Perseverare nella Chiesa, difendendo la verità
Perché è necessario restare dentro la Chiesa. Capo visibile e capo invisibile. Papa e Papato. Il Magistero e i suoi gradi. La sana critica. L’obbedienza, come Cristo in croce. La lezione di Benedetto XVI. Dal videoincontro di ieri con mons. Nicola Bux.
Difendere la verità, ma rimanendo nella Chiesa cattolica. Questo il filo conduttore della diretta di ieri dei Venerdì della Bussola, che ha avuto come ospite monsignor Nicola Bux, già collaboratore e amico di Joseph Ratzinger. Rispondendo alle domande di Stefano Chiappalone, il teologo ha dato preziosi consigli per mantenersi fedeli all’insegnamento bimillenario della Chiesa anche in un’era di confusione come la nostra, senza cedere al contempo alla tentazione di lasciare la Sposa di Cristo.
All’inizio del videoincontro, si sono richiamate un paio di frasi celebri di san Paolo VI sul «fumo di Satana» entrato nel tempio di Dio (omelia, 29 giugno 1972) e sul «pensiero non cattolico» che talvolta pare predominare all’interno del cattolicesimo stesso (cfr. Paolo VI segreto, Jean Guitton). Don Bux ricorda che papa Montini, presumibilmente, «si riferiva a un certo tipo di pensiero non cattolico, cioè di natura più protestante, che cercava di svuotare il contenuto della Rivelazione»; ma lo stesso Paolo VI, dialogando con Jean Guitton, garantiva che «esso non rappresenterà mai il pensiero della Chiesa», anche se dovesse divenire maggioritario in un dato periodo.
La crisi di fede, poi, va affrontata ricorrendo a Dio e ai Suoi mezzi, non a soluzioni orizzontali. «Le analisi sociologiche non risolvono il problema. Gli apostoli non hanno fatto la sociologia delle città dove dovevano andare, hanno semplicemente seguito le istruzioni del Maestro. E quindi era la potenza del Vangelo che faceva il resto», spiega don Bux.
Perché non si può vivere la fede in Cristo senza la Chiesa? Il sacerdote ha risposto a questa domanda usando l’immagine della famiglia. «La Chiesa è la famiglia di Dio e quindi include, a partire dal Padre, il Figlio, lo Spirito, la Vergine Maria, i santi e tutti coloro che nei tempi passati, presenti e futuri ne fanno parte»; perciò, come non è lecito il divorzio tra coniugi, così un chierico o un laico non dovrebbero cedere all’idea di divorziare dalla Chiesa e di mettersi in proprio. «Non si deve mai ricorrere al tentativo di fare un’altra Chiesa, perché è stato già fatto questo tentativo ed è fallito. Lo ha detto chiaro e tondo Benedetto XVI negli Appunti dell’11 aprile 2019». Don Bux usa ancora l’immagine sponsale-familiare: «È come quando un uomo decide di lasciare la moglie per prendere un’altra donna, illudendosi che, così facendo, la vita cambia e i problemi, i difetti riscontrati nel primo rapporto non ci saranno più. Non è vero, perché il problema è la conversione: se uno non si converte, anche se cambia più volte partner ripeterà gli stessi errori».
Il teologo richiama dunque all’equilibrio, citando un efficace insegnamento di un servo di Dio come don Luigi Giussani: «Dobbiamo dissentire, opporci, resistere giustamente alle forme dispotiche, in sostanza a una vita non ecclesiale nella Chiesa. Non dobbiamo però fare l’errore di collocarci fuori di essa, psicologicamente e metodologicamente. Il grande insegnamento di Cristo in croce è che, morendo dentro la Chiesa, si possono cambiare le cose, non al di fuori». Bene dunque una sana, fondata e rispettosa critica, quando è necessaria per il bene della Chiesa, ma rimanendovi dentro, riconoscendo i nostri stessi limiti e imitando Cristo con l’offerta della propria croce e delle incomprensioni che possiamo sperimentare. Altrimenti, come osserva don Bux, venereremmo la croce di Cristo «in maniera puramente estetista».
