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EDITORIALE

Politica anticattolica Renzi come Cavour

Per potersi garantire l'appoggio delle potenze europee il conte di Cavour nel 1855 sottrasse tutti i beni agli ordini mendicanti e contemplativi, pur andando contro la volontà popolare. Allo stesso modo oggi Renzi si piega ai dictat internazionali che vogliono la fine del matrimonio e della famiglia aperta alla vita.

Editoriali 13_03_2016
Il conte di Cavour

Qualche tempo fa sulla Bussola mi interrogavo su quale fosse il denominatore comune fra Renzi, Cameron e Hollande: una prova di forza violenta, insolente, contro tutto il mondo cattolico (mondo che non è espresso in parlamento ma che esiste), come quella imposta col voto di fiducia sui simil-matrimoni omosessuali, non sembrava una scelta ragionevole, tanto più che il Renzi nel 2007 aveva pubblicamente sostenuto il Family Day.

Ma c'è anche un precedente storico che Renzi sembra ricalcare, e riguarda il conte di Cavour. Ovvero il Cavour della legge 29 maggio 1855 contro gli ordini mendicanti e contemplativi della Chiesa di stato. Ordini cui il presidente del consiglio sottrae la personalità giuridica derubandoli di tutti i beni, mettendo in pratica a modo suo il principio della libera Chiesa in libero stato.

Con quella legge Cavour si gioca il tutto per tutto. In politica interna come in politica estera. Appoggiato dalle potenze liberali per costruire in Italia un mondo migliore – anticattolico - il conte è costretto ad occuparsi di questioni religiose sommamente divisive con cui mai avrebbe voluto aver a che fare. Il dibattito per l’approvazione della legge dura sei mesi; la corona, secondo la profezia di don Bosco, deve a quella legge la sua scomparsa dal novero delle dinastie regnanti, tutta la popolazione è nettamente contraria. Eppure il conte va avanti. Perché? Perché la politica anticattolica è la sola che garantisca l’appoggio delle potenze liberali (Francia e Inghilterra in primo luogo) senza il quale il regno di Sardegna e Cavour non vanno da nessuna parte: «Molti in Europa si interessano a questa lotta che noi sosteniamo», «Vi potrei citare la stampa di quasi tutti i paesi d’Europa; vi potrei citare i libri ed i fogli della Francia, dell’Inghilterra, del Belgio e di una parte della Germania». 

Già nel 1852, in Senato, mentre è in discussione la legge sul matrimonio civile, agli avversari che paventano una contrarietà delle potenze alleate il conte ribatte: «Egli non è molto che io mi fermai qualche tempo in Francia», «Molte di queste persone influentissime - quelle che aveva incontrate -, se facevano un rimprovero» non era quello «d’aver proposto una legge non abbastanza cattolica sul matrimonio, ma sibbene di non aver proposto all’approvazione del Parlamento la legge francese». Rosario Romeo dice la stessa cosa in altri termini: «Il Piemonte, spinto dalle sue ambizioni su una via interrotta a ogni passo da insidie e pericoli, doveva tenere nel massimo conto i desideri e talora i capricci dei potenti vicini».

Mutatis mutandis adesso non è (per il momento) in discussione un attacco diretto allo stato vaticano, è in discussione però la pretesa italiana di non piegarsi ai dictat dei poteri internazionali che vogliono la fine del matrimonio e della famiglia aperta alla vita. Che vogliono la fine di quanto resta del rispetto per i 10 comandamenti.

E come fa un presidente del consiglio che da tre anni gode di un appoggio unanime di tutta la stampa che conta (dopo che per vent’anni contro Berlusconi era stata dichiarata una guerra civile), come fa a sottrarsi ai desiderata dell’élite internazionale che quei giornali e quelle opinioni governa? Però ai Savoia la politica anticattolica non ha portato bene. A Cavour in fondo nemmeno, perché è morto subito dopo la nascita della sua creatura, il neonato regno d’Italia.