Perché è giunta l'ora che la Lega entri nel Ppe
Nonostante la sconfitta in Emilia, i sondaggi danno il centrodestra in crescita. È il momento di fare scelte strategiche, prima di pensare a prossimi voti: in quale gruppo schierarsi nel Parlamento europeo? La Meloni è già con i Conservatori, ma Salvini è in un gruppo misto. È ora che entri nel Ppe per diventare il leader riconosciuto del centrodestra.
Nonostante la netta sconfitta in Emilia-Romagna, i consensi per il centrodestra non sono affatto diminuiti. Anzi, i sondaggi registrano un’aumento delle intenzioni di voto su scala nazionale per tutti e tre i partiti, in particolare per la Lega, che è aumentata dello 0,7% in due settimane.
Tutto bene, allora? Non resta che aspettare l’implosione del governo rosso-giallo per una delle sue tante contraddizioni, o il ribaltone che è tra le ipotesi contemplate da Renzi? Niente affatto, io penso. Il tempo che la resistenza eroicomica del governo Conte concede va utilizzato al meglio, anzitutto per esaminare e riparare agli errori che hanno impedito la vittoria in Emilia (ce ne sono stati, e i più avveduti tra i leader li hanno anche ammessi, ad esempio la vicenda del citofono e la scelta non felicissima della candidata), poi per colmare le lacune che la coalizione presenta. Il leader riconosciuto della coalizione è Salvini, è lui il candidato premier, nessuno solleva obiezioni, e questo è un ottimo punto di forza. Ma per questo, proprio a Salvini compete la responsabilità e l’umiltà di correggere, insieme agli altri, ciò che ancora non va.
Due cose soprattutto non vanno, e non hanno funzionato anche in Emilia. La prima è che Lega e centrodestra non vincono nelle città, hanno difficoltà a parlare ai ceti urbani, alle persone più professionalizzate, più ‘colte’, che non amano il linguaggio rozzo e certi modi di fare sbrigativi del ‘Capitano’. Anche dentro la Lega questo limite è riconosciuto, ne ha parlato più volte esplicitamente Giorgetti, diciamo che è all’ordine del giorno una riflessione per trovare le contromisure. La seconda cosa che non va è più controversa, trova sostenitori e anche oppositori, ma a mio avviso è altrettanto e ancora più importante della prima. Ed è la collocazione internazionale della destra italiana.
È noto che la Meloni, anche seguendo la storia politica sua e di molti suoi seguaci, si è legata a filo doppio ad ambienti della destra-destra specialmente americana, dove è quotata e rispettata ed è spesso invitata come protagonista a importanti convegni. Bene, nella coalizione copre questo versante. Ma qui siamo in Europa e la destra-destra da sola non basta. Piaccia o non piaccia, Salvini in Europa è ancora malvisto, fanno paura non le critiche ma le sparate contro la Ue e le minacce ripetute di uscita dall’euro urlate a gran voce da suoi autorevoli accoliti. Merkel e Macron non hanno dimenticato le espressioni derisorie usate nei loro confronti, e anche tre giorni fa Salvini ha inneggiato alla Brexit, quasi prefigurando una scelta analoga per l’Italia. Last but not least la Presidente della Commissione Ursula von der Leyen ricorda bene la sfiducia contro di lei votata dai leghisti e dai Fratelli d’Italia, con la sola eccezione dei pochi rappresentanti di Forza Italia.
È giunta l’ora per chi, giustamente e legittimamente, ha l’ambizione di prendere la guida di un grande paese come l’Italia, di fissarsi bene in testa che la Commissione europea e i suoi stessi umori contano moltissimo nelle vicende anche interne dei Paesi, e dopo la Brexit conteranno ancora di più, è inutile negarlo. E allora, caro Salvini, il pastrocchio di schieramento anarco-ribellista cui aderiscono i tuoi europarlamentari è una fase da rimuovere e dimenticare al più presto. Anche perchè tu non sei un estremista, ma un certo tipo di conservatore, con l’ambizione di riformare in profondità l’Italia e la stessa Europa. E dunque il posto più logico da occupare nel Parlamento europeo è quello del Partito Popolare, portandoci dentro tutta la carica innovativa che ti senti scorrere nelle vene e che il centrodestra italiano può portare (e di cui il PPE ha certamente bisogno). Ricorda il precedente storico: anche Forza Italia, ai suoi inizi, pensò ad una collocazione autonoma, fuori dalle grandi famiglie. Ma solo dopo l’adesione al PPE nel ‘98, Berlusconi divenne il leader riconosciuto che ricordiamo, e FI potè dispiegare la sua azione di governo trovando il dovuto ascolto in Europa.