Piemonte, la legge per ridurre i casi di minori allontanati
Il Consiglio regionale del Piemonte ha approvato il Ddl “Allontanamento zero”, che mira a offrire maggior supporto alle famiglie d’origine per evitare quanto più possibile di affidare il minore a estranei. Aiuti economici e altre misure per favorire il diritto naturale del minore a crescere nella propria famiglia.
La giunta regionale del Piemonte, composta da una coalizione di centrodestra in carica dal 2019, ha un assessorato che si occupa specificamente di infanzia, genitorialità e ruolo della famiglia nelle politiche del bambino. Chiara Caucino, che ne ha le deleghe, fin dall’inizio del suo mandato si è occupata assiduamente del problema dei minori allontanati dai genitori per offrire loro cure, educazione e condizioni di vita adeguate qualora la famiglia d’origine non sia in grado di farlo. A richiamare la sua attenzione e ad allarmarla è stato l’elevato numero in Piemonte, superiore alla media nazionale, dei bambini dati in affidamento familiare e accolti in strutture residenziali. I dati più recenti disponibili indicano infatti in Italia una media di 2,7 minori per mille allontanati dalle famiglie contro il 3,5 per mille del Piemonte.
Ad accrescere interesse e preoccupazione verso il fenomeno sono state nel frattempo le notizie di cattiva gestione dell’istituto dell’affidamento: il caso più clamoroso è quello di Bibbiano, emerso nel 2019 nell’ambito dell’inchiesta “Angeli e demoni” sugli affidi illeciti. L’assessore Caucino si è quindi impegnata nella formulazione di una nuova legge regionale che preveda maggiore supporto alle famiglie di origine nell’obiettivo di mettere al centro il sostegno della genitorialità in funzione del “diritto naturale” dei minori, del loro primario interesse a crescere nelle rispettive famiglie.
In sostanza la nuova normativa prevede innanzitutto che l’indigenza non possa mai essere causa di allontanamento e quindi privilegia l’aiuto economico alle famiglie, in termini di sussidi, contributi al pagamento di affitti di locazione e ad altre spese, assegnazione di abitazioni idonee alle necessità familiari. La legge intende in secondo luogo attuare politiche che, nel rispetto e nella tutela dei minori, riducano per quanto possibile i tempi della separazione dei bambini dai famigliari, ove questa si renda necessaria, per evitare quanto più possibile di sradicare il minore e affidarlo ad estranei, per quanto professionalmente preparati e affidabili. A tal fine impegna l’amministrazione a potenziare l’affido flessibile e modulabile sulle necessità della famiglia, a sostenere le reti famigliari concentrando su di esse il sostegno economico, culturale e sociale e privilegiando l’affidamento ai famigliari fino al quarto grado di parentela. Un’attenzione speciale è prevista a non dividere i fratelli e quindi a inserirli in un’unica casa-famiglia o struttura.
Tra gli organi introdotti dalla legge figurano un Progetto educativo familiare (Pef), della durata minima di sei mesi e con il coinvolgimento dei servizi sociali, prima di procedere all’allontanamento di un minore, e un Osservatorio, che raccolga dati ed esegua un monitoraggio costante della situazione dei minori in affido e di quelli rimasti nelle famiglie di origine. “Quella di oggi - ha commentato l’assessore il giorno del voto - è una data storica. In questi anni, visitando le comunità e le case-famiglia mi sono sentita chiedere dai bambini, ai quali parlavo e stringevo le manine, di poter tornare dalla mamma e dal papà, dalla zia o dal nonno e ho assicurato loro che avrei fatto di tutto perché questo si potesse realizzare: oggi mi sento di dire che la promessa è stata mantenuta”. La legge, spiega Caucino, che è una esponente della Lega, non ha un colore politico: “Sono certa che vada esclusivamente nell’interesse dei minori e che anche chi oggi si oppone la apprezzerà vedendola applicata. L’ambizione è che la legge possa diventare un modello virtuoso applicabile in tutta l’Italia”.
Però le critiche ci sono state e continuano, espresse dagli esponenti della minoranza nel Consiglio regionale del Piemonte e da operatori delle strutture assistenziali e dei servizi sociali. Per questo l’iter della legge è stato così lungo. Ci sono voluti tre anni per arrivare, il 25 ottobre scorso, alla sua approvazione. L’accusa fondamentale è che l’interesse dei bambini, per quanto affermato, sia invece sacrificato a quello degli adulti e questo perché il presupposto della legge - si sostiene - è che “i figli appartengano ai genitori”. Di certo non appartengono allo Stato, replicano i sostenitori della norma consapevoli che, sottinteso, ma chiaro, è l’attacco alla famiglia di chi ne sottovaluta, quando non la nega, l’importanza cruciale per l’equilibrio psicofisico dei bambini. In linea con questa posizione, come si ricorderà, è stata la proposta di rendere obbligatorio l’asilo nido (da 0 a 3 anni), sostenuta lo scorso agosto dal piddino Stefano Bonaccini, governatore della regione Emilia-Romagna.
La legge è stata chiamata “Allontanamento zero”. Ne ha approfittato chi si opponeva alla norma per denunciare l’intenzione dell’assessore Caucino e della giunta regionale piemontese di abolire l’istituzione dell’affido. Non è questo l’obiettivo, è ovvio, se non idealmente, in un mondo in cui nessun bambino nasca in famiglie fragili e incapaci di garantire ai figli sicurezza e serenità. Durante la discussione della legge tuttavia sono stati citati dati che fanno ipotizzare una riduzione dell’allontanamento fino all’80%.