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i criteri

Per far sparire la Corredentrice non basta dire "magistero"

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La Mater populi fidelis ha valore magisteriale, sentenzia il cardinal prefetto, e quindi... la questione non è chiusa. Nulla dice infatti sul grado di certezza, ma solo sulla modalità dell'insegnamento: lo stesso dei Papi che hanno parlato a favore della Corredenzione.
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Ecclesia 22_11_2025
ANDREA PANEGROSSI - imagoeconomica

«L’espressione “dottrinale” nel titolo della Nota indica che questo documento ha un valore speciale, superiore agli altri documenti che abbiamo pubblicato negli ultimi due anni. Firmata dal Papa, appartiene al magistero ordinario della Chiesa e dovrà essere presa in considerazione in relazione allo studio e all’approfondimento di argomenti mariologici». Così aveva sentenziato il cardinale Víctor M. Fernández in occasione della presentazione della Nota dottrinale Mater populi fidelis alla Curia dei Gesuiti.

Effettivamente una Nota dottrinale del Dicastero per la Dottrina della Fede, una volta che viene approvata dal Sommo Pontefice, diviene parte del suo magistero ordinario. Ma che cosa significa questa espressione e cosa comporta per i fedeli? Qualcuno infatti pensa che attribuire ad un documento la qualifica di magistero ordinario corrisponda ad una sorta di incontestabile Roma locuta, causa finita. Da cui deriverebbero, sul versante di chi ne gradisce il contenuto, una impossibilità di “contestazione” di diritto e di fatto, mentre dalla parte di chi è comprensibilmente sobbalzato sulla sedia leggendo certe cose, la necessità di affermare che questa Nota non è magistero (e magari che Leone XIV non è papa).

In effetti, sull’argomento la confusione è tanta e gli attributi di autentico, ordinario, fallibile, infallibile, riferiti al magistero, si regalano con molta, forse troppa generosità. Anche l’affermazione di Fernández non è un capolavoro di chiarezza; egli insiste sul carattere «superiore», «speciale» di questa Nota, rispetto agli altri documenti della sua gestione, perché magistero ordinario. Ora, se andiamo a vedere come il prefetto si era pronunciato in riferimento ai documenti prodotti dal Dicastero da lui presieduto, non possiamo non ricordare quando dichiarò che Fiducia supplicans rientra nel magistero autentico. Dal che possiamo dedurre che probabilmente ai suoi occhi il magistero ordinario sia superiore al magistero autentico.

Il problema è che questo tipo di confronto non funziona, perché mette in relazione due ordini “di misura” differenti, come confrontare gli etti con il metro. Il magistero della Chiesa viene classificato in base a quattro categorie differenti di criteri: il grado di certezza, il soggetto, l’oggetto, la modalità (o grado di solennità). Per il nostro tema ci interessano la prima e l’ultima categoria. La prima ci spiega che non ogni affermazione del magistero ha lo stesso grado di certezza e quindi non richiede lo stesso tipo di assenso (vi abbiamo dedicato il primo piano nel numero di marzo 2025 de La Bussola Mensile).

Vi sono infatti affermazioni magisteriali che godono del massimo grado di certezza, sia nell’insegnare una dottrina come divinamente rivelata, ossia un dogma (e qui si richiede un’adesione propriamente di fede), come nell’insegnare in modo definitivo verità strettamente legate al deposito della fede (che richiede dunque un assenso fermo e definitivo). Questo è il livello massimo di “sicurezza” del magistero, che viene perciò detto infallibile. Vi è poi il magistero semplicemente autentico, che raccoglie un ampio ventaglio di insegnamenti, di cui alcuni più prossimi all’infallibilità ed altri più “pedagogici”, che nel tempo possono anche rivelarsi come caduchi. A questo magistero il fedele risponde con l'ossequio religioso della volontà e dell'intelletto.

È evidente che questo magistero non rientra nel Magistero infallibile, ma questo non significa che esso sia contestabile a piacimento. Occorrerà un attento studio nel comprendere la portata delle diverse affermazioni ivi contenute e nel cogliere alcuni “segni” che indicheranno una maggiore o minore prossimità ad un insegnamento certo e definitivo. Per esempio, quando uno stesso insegnamento tende a riproporsi nel magistero autentico ed approfondirsi nel tempo, quando la sua connessione con il magistero infallibile appare significativa, quando la struttura argomentativa risulta solida e le sue radici nelle Scritture e nella Tradizione robuste, quando i teologi tendono a confluire nel ritenerlo una dottrina comune, allora è chiaro che il suo rifiuto sarebbe temerario. Al contrario, quando si tratta di affermazioni più estemporanee o isolate, accessorie, o non sufficientemente radicate nella Rivelazione; quando poi si pongono in discontinuità con il magistero autentico precedente o perfino in rottura con quello infallibile, allora è chiaro che l’adesione del fedele dev’essere adeguata alla provvisorietà di questo insegnamento, fino a poter arrivare anche ad una analisi che ne metta in evidenza le criticità.

Magistero infallibile e magistero semplicemente autentico: ma che fine ha fatto quello ordinario? Questa qualifica non esprime il grado di certezza del magistero (e il corrispondente assenso del fedele), bensì la modalità con cui il magistero si esprime. Sotto questo punto di vista, il magistero può essere solenne o straordinario, quando si esprime o mediante i famosi (ma rari) pronunciamenti ex-cathedra del Sommo Pontefice, oppure mediante un Concilio ecumenico; è invece ordinario il magistero esercitato appunto “ordinariamente” dal Sommo Pontefice (e/o dai vescovi), mediante encicliche, esortazioni apostoliche, udienze, etc.

Solo il magistero ex-cathedra è sempre connesso al magistero infallibile; negli altri casi, occorrerà verificare il contenuto e il tenore dell’espressione magisteriale nella loro sostanza, cioè al fatto che si manifesti l’intenzione del Pontefice di pronunciarsi su una dottrina in termini definitivi. Questo significa che possiamo avere magistero infallibile sia all’interno del magistero ordinario che di quello solenne. Lo stesso lo possiamo dire per il magistero semplicemente autentico: esso può essere presente sia nel magistero solenne che in quello ordinario. Risulta altresì chiaro che in uno stesso documento troviamo normalmente affermazioni che possiedono diversi gradi di certezza: possiamo trovare dogmi e insegnamenti definitivi “nuovi” o semplicemente richiamati e ulteriormente sviluppati, del magistero autentico prossimo all’infallibilità, e ancora argomentazioni rigorose o meno fondate, osservazioni di tipo educativo, sociologico, raccomandazioni di vario tenore e tanto altro ancora.

Dunque, l’affermazione del cardinale Fernández sul fatto che Mater populi fidelis rientri nel magistero ordinario del pontefice non dice nulla sul grado di certezza del suo insegnamento e dunque neppure sull’assenso dovuto dal fedele, che risponde invece ai criteri sopra accennati. Dunque, keep calm. L’affermazione del prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede ha semplicemente espresso la modalità con cui il magistero si è manifestato. Che è la stessa di quell’enorme quantità di insegnamenti pontifici sulla cooperazione attiva e immediata della Santissima Vergine alla Redenzione degli uomini, anche quando i Papi non hanno utilizzato il termine “corredenzione”. Insegnamenti che però hanno tutte le caratteristiche di un magistero autentico prossimo all’infallibilità (a prescindere dalla proclamazione o meno del quinto dogma), ma che Tucho si è scordato di riportare.



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