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INTERVISTA ALL'ECONOMISTA

Perali: «Riformare l'Isee se vogliamo un assegno equo»

«L'Assegno unico riordina una selva di aiuti da raccolta punti supermercato, ma non sarà una vera svolta: lo Stato non sa ancora quanto costa un figlio e usa un Isee ingiusto». Parla l'economista Federico Perali, che ha messo a punto un Easy Isee in grado di generare un indicatore della situazione economica costruito sul Fattore famiglia

Famiglia 06_04_2021

Ora che l’Assegno unico è in mano al governo diventerà decisivo capire quante risorse aggiuntive verranno caricate sul plafond iniziale che ammonta a 20 miliardi. Insufficienti, come abbiamo detto, a garantire i 250 euro figlio/mese annunciati da Draghi. Il successo dell’assegno, che partirà il 1° luglio, dipenderà principalmente da questo.

Ma per decidere quanti soldi mettere nel provvedimento e farlo diventare così uno strumento efficiente di politica famigliare ci sono due strade: «Una è guardare le risorse disponibili in base a valutazioni che non hanno nulla a che fare con le politiche famigliari, l’altra è cercare di capire quanto costa realmente un figlio a una mamma e un papà ai fini di stabilire una giusta detrazione. Ecco, credo che il governo, se vuole fare qualcosa di veramente innovativo, dovrebbe partire da questo secondo approccio».

Federico Perali, è professore di Politica Economica all’Università di Verona e esperto di politiche famigliari. Le sue ricerche sul Fattore Famiglia, ribattezzato anche Easy Isee, hanno portato all’adozione dello strumento di verifica dei mezzi da parte di una ventina di comuni e al riconoscimento formale della Regione Veneto. «Più giusto e più coerente con la realtà delle famiglie e di più facile uso per le amministrazioni», spiega Perali in questa intervista alla Bussola.

E lei professore lo sa quanto costa un figlio?
Certo: dai 250 ai 350 euro al mese. È lo Stato che non lo sa. Dai primi anni 2000, il sistema delle detrazioni è rimasto inalterato, ne consegue che non si è tenuto conto dell’inflazione. Ma nel frattempo il costo per ogni figlio è andato aumentando.

Fino a 350 euro… sicuro che sia un numero realistico?
La stima si riferisce solo alle spese necessarie. Poi c’è tutto il resto ovviamente. Ne consegue che il livello di trasferimento  dell’assegno unico non copre le necessità del costo dei figli. Mi sta bene che sia uno strumento universale ed onnicomprensivo perché rappresenta una grande semplificazione, ma i numeri che stanno circolando attualmente circa l’assegno (un aumento medio di 50 euro passando da 100 a 150 euro figlio/mese ndr.) non copre il costo dei figli per quanto riguarda la loro necessità.

Che giudizio dà però sull’Assegno Unico come strumento di politica famigliare?
Sicuramente una cosa positiva e un passo in avanti, se non altro perché si passa da una politica che era fatta come la raccolta a punti del supermercato, con bonus e premi sparsi qua e là che si sommavano, a una semplificazione organica e gestibile. In questo senso per andare a migliorarla bisognerà soltanto caricarla di risorse e tarare meglio i criteri di definizione della situazione economica di ogni famiglia.

Sono previste maggiorazioni però per i disabili…
Anche qui però si cade nello stesso problema: lo sa lo Stato quanto costa un disabile? Per le diverse tipologie di disabilità? Non serve distribuire soldi a pioggia se non si conoscono i reali bisogni e la situazione economica di ogni nucleo.

E qui veniamo all’Isee. Anche secondo lei è un meccanismo non equo?
L’Isee è uno strumento che ha un senso dal punto di vista teorico, ma per come è disegnato porta in sé gravi ingiustizie che non sono state mai corrette.

