Perché i giovani non si fidano dei giornali
A Roma, nella sede della Fieg (la Federazione degli editori) si è tenuto il primo “Atelier - Collaboratorio di Intelligenza Connettiva”, per capire le ragioni del crollo delle vendite dei giornali, soprattutto fra i giovani. La risposta è chiarissima...
La crisi di credibilità dei media, che trova riscontro nel verticale crollo di ascolto (per le tv) e di copie vendute (per la stampa cartacea), è soprattutto crisi di fiducia nel rapporto tra giovani e informazione. La rivoluzione tecnologica sta modificando sensibilmente le “diete mediatiche” delle nuove generazioni, che preferiscono sempre più spesso approvvigionarsi di news attraverso canali alternativi. L'informazione omologata, patinata, irreggimentata, manipolata tiene lontani i giovani dai media. Ormai i giornalisti sembrano parlare solo agli addetti ai lavori e il grande pubblico si tiene ben distante da giornali, telegiornali e notiziari tradizionali. Ma perché i giovani leggono poco i quotidiani? Perché è sempre più raro incontrare per strada un giovane con il quotidiano sotto il braccio o incollato davanti al teleschermo per seguire un telegiornale? Un gruppo di liceali, universitari e ricercatori ha provato a spiegarne i motivi direttamente agli editori dei giornali. Il faccia a faccia c'è stato nei giorni scorsi a Roma nella sede della Federazione degli editori (Fieg). Si è trattato del primo “Atelier - Collaboratorio di Intelligenza Connettiva” organizzato dall’Osservatorio TuttiMedia e Media Duemila, in collaborazione con la Fieg.
«Vogliamo capire perché i giovani non amano il mondo raccontato dai giornali», ha spiegato il professore Derrick de Kerckhove, uno dei promotori dell'iniziativa. «La strada più semplice e diretta è stata quella di chiedere la causa di questo disamore direttamente a loro», ha aggiunto de Kerckhove.
L'intento dell'iniziativa non era quello di contribuire alla demolizione dei media tradizionali, bensì quello, assai più costruttivo, di evidenziare le criticità dell'informazione sulla carta stampata, di anticipare i cambiamenti e di produrre documenti al fine di creare un prodotto editoriale attraverso la condivisione.
I giovani sono stati ascoltati da insigni personaggi del mondo dei media: Giulio Anselmi (presidente Fieg), Paolo Liguori (direttore editoriale Tgcom24), Lella Mazzoli (direttore della scuola di giornalismo di Urbino), Silvia Leonzi e Giovanni Ciofalo (La Sapienza Università di Roma), Cesare Protettì (Università Lumsa di Roma), Renata Palma (Unione Giornalisti Italiani Scientifici), Ernestina Monaco (Liceo Tasso di Roma), Mariella Fanizza (Liceo A. Volta di Bari), Maria Pia Rossignaud (Media Duemila – Osservatorio TuttiMedia).
Nel corso dell'incontro, è stato presentato un anticipo della ricerca di Lella Mazzoli per Media Duemila, dal titolo "I giovani e l'informazione. Alcuni dati dell'Osservatorio News-Italia".
Il messaggio emerso dal meeting è assai chiaro e inequivocabile: solo recuperando autorevolezza e credibilità, editori e giornalisti possono ancora invertire la tendenza verso la progressiva erosione di lettori dei giornali. La carta stampata non interessa ai giovani, anzi sembra che essi siano allergici ad essa. Ciò nonostante, gli editori devono continuare ad investire sulla carta stampata perché rappresenta ancora il 90% dei ricavi delle aziende editoriali. Nonostante i vistosi cali degli ultimi anni, la pubblicità è ancora fortemente concentrata sui giornali, mentre la pubblicità on line, in costante crescita, resta su livelli incompatibili con l'adozione su larga scala di nuovi modelli di business. Ma al di là della auspicabile diversificazione dei supporti, delle piattaforme e dei mezzi di fruizione, che è peraltro già a buon punto (il 41,56% dei giovani apprende notizie attraverso il mobile e il 63% di loro usa app per avere accesso alle notizie), la sfida, stando a quanto emerso nell'indagine rivolta ai giovani, è sulla qualità dei contenuti.
L'87% degli intervistati denuncia i limiti di un'informazione particolarmente schierata e oltre un giovane su due ritiene che il mondo dell'informazione non faccia un buon lavoro al servizio dell'opinione pubblica. Non interessano, in generale, alle nuove generazioni molti degli argomenti che i giornali mettono in prima pagina e - come ha evidenziato la ricerca presentata - i giovani ritengono che i siti d'informazione dei quotidiani siano certamente più affidabili di altri siti con una paternità incerta e sbiadita. Infatti,i portali web dei quotidiani sono visitati con una certa assiduità dal 70% dei giovani internauti, che si appassionano e si incuriosiscono di fronte ad argomenti trascurati dalla stampa nazionale. Invece,i siti web di informazione più interattivi, nei quali gli utenti votano le notizie, sono in fondo alla classifica degli strumenti più utilizzati dai giovani (solo il 15%). In conclusione, nel 91% dei casi i giovani fra i 18 e i 29 anni utilizzano il web per informarsi, nell'85% le tv nazionali e solo nel 41% i quotidiani e nel 38% le radio. Stanno dunque radicalmente cambiando le abitudini degli italiani rispetto ai media. I consumatori di notizie stanno diventando più esigenti e vanno alla ricerca di fonti autorevoli e affidabili. Editori e giornalisti sapranno raccogliere il guanto della sfida?