Partenza con il piede sbagliato
Il pre-Sinodo dei giovani è stato caratterizzato da molta sociologia debole, condita con il linguaggio politichese dell'«ascolto». Ma in certi contesti le opinioni (o le opinioni presunte) dei “giovani” servono a promuovere cose a cui quelli che comandano puntano già.
È certo che non tutti i politici siano ipocriti. Quando iniziano a mostrarsi preoccupati, pubblicamente, di ciò che sta accadendo “ai bambini”, alcuni di loro preoccupati lo sono davvero. I dibattiti pubblici sulla gioventù sono però spesso esercizi di ventriloquio, che adoperano le opinioni (o le opinioni presunte) dei “giovani” per promuovere cose a cui quelli che comandano puntano già.
Il Vaticano sta organizzando un Sinodo dei Giovani (programmato per ottobre) e sono convinto che la percentuale di persone coinvolte sincere sia parecchio elevata rispetto alla media dei politicanti democratici. Motivo per cui è controproducente se cominciano a usare il politichese dell’«ascolto», del non fare semplicemente qualcosa «per» i giovani ma dello stare «con» i giovani (clicca qui).
Quando ero giovane, avrei trovato questo genere di cose - gli adulti che si fossero comportati come se avessero avuto bisogno d’imparare qualcosa da me - patetico, e in verità molto sospetto. Forse i giovani sono cambiati nel profondo del cuore, ma ne dubito un po’.
Ascoltare i giovani può essere un bene, ma dipende da chi ascolta e dal perché lo fa. Padre James Martin “ascolta” i giovani affetti da diversi disordini sessuali, specialmente in occasione di eventi come i convegni “IgnatianQ”, che sono incontri sulla diversità di sesso e di genere attualmente organizzati in università gesuite. Hanno lo scopo di convincere i giovani che essere LGBTQetc. vada benissimo, benissimo anche per lo stesso Gesù. E che le persone che la pensano altrimenti siano intolleranti, piene di odio e non cristiane.
Se vivesse oggi, quell’ex militare che fu sant’Ignazio di Loyola (1491-1556) agirebbe in modo senza dubbio più energico - e molto diverso - rispetto a quanto facciano i suoi attuali eredi su questi temi, che sono d’importanza pari alla Riforma che egli combatté, e forse maggiore.
Farebbe probabilmente qualcosa di molto simile a quel che Karol Wojtyła (1920-2005), ora san Giovanni Paolo II, fece con le sue famose gite in canoa e le sue famose escursioni: incontrare i giovani, cosa che comprendeva la Messa, le confessioni e l’assistenza spirituale. Li «accompagnava» dicendo la verità del cattolicesimo. Non li vessava, ma, dopo avere esposto con chiarezza gli argomenti, diceva loro «decidete voi» la strada da seguire. Funzionava. Questo accompagnamento mosse molti giovani: non ad accettare l’inaccettabile, ma a salvare la verità e le opere.
Il mondo ha disperatamente bisogno di 10mila di questi “accompagnatori”: oggi, ieri, ogni anno, per i decenni a venire. Uomini maschi che non abbiano paura di dire che la volontà di Dio va accettata; donne compassionevoli, ma caparbie che non si tirino indietro e che contrastino la triste cultura di oggi, a volte anche dentro la Chiesa.
Settimana scorsa si è svolta una sessione di progettazione del Sinodo dei Giovani, motivo per cui mi sono trattenuto a Roma per qualche giorno. Finora la mia impressione è che non vedremo molto ascolto e molta azione del tipo wojtiłiani. (Come fatto in passato, pubblicherò qualche resoconto ulteriore se gli sviluppi lo giustificheranno.) Quel che già abbiamo è parecchia sociologia debole, come si è visto anche prima dei due Sinodi sul matrimonio. Nessuno dovrà poi sorprendersi se questo evento diventerà qualcosa di molto diverso da ciò che era stato pianificato.
