Pedofilia, la consulente si dimette. Ma non sa perché
Marie Collins ha lasciato l'incarico di membro della Commissione istituita da Papa Francesco nella lotta alla pedofilia. Non per resistenze o omertà, ma per sensazioni. Quali? L’atteggiamento della Congregazione per la Dottrina della fede, di cui ha lamentato la mancanza di cooperazione. Una motivazione volutamente ambigua?
La signora Marie Collins infine ha lasciato il suo incarico come membro della Commissione istituita da Papa Francesco nella lotta alla pedofilia. Lo ha fatto sapere al mondo intero, spiegando la sua decisione con un duro articolo pubblicato sul National Catholic Reporter e poi specificando con un altro comunicato.
Si tratterebbe, secondo alcuni, della dimostrazione di una curia avversa al Papa e che rema contro, rinverdendo i fasti di un vecchio e terribile vizio all’insabbiamento. In realtà, la stessa Collins ha dichiarato al portale Vatican Insider che non crede «ci siano resistenze alle norme o ad azioni specifiche contro la pedofilia. Si tratta piuttosto della sensazione che il lavoro della nostra commissione venisse considerato da alcuni come un'interferenza». Anche se trattasi di “sensazioni” personali, un nome lo ha fatto e, guarda caso, riguarderebbe l’atteggiamento della Congregazione per la Dottrina della fede, di cui ha lamentato «la mancanza di cooperazione», quando «alla fine dello scorso anno una semplice raccomandazione, approvata da Papa Francesco, è andata a questa congregazione nell’ambito di un piccolo cambiamento di procedura nel contesto della cura per le vittime» degli abusi ed «è stato rifiutato».
Si tratta del caso della risposta alle singole vittime, cosa che, in base alla prassi del dicastero, non prevede una risposta ai singoli in quanto questa spetta ai vescovi locali. La signora non l’ha mandata giù e ha preso la palla al balzo per andarsene. Non dice che il lavoro non si fa, ma lei vorrebbe che «si facesse più in fretta, si facesse di più». D’altra parte la Collins, in passato vittima di abusi sessuali, si era già detta «molto preoccupata» sul caso controverso del vescovo di Osorno (Cile), nominato da Papa Francesco nel 2015 e accusato di aver coperto in passato il sacerdote Fernando Karadima, che nel 2011 è stato riconosciuto colpevole di abusi proprio dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. In quel caso la Collins, insieme all’altro membro della commissione abusi Peter Saunder, a sua volta dimissionario per la faccenda che riguarda il cardinale George Pell, aveva già alzato la voce per dire che non si faceva abbastanza.
La sua è quindi una lotta contro una «mentalità», fondata, come dice lei stessa, su «sensazioni». Fermo restando la gravità di un male assolutamente da estirpare, sembra che la Collins, come già Saunder, gli unici due membri della commissione vittime di abusi, abbiano sollevato un processo un po’ generico. E che gli sia stata data una enfasi eccessiva da tanti interessati commentatori. E’ sotto gli occhi di tutti il lavoro che già Benedetto XVI e poi papa Francesco hanno svolto per affrontare di petto la questione. Bisogna poi evidenziare che il chirografo del Papa che istituiva la commissione non chiariva bene la natura dei rapporti di collaborazione tra commissione e congregazione per la Dottrina della Fede, ma questo non dipende da chi starebbe tramando per far naufragare l’operato di Francesco.
L’elenco dei motivi per cui la Collins ha lasciato ci è offerta dall’articolo pubblicato in esclusiva dal National Catholic Reporter: «Mancanza di risorse, strutture inadeguate, lentezza nel procedere e resistenza culturale». Avrebbe voluto parlare con il Papa la Collins, anche se «non ho mai avuto la possibilità di sedermi e parlare» con lui, per dargli alcuni suggerimenti. Con tutto il rispetto per le “sensazioni” della signora Collins, soprattutto il concetto di “resistenza culturale” appare abbastanza generico vista l’aria di linciaggio facile che tira su questi temi. E può essere ben utilizzato per chiamare in causa i presunti nemici del Papa, che sarebbero così non solo freddi dottrinari, ma anche orchi.
Il cardinale Sean O’Malley, presidente della commissione, ha detto che alla Collins vanno «i più sinceri ringraziamenti per i contributi straordinari» che ha offerto ai lavori. La dimissionaria da parte sua ha detto che riconosce «il valore della commissione». Anzi continuerà a far parte dei progetti di formazione per la curia romana e per i nuovi vescovi.