Pd spaccato su De Luca che punta al terzo mandato nel 2025
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Non sarà il candidato dei vertici Dem, ma il presidente campano ha dalla sua l'appoggio popolare e quello dei consiglieri regionali. La gestione Schlein stretta tra due rischi: la scissione territoriale o la batosta elettorale.
La vittoria di Trump, che certamente nel medio periodo avrà effetti anche sugli equilibri nella politica italiana, rappresenta per certi aspetti il colpo di grazia su una sinistra già devastata dalle divisioni interne e in profonda crisi d’identità. La Liguria doveva essere l’inizio della rimonta per Schlein e soci, ma si è rivelata la conferma del naufragio del disegno giustizialista che puntava a sovvertire la volontà popolare. Le spaccature nella magistratura, aspre più che mai, non giovano ad una parte politica che ha sempre potuto contare sull’appoggio delle toghe in alcuni momenti determinanti della storia del Paese.
Ma c’è da dire che la sinistra ci mette anche molto del suo nel peggiorare le cose e nell’autoflagellarsi. L’Emilia Romagna certamente resterà in mani rosse, salvo sorprese, ma già in Umbria la riconferma della governatrice uscente, la leghista Tesei, non è affatto da escludere, il che confermerebbe il fallimento definitivo del cosiddetto campo largo. Da questo punto di vista le elezioni del 17 novembre assumono un grande significato.
L’anno prossimo, però, ci saranno altre prove elettorali, per le quali già da ora la sinistra sta mostrando di essere in confusione. La Campania ne è la prova più eloquente. Il governatore uscente, Vincenzo De Luca, si candiderà per il terzo mandato e, probabilmente, se potesse contare sul sostegno dell’intero suo schieramento, non correrebbe alcun rischio e verrebbe riconfermato. Nonostante la gestione padronale della cosa pubblica, nonostante il terrorismo sanitario alimentato durante il Covid, nonostante le numerose cadute di stile e l’utilizzo disinvolto dei soldi pubblici per attività promozionali e propagandistiche, il presidente campano gode ancora di un indiscusso gradimento da parte dell’opinione pubblica.
Peccato, però, che i vertici del Pd non la pensino allo stesso modo, visto che non intendono ricandidarlo. Il braccio di ferro è solo agli inizi, visto che il consiglio regionale campano, con 33 voti favorevoli, 16 contrari e un astenuto, ha approvato la legge regionale che consentirà all'attuale presidente di correre nuovamente. Viene così recepita la norma nazionale contenuta nella legge numero 165 del 2 luglio 2004, che pone il limite dei due mandati consecutivi per i presidenti di Regione, prevedendo però che il computo dei mandati decorra da quello in corso, aprendo così la strada a Vincenzo De Luca per la terza rielezione. Il paradosso è che perfino i consiglieri regionali dem hanno votato a favore, disobbedendo ai vertici del Nazareno, che in ogni caso non vogliono sentire ragioni e ribadiscono: «De Luca non sarà il nostro candidato presidente alle prossime elezioni regionali. Il voto espresso dal consiglio regionale campano non sposta di un millimetro la posizione del Pd nazionale sul limite dei due mandati per le cariche monocratiche».
La proposta di legge votata in Campania prevede che «non è immediatamente rieleggibile alla carica di Presidente della Giunta regionale chi, allo scadere del secondo mandato, ha già ricoperto ininterrottamente tale carica per due mandati consecutivi e prevede che, ai fini dell'applicazione della presente disposizione, il computo dei mandati decorre da quello in corso di espletamento alla data di entrata in vigore della presente legge».
Dando per scontato che De Luca si candiderebbe comunque anche da solo, con una sua lista e senza l’appoggio dei partiti di centrosinistra, i rischi per Elly Schlein sono due: una scissione territoriale nel suo partito, della quale si è già avuta un’anticipazione nella votazione in consiglio regionale, quindi con una parte del Pd campano che appoggia De Luca, sconfessando la linea nazionale; una sonora batosta nelle urne, con l’avverarsi della più classica delle profezie, “tra i due litiganti il terzo gode”, quindi con i voti di sinistra dispersi tra De Luca e il candidato ufficiale dei dem, e il centrodestra che vince a mani basse e conquista la guida della Regione.
Un esito del genere segnerebbe probabilmente la fine dell’esperienza Schlein alla guida del Pd o quanto meno la comprometterebbe seriamente, perché la Campania è una regione davvero importante nella mappa del potere della sinistra, considerato il fatto che anche il sindaco di Napoli, Manfredi, in caso di sconfitta del Pd, perderebbe un interlocutore importante sul territorio.
Ma se la sinistra continua a perdere una delle cause più evidenti è la mancanza di un centro moderato nel perimetro del centrosinistra. Il terzo polo di Renzi e Calenda è miseramente naufragato e la Schlein ha chiesto al sindaco di Milano, Beppe Sala, di provare a ricomporre i cocci di quell’area politica, ponendosi come federatore delle anime centriste che si ritengono alternative all’attuale maggioranza di governo. Peccato, però, che Sala per ora sia molto impegnato a fare il sindaco e non sia molto in sintonia con Matteo Renzi, ma solo con Carlo Calenda. Impensabile, quindi, che possa essere Sala a ricostituire un soggetto politico simile alla Margherita di qualche anno fa, visto che la sua figura appare divisiva e soprattutto scarsamente attrattiva da Roma in giù.
Quanto ai Cinque Stelle, che continuano a perdere voti, come dimostrano i risultati delle urne liguri, le divisioni tra Giuseppe Conte e Beppe Grillo impediscono di pensare che i pentastellati possano dare un contributo decisivo all’eventuale successo del centrosinistra, sia al centro che in periferia, anche perché sono in molti, tra i grillini, a pensare che la corsa solitaria, lontano dal Pd, possa giovare a una rigenerazione del movimento. Quindi ognuno per conto suo. Ulteriore segnale del fatto che per la rivincita del centrosinistra siamo ancora all’anno zero.
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