni si è iniziato a rimuovere il crocifisso dagli enti pubblici governati dalla nuova maggioranza, per sostituirlo con le bandiere polacche ed europee e ad invocare un ritorno alle vecchia norma pro aborto eugenetico in vigore sino al 2020. Perciò il Vescovo di Cracovia Marek Jędraszewski ha espresso preoccupazione mettendo in guardia dal ritorno «ai tempi bui della Repubblica Popolare Polacca» [comunista].