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Polonia, il governo spegne la democrazia. Paga la UE

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Continuano i soprusi del governo Tusk: intimidazione dei parlamentari dell'opposizione, tentativo di limitare i poteri al presidente della Repubblica Duda, assalto alla Banca Centrale. L'obiettivo: Varsavia guidata dalle oligarchie di Bruxelles.

Esteri 02_04_2024
Il premier polacco Donald Tusk con il presidente della Commissione UE Von der Leyen

La Polonia governata da Donald Tusk (nella foto con la presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen), protetto dalle oligarchie di Bruxelles e Berlino, comincia ad assomigliare sempre di più alla Bielorussia di Lukashenko o alla Russia di Putin? Purtroppo, ci sono tanti fatti preoccupanti che succedono nel Paese sulla Vistola. Il nuovo esecutivo polacco formatosi il 13 dicembre scorso (un giorno che ricorda la data del colpo di stato del gen. Jaruzelski nel 1981) ha cominciato la sua attività mandando la polizia nella sede della televisione di stato TVP Info per cacciarne i dirigenti e in questo modo silenziare i media pubblici. Con i licenziamenti da parte del ministro della Cultura dei vertici dei media pubblici - la televisione, la radio, l’agenzia di stampa polacche e i loro consigli di vigilanza - il nuovo governo in pratica “occupa” illegalmente i media pubblici.

Ma il ruolo centrale nelle mosse dell’esecutivo ce l’ha il ministro della Giustizia, Adam Bodnar, che ha avviato le purghe nella Procura nazionale, cominciando con il licenziamento del procuratore nazionale Dariusz Barski ed altri provvedimenti che non hanno fondamento giuridico.

Nel frattempo si moltiplicano gli attacchi contro il presidente Andrzej Duda e i tentativi di «superare» il potere di veto del presidente e distruggere istituzioni costituzionalmente stabilite come il Tribunale costituzionale.

Tusk mira anche a sostituire il presidente della Banca Centrale Polacca, Adam Glapinski: vuole Glapiński davanti al Tribunale di Stato con le accuse di non aver saputo combattere l’inflazione e di aver distrutto l'indipendenza della Banca. L'avvocato Bartosz Lewandowski dell’Ordo Iuris spiega le vere ragioni dell’assalto alla Banca Centrale Polacca: «Avviare immediatamente la procedura per l'ingresso nella zona euro. Le vere ragioni si sentono già dietro le quinte e chi se ne intende lo sa». È questo che vogliono da Tusk le oligarchie europee che governano a Bruxelles.  

Ma il 26 marzo è successo un altro fatto grave: gli agenti dell'Agenzia della Sicurezza Interna (ABW) hanno fatto irruzione nelle abitazioni di quattro parlamentari, tra cui Zbigniew Ziobro, ex ministro della Giustizia, assente perché malato di cancro e sottoposto alle cure in ospedale. Violando le leggi, nessuno dalla Procura lo ha contattato per avvisarlo della perquisizione, gli agenti hanno oscurato le camere di sicurezza della casa di Ziobro (volevano nascondere le loro azioni?) e sono entrati in casa forzando gli ingressi.

Come ha commentato il parlamentare europeo Beata Krupa: «Nessuno ha informato i parlamentari sulle azioni pianificate e la legge è chiara su questo argomento: per effettuare una perquisizione è necessario disporre di una delibera e poi notificarla alle persone interessate. Non è stato fatto niente di ciò. Si è trattato di un’irruzione motivata politicamente. I signori Zbigniew Ziobro, Marcin Romanowski, Dariusz Matecki e Michał Woś, sono parlamentari, sono protetti dall'immunità. Il Sejm (la Camera bassa del Parlamento polacco) non ha acconsentito alla revoca delle loro immunità». L’on. Krupa non ha dubbi che si tratti di un’azione dimostrativa per far capire che nella Polonia governata da Tusk ogni persona «deve tenere conto che alle 6 di mattina i servizi di sicurezza possono entrare e distruggere la sua casa o un appartamento, anche se ci sono dentro i suoi familiari. Questa situazione non sembra rispecchiare degli standard occidentali».