Quali tipi di ingiustizie?
Ingiustizie che si trovano al numeratore perché ci sono molte franchigie che non hanno giustificazione e che correggono redditi e patrimonio senza un vero razionale. Inoltre, il peso dato al patrimonio non ha giustificazione economica e genera un indicatore della situazione economica molto lontano dal livello di reddito che si usa per determinare chi è in condizione di povertà. Ma soprattutto ci sono scale di equivalenza che non permettono di ottenere la migliore precisione nell’identificare le famiglie che sono in effettivo stato di bisogno.

Lo stato di bisogno non è solo la situazione meramente economica?
No, ad esempio non si tiene conto dei problemi di salute o della solitudine di madri, padri e anziani e non si tiene conto in modo appropriato delle differenze familiari.  

Ad esempio?
Ad esempio, figli di diverse età: un figlio costa di più a 16 anni che a 4. Non possono essere trattati allo stesso piano o – peggio ancora – considerare quello più piccolo come quello più costoso. Come se il costo dei pannolini fosse più elevato di quello dei libri scolastici. Ma questo vale anche per il discorso delle proprietà, che non possono essere considerate sempre un valore di ricchezza.

E questo lo Stato non lo capisce?
Sembra di no, le amministrazioni comunali, poi, adottano l’Isee ognuna a modo suo, creando una discriminazione territoriale sempre più marcata contribuendo a ingiustizie spettacolari legate al diverso accesso agli aiuti. I sindaci sono consapevoli del problema, ma non vogliono intervenire perché ci sarebbe un costo politico.

Che cosa bisognerebbe fare, allora?
Lo Stato dovrebbe fare un’Isee veramente semplice, senza franchigie per esempio e sostituendo il peso dato al patrimonio con il tasso di interesse, e poi mettere in campo uno strumento di attuazione più comprensibile e giusto. Come stiamo facendo con easy Isee.

Che cos’è? 
È un’Isee semplificato e più equo.

Ci spieghi come funziona. 
È applicato al meccanismo del Fattore Famiglia, che sarebbe la vera rivoluzione nelle politiche famigliari, fiscali e assistenziali. Il nostro easy Isee utilizza lo strumento del Fattore Famiglia, che prevede l’utilizzo ad hoc di scale di equivalenza in grado, per esempio, di differenziare tra adulti e bambini e di considerare la presenza in famiglia di persone portatrici di handicap, o minori di 26 anni a carico, ed altre caratteristiche che permettono una precisa identificazione del beneficiario.

In che senso?
Se confrontiamo due famiglie a parità di reddito, se una ha due figli e l’altra quattro, quella di quattro è relativamente più povera. È di questo che dobbiamo tenere conto quando si confrontano famiglie di diversa composizione.

Facciamo alcuni esempi di easy Isee
Bisogna partire dal principio che la soglia Isee e la soglia di povertà̀ non sono comparabili. Pensiamo a una coppia con un valore Ise (numeratore) di 30mila euro composta da genitori al di sotto di 40 anni entrambi occupati e da due figli, uno di 4 anni e l’altro di 7.

Sì…
Allora, la scala di equivalenza sarebbe di 2,66, con il Fattore Famiglia sarebbe di 3,9. Il risultato è che nel primo caso si ha un Isee di 11.298 euro con il Fattore Famiglia di 7.692 euro. E ancora: coppia con valore Ise (numeratore) di 52.166 euro, composta da genitori sopra i 40 anni di cui solo uno lavoratore e da due figli, uno di 17 e l’altro di 4 non autosufficiente. Abbiamo calcolato un Isee di 17.623 € a fronte di un Fattore Famiglia di 11.340 € con una riduzione del 35%. Con questo meccanismo la fotografia della famiglia è più equa.

Quali sarebbero i benefici diretti?
Anzitutto avremmo una riduzione dell’errore di inclusione delle famiglie non meritorie e di esclusione delle famiglie in condizione di reale stato di necessità e che certamente meriterebbero di ricevere l’assegno unico, ma anche un utilizzo più efficiente delle risorse allocate. Ma soprattutto credo che il vantaggio più importante sia la retta lineare per ogni famiglia, proporzionale alla distanza dalla soglia di povertà, invece che a scaglioni, come accade oggi.