È vero che durante l’attuale pontificato è stato proprio il capo visibile della Chiesa, il Papa, a generare confusione in più circostanze, ma non bisogna dimenticare la distinzione tra la singola figura e il Papato. Don Bux ricorda che i medievali (vedi Dante) distinguevano tra «i due corpi del Papa», ossia tra «la funzione del Papa, il primo corpo, e la sua persona, il secondo corpo». Al primo corpo va portato «religioso ossequio», proprio per la sua imprescindibile funzione di capo visibile della Chiesa, istituita dal suo capo invisibile, Cristo; il secondo corpo può essere oggetto appunto di una sana critica, «sempre naturalmente con tutto il rispetto».
Questo si lega strettamente al Magistero, che «è sottomesso alla Parola di Dio», non la può contraddire. Inoltre, il Magistero ha diversi gradi di importanza – in base alla definitività o meno dell’insegnamento proposto, se riguarda aspetti disciplinari, eccetera – com’è chiaro anche nella suddivisione dei documenti del Concilio Vaticano II (in ordine decrescente: costituzioni, decreti, dichiarazioni). Questo significa che i vari documenti non vincolano allo stesso modo i fedeli. Don Bux fa l’esempio di Fiducia supplicans, che «è una dichiarazione: vuol dire che non ha un grado primario di Magistero» e dunque può essere dibattuta e impugnata, come hanno fatto diversi vescovi, cardinali e intere conferenze episcopali.
Rispetto a come orientarsi di fronte alle ambiguità ecclesiali odierne, è bene seguire la linea indicata da Benedetto XVI, cioè, come riassume don Bux, «se un insegnamento è in continuità lo si segue perché è autentico, altrimenti lo si lascia cadere». In tutto questo, non bisogna mai dimenticare che «è il Signore che ha la signoria sulla Chiesa» e continua a guidarla invisibilmente con la Sua grazia, anche e tanto più nelle tempeste. Allo stesso tempo «dobbiamo insegnare la verità», che è Cristo stesso, aggiunge il sacerdote, il quale ricorda al riguardo come il cardinale Giacomo Biffi, già arcivescovo di Bologna, «diceva che insegnare la verità è il più grande atto di carità». Bisogna insegnare la verità, insiste don Bux, «come hanno fatto i Cardinali dei dubia», sulla scia di tanti Padri della Chiesa e Santi. Secondo il teologo, oggi talvolta si cita a sproposito Sant’Atanasio senza conoscerne la vera storia. «Egli combatté l’arianesimo all’interno e all’esterno» della Chiesa di Alessandria – dove operava anche il prete eretico Ario – ma non si chiamò fuori facendo un’altra chiesa. Inoltre, spesso non si ricorda che «fu perseguitato dal potere imperiale» (Costantino, Costanzo, Giuliano l’Apostata e Valente), per cui dovette andare più volte in esilio. Papa Giulio I lo difese. «Il compito dei pastori è formare la coscienza dei fedeli».
Durante la diretta, c’è stato lo spazio anche per alcune domande degli spettatori: sugli elementi della liturgia a cui non si può derogare, sui vescovi, sul Vaticano II, sulla “Chiesa sinodale”. Molto interessanti le risposte di don Bux, che ha chiarito tra l’altro l’essenza della Messa, sgombrando il campo dalla tentazione di non parteciparvi, perché «ciò che conta è la Messa-sacramento».
In definitiva, per sentire cum Ecclesia, il già collaboratore di Benedetto XVI esorta a ripartire dalla salvezza che viene dalla croce e dalla fiducia nel Signore Gesù, che ci ha assicurato che le porte degli inferi non prevarranno: «Le anime non si salvano portandole fuori della Chiesa visibile, ma obbedendo e soffrendo in essa, come Cristo che fu obbediente fino alla morte».
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