Ma che cosa è successo per provocare le scandalose azioni della Procura e degli agenti dell’ABW? Mercoledì 27 marzo la procura ha accusato cinque persone di aver utilizzato denaro del Fondo Giustizia. Tra loro ci sono quattro funzionari del Ministero della Giustizia e il "beneficiario del fondo", padre Michał Olszewski. Dal Fondo il centro "Arcipelago" avrebbe dovuto ricevere un sussidio di quasi 100 milioni di zloty (circa 23 milioni euro). 
Il Fondo è stato creato dal Ministero della Giustizia quando Zbigniew Ziobro era a capo del ministero. Il denaro proveniva da fondi confiscati a criminali ed era destinato a sostenere le vittime di reati. Il Fondo Giustizia ha finanziato, tra l’altro, gli acquisti di attrezzature per ospedali e per i vigili del fuoco, nonché programmi di aiuto e prevenzione. Il progetto denominato "Arcipelago - Isole libere dalla violenza" è diretto da p. Michał Olszewski, un sacerdote del Sacro Cuore di Gesù. L'attuale direzione del Ministero della Giustizia sostiene che i soldi del Fondo Giustizia sono stati spesi in modo improprio. 

L'iniziativa di fondare un centro terapeutico, "Arcipelago - Isole libere dalla violenza" appunto, è nata nel 2019. P. Michał e i suoi colleghi hanno proposto di creare un luogo che possa servire le vittime della violenza domestica, sociale, nonché le vittime del cyberbullismo. Dovrebbe funzionare 24 ore su 24, 7 giorni su 7 per fornire sostegno a individui, famiglie, bambini e giovani che hanno subito danni a causa di vari crimini. Dovrebbe sodisfare dei bisogni primari, come vitto e alloggio, ma anche assistenza da parte di psicologi, psichiatri, educatori e avvocati.
Altro beneficiario è la Fondazione Profeto, che svolge attività di beneficenza, aiutando le persone in situazioni economiche difficili, socialmente escluse e vittime di violenza. Organizza corsi di evangelizzazione, ritiri e anche attività editoriali. Aiuta anche i cosiddetti “giovani difficili”, cioè persone dedite a sostanze stupefacenti o alcoliche, o in conflitto con la legge. Offre non solo sostegno materiale, ma anche sostegno psicologico. Anche le famiglie con bambini con disabilità ricevono aiuto.

Il linciaggio dei media mainstream è stato così brutale e violento che l’Episcopato Polacco ha sentito il dovere d’intervenire con una nota del 10 febbraio. «Gli attacchi dei media diretti contro p. Michał Olszewski SCJ e la Fondazione Profeto valutano in modo gravemente ingiusto le loro attività, senza approfondire veramente l'essenza del lavoro intrapreso, e aggravano la sofferenza di coloro che si aspettano sostegno e speranza», si legge nel comunicato firmato da mons. Artur Ważny.

Ma come mai il governo ha voluto fare di una faccenda di presunti errori nell’erogazione dei fondi un caso politico colpendo quattro parlamentari dell’attuale opposizione? Il giudice Piotr Andrzejewski non ha dubbi sullo scopo di tali misure. «L'obiettivo è sopprimere ogni resistenza tra la gente, che mette in dubbio le azioni del ministro della Giustizia, Adam Bodnar, intraprese dalla fine di dicembre. Gli apparenti appelli al ripristino dello stato di diritto è una cortina fumosa. La lotta contro l'immaginario “sistema” del partito Diritto e Giustizia deve fungere da giustificazione per ogni atto di violazione della legge». «Purtroppo – aggiunge amaramente Andrzejewski – tale metodo di "ripristino dello Stato di diritto" soddisfa le esigenze attuali dell’Unione Europea». Più chiaro di così!

 



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