Pizzaballa: Cerchiamo la giustizia che viene dal cuore di Gesù
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«Gesù vive la sua ora con grande speranza. Io vorrei che noi riuscissimo a vivere così il nostro presente, così buio e complicato». Così il Patriarca di Gerusalemme nei riti del Giovedì santo, mentre su Gaza infuriano gli attacchi dell'esercito israeliano.
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Sono partiti alle prime ore dell’alba. Hanno percorso chi cento, chi duecento chilometri. Sono arrivati a Gerusalemme dalle loro città o villaggi sfidando le lunghe code dei posti di blocco. Venivano da Nazaret o Jenin, da Betlemme o Ramallah, da Taybe o Tiberiade: erano sacerdoti o gruppi familiari che hanno scelto di viaggiare, con i propri mezzi, per poter più agevolmente superare i controlli imposti dalle autorità israeliane.
Sono giunti a Gerusalemme per stringersi attorno al loro patriarca, il cardinale Pierbattista Pizzaballa, e partecipare alle funzioni del Giovedì Santo e far memoria dell’Ultima Cena e dell’istituzione del sacerdozio ministeriale. Ieri, al Santo Sepolcro, hanno concelebrato circa 250 sacerdoti che hanno ricordato quell’ultimo pasto consumato da Gesù con i dodici, dopo il quale, si è scatenato l’impero delle tenebre anche tra gli apostoli: Giuda tradì il Maestro, Pietro lo rinnegò, gli altri apostoli, abbandonato Gesù, si dileguarono. Paura, debolezza, terrore, queste le sensazioni che spinsero i discepoli più vicini al Cristo a fuggire. Lo stesso terrore, stanchezza, incertezza e sfiducia che vivono oggi gli abitanti di quella stessa terra. Una terra di violenza e ingiustizia.
«Lui vive la sua ora con una grande speranza. Io vorrei – ha detto il patriarca Pizzaballa nel corso della sua omelia, ieri mattina, al Santo Sepolcro - che noi riuscissimo a vivere così il nostro presente, così buio e complicato. Il male cui assistiamo è reale, il dolore della nostra gente è profondo, l’ingiustizia che ci opprime è pesante. E noi non dobbiamo avere timidezza nel riconoscerla e denunciarla. Sappiamo però, con Gesù, che non sono queste le ultime parole sulla storia e sulla vita».
Ma esiste la giustizia? «Siamo affamati di giustizia», ha risposto il patriarca, «ma non di quella degli uomini, che è sempre mancante, che delude sempre. Aneliamo alla giustizia che scaturisce dal cuore di Gesù, dal dono che Lui ha fatto di sé sulla croce, che è un eccesso, un “di più” di amore e di perdono». Ha poi proseguito: «Chiedo perciò al Signore per me e per voi che l’olio degli infermi consoli le nostre ferite, ci faccia superare la paura del male e della morte e ci incoraggi a restare a fianco della nostra gente, in questa nostra terra con una fedeltà più forte delle difficoltà».
Mentre i cristiani fanno memoria dell’Ultima Cena, l’esercito israeliano continua a bombardare Gaza. Sotto attacco un campo profughi nel sud della Striscia. Almeno venticinque i morti e oltre venti i feriti. Una bomba ha anche distrutto un’abitazione a Gaza City, nel quartiere Tuffah, uccidendo un’intera famiglia: undici persone.
Si muore a causa dei bombardamenti, ma anche per mancanza di cibo. Gli aiuti umanitari entrano con il contagocce. Scarseggiano le medicine e gli ospedali sono fuori uso. «Solo due delle sei missioni pianificate con Israele - ha detto il portavoce delle Nazioni Unite - hanno ricevuto l'autorizzazione, le altre quattro no». Il ministero della Difesa israeliano, ha stimato, impassibilmente, che il cibo a Gaza potrà durare, al massimo, ancora un mese, precisando che il blocco dell'ingresso dei mezzi di aiuto, con cibo, acqua e carburante, concorrerà a fare pressione su Hamas, mentre il mancato rilascio degli ostaggi provocherà un sicuro peggioramento della situazione a Gaza. «Questo nostro tempo è affamato. Questa nostra Terra Santa è affamata. In alcune parti del nostro territorio è affamata anche letteralmente, privata oltre che della dignità, anche del pane quotidiano, del pane terreno», ha aggiunto Pizzaballa.
Ingiustizia, fame, disperazione. Oramai, l’umanità di questa martoriata terra viene calpestata giorno dopo giorno. La popolazione è stanca, spossata, certamente anche delusa e ferita da tanto dolore e da tanta brutalità, ed è incapace, purtroppo, di guardare avanti con fiducia. «Ma il pane terreno, la giustizia degli uomini, le logiche di potere, di ieri e di oggi, potranno mai soddisfare la nostra fame di libertà, di giustizia e di dignità?», si è chiesto il patriarca, e rispondendosi ha aggiunto: «Non è su questo che si fonda la nostra speranza».
Dalla fine della tregua, con la ripresa delle operazioni militari, si calcola che oltre 500mila palestinesi siano stati evacuati dai luoghi in cui avevano trovato un provvisorio rifugio. A Gaza, secondo l'organizzazione non governativa israeliana Breaking the Silence sarebbe in corso una pulizia etnica. «La chiamano “zona cuscinetto” per motivi di sicurezza, ma quest'area ora copre circa il 36% dell'intera Striscia», si legge sul profilo X dell’ong. Nel frattempo, nell’enclave musulmana sono riprese le proteste contro il gruppo Hamas. Centinaia di residenti della città di Beit Lahia, nel nord della Striscia, hanno sfilato, in quel che rimane di strade completamente distrutte, chiedendo la fine del governo Hamas e la conclusione della guerra.
Anche tra i soldati israeliani serpeggia stanchezza e sfiducia. Reclamano il rilascio degli ostaggi ancora segregati da Hamas, anche se ciò significasse porre fine alla guerra. Ma il governo, guidato da Benjamin Netanyahu, prosegue nel suo intento di distruggere Gaza. «Non permettiamo alla paura e alla rassegnazione di rallentare o fermare la corsa del Vangelo nella nostra Terra! Continuiamo con gioia a distribuire a tutti il pane della vita! Insistiamo a costruire tra noi, e con tutti, rapporti di relazioni fraterne e legami di comunione!», ha, infine, concluso il patriarca.
Nel frattempo si è appreso che Israele aveva pianificato di colpire i siti nucleari iraniani, il prossimo mese, ma nelle ultime settimane è stato fermato da Trump, che preferisce alle provocazioni il negoziato con Teheran.
Un segno di speranza nella Gerusalemme divisa dalla guerra
«Non abbiamo paura... Siamo i figli della luce, speriamo e crediamo nell'amore che vince su tutto». Così il Patriarca di Gerusalemme, il cardinale Pizzaballa per la processione delle Palme, con un numero ridotto di pellegrini mentre tutto intorno infuria la guerra e i cristiani pagano duramente le conseguenze di questo conflitto.
Il patriarca Pizzaballa tra i cristiani a Gaza: «Siete la luce di Cristo»
Dopo un lungo tira e molla con le autorità israeliane, il cardinale ha ricevuto il permesso di celebrare la Messa nella chiesa della Sacra Famiglia, dove ha valorizzato la testimonianza dei cristiani di Gaza sostenendoli nella speranza. Polemica tra il Papa e l'ambasciata israeliana presso la Santa Sede.