Chiclayo, la lettera-accusa delle vittime di abusi
La dispensa dallo stato clericale di padre Lute è uno schiaffo alle vittime di abusi. Ecco il comunicato stampa diffuso da una delle presunte vittime di abusi a Chiclayo da parte di un sacerdote, che chiama in causa l'allora vescovo Prevost, attuale papa Leone XIV.
Pubblichiamo il comunicato stampa diffuso da una delle presunte vittime di abusi a Chiclayo da parte di un sacerdote, che chiama in causa l'allora vescovo Prevost, attuale papa Leone XIV.
Il 13 novembre 2025, la Chiesa ci ha comunicato per iscritto che il Papa ha concesso la dispensa dallo stato clericale al sacerdote di Chiclayo, Eleuterio Vásquez González, che abusò sessualmente di noi quando eravamo bambine.
Questa decisione implica che i fatti da noi denunciati —e che la Chiesa non ha mai nemmeno minimamente investigato— rimarranno definitivamente senza chiarimento.
Con questa dispensa non ci sarà un’indagine canonica, non ci sarà un processo, non ci sarà un giudizio. E, quindi, non ci sarà mai né giustizia né una vera riparazione morale.
Durante un incontro il 23 aprile 2025, questa dispensa ci è stata presentata come qualcosa di positivo, approfittando del fatto che non eravamo assistite da un canonista. Ma le vittime di abusi, così come le istituzioni che dovrebbero proteggerle, sanno che la riparazione può essere costruita solo sulla verità, senza trucchi né inganni. Evitare le indagini e chiudere i procedimenti tramite dispense che impediscono il giudizio penale canonico è una strada che non dovrebbe mai essere percorsa, perché lascia senza tutela coloro che hanno avuto il coraggio di denunciare e di cercare la luce in mezzo al dolore, un processo difficilissimo e di enorme usura personale.
Solo dopo aver indagato, giudicato e pronunciato una sentenza è possibile prendere decisioni responsabili sulla situazione di un sacerdote abusatore. Farlo prima provoca una sofferenza e uno smarrimento difficili da descrivere. Le vittime spesso vengono messe in dubbio, stigmatizzate, accusate di mentire e sottoposte a persecuzioni pubbliche. Non avere un’indagine e una sentenza che sostengano la nostra denuncia significa lasciarci senza difesa di fronte alle accuse che riceviamo quando decidiamo di parlare. Come possiamo incoraggiare le vittime a denunciare se le si lascia esposte senza indagare i loro casi?
Nel nostro caso questa decisione è ancora più dolorosa perché la stessa Chiesa ha riconosciuto gravi errori e negligenze da parte delle autorità coinvolte, incluso il primo responsabile del caso, il vescovo Robert Prevost:
«L’indagine preliminare è stata una presa in giro. Molto mal fatta. Con errori formali persino», (Giampiero Gambaro, sacerdote istruttore del fascicolo, 23 aprile 2025).
Tuttavia abbiamo dovuto assistere, negli ultimi mesi, a come alcuni media e giornalisti molto influenti abbiano manipolato la nostra testimonianza per nascondere tali errori.
Concedere la grazia a Eleuterio Vásquez risulta inoltre particolarmente irresponsabile, sapendo che esistono testimoni che hanno dichiarato pubblicamente ai media che egli portava spesso altri bambini nello stesso locale in cui noi siamo state abusate. Questa informazione, che avrebbe dovuto far scattare tutte le allarmi, richiedeva un’indagine profonda e urgente, non la chiusura definitiva del caso.
È incomprensibile che invece di cercare la verità e riparare le vittime, si sia scelto di porre fine al caso tramite una grazia papale che solleva l’abusatore dall’affrontare le responsabilità che gli competono e che ci lascia in una situazione di vulnerabilità, senza riparazione, con la sola offerta di coprire un trattamento terapeutico.
Nonostante tutto ciò, continueremo a difendere che non si devono mai utilizzare scorciatoie per impedire l’accesso alla verità. Le vittime di abusi nella Chiesa cattolica hanno diritto alla giustizia. E la giustizia richiede trasparenza, indagine e un reale impegno verso coloro che hanno sofferto.
Per questo annunciamo:
- L’avvio di azioni legali presso le autorità canoniche competenti contro tutti i funzionari ecclesiastici che hanno partecipato o sono stati responsabili di tali negligenze.
- La presentazione formale del nostro caso alle associazioni di vittime di abusi di tutto il mondo, affinché sia ascoltato e per lavorare insieme a un vero cambiamento all’interno della Chiesa.
- La comunicazione immediata del caso alla Commissione per la Protezione dei Minori del Vaticano, chiedendo che analizzi quanto accaduto e adotti misure di fronte all’abuso subito.
- La richiesta di un’udienza personale con il Papa, per spiegargli il dolore che situazioni come questa causano alle vittime e chiedergli un cambiamento di rotta nel modo in cui la Chiesa affronta i casi di abuso.
Ana Maria Quispe Diaz