Sono state ovviamente svolte indagini, e i giovani parteciperanno via Facebook. Com’è vero oggi per quasi tutte le inchieste pubbliche, non è molto difficile far dire ai sondaggi tutto ciò che si vuole. I sondaggi di argomento religioso possono del resto essere particolarmente ingannevoli giacché a seconda dei soggetti a cui si rivolgono le domande - i cattolici impegnati, chi è cattolico solo di nome, gli indifferenti - i risultati possono essere anche molto diversi, ancora prima che la girandola delle interpretazioni cominci a muoversi.
Qui il fatto più saliente è che i giovani dei Paesi più sviluppati sono stati efficacemente catechizzati - dallo Stato laico, dai media, dalla cultura di massa e dalle scuole statali - a rispondere con scetticismo alla verità, ma a credere fermamente in due cose: che la scienza abbia confutato la religione e nella rivoluzione sessuale.
Quanto alla rivoluzione sessuale, c’è stato un po’ di contraccolpo. Alcuni millennial hanno subito il divorzio dei genitori o hanno vissuto in contesti familiari deboli e sembrano quindi nutrire prospettive più stabili su matrimonio e genitorialità. Attenzione a essere però esageratamente ottimisti su queste che ancora sono prime tendenze: l’eros sfrenato non ha smesso di lacerare il tessuto sociale dei Paesi sviluppati.
I millennial dicono però che il motivo principale per cui abbandonano la religione è il fatto che la “scienza” (e le utilissime tecnologie che ne derivano) abbia dimostrato che la fede è un’illusione. Ovviamente il crederlo è esso stesso un’illusione, generata da un modo di ragionare estremamente debole: non bisogna essere credenti per sapere che la scienza e la fede - propriamente intesi - siano due realtà diverse, nessuna riducibile all’altra o rifiutabile dall’altra.
Ma per comprendere questa distinzione occorre un pensiero accurato: insegnato da chi oggi?
L’amore e la misericordia - l’ospedale da campo evocato dalla suggestiva immagine scelta dal Papa - sono due belle realtà cristiane e aggirano l’ostacolo posto dalle obiezioni meccaniche alla religione. Ma se poi non si concentrano sul punto principale, cioè se non vengono rafforzate da un pensiero forte, non restano cristiane a lungo, e neppure restano realtà, come si vede dalle fragilità sempre maggiori della nostra società e dalla polarizzazione feroce che ci circonda.
In questo clima, è forte la tentazione di credere che ridurre le esigenze dell’amore e della misericordia, sminuendone le fondamenta cristiane, attirerà più gente. Negli anni 1780, Thomas Jefferson (1743-1826), un uomo tutt’alto che stupido, scrisse a un amico: «Sono felice che in questo Paese benedetto fondato sulla libertà di ricerca e di credo, che ha non ha piegato la propria coscienza a nessun re e a nessun prete, si stia rinvigorendo la vera dottrina dell’unico Dio e confido che negli Stati Uniti non un solo giovane di oggi non morirà unitariano» (1). L’ultimo sondaggio effettuato dal Pew Research Center dà gli unitariani negli Stati Uniti allo 0,3 %, forse 600mila persone in tutto il mondo.
Dal progressismo c’è da attendersi poco, come non solo gli unitariani, ma tutti i protestanti liberal sanno. Il Sinodo si è assunto un compito immane in un momento altamente sfavorevole. Stare «con» i giovani potrà certamente abbatterà i soliti steccati, all’inizio. Ma la parte più difficile è quella che viene dopo: la via, la verità e la vita.
Sarà un miracolo se il Sinodo riuscirà ad avanzare in mezzo a tanta resistenza, non da ultimo all’interno della Chiesa stessa. Ma come tuti i cristiani dovrebbero ricordare sempre, i miracoli continuano ad avvenire. Preghiamo. Tanto.
(Traduzione di Marco Respinti)
NOTA del traduttore
(1) L’unitarianesimo, nato all’inizio del 1500, è un movimento religioso di origine cristiana che rifiuta la Trinità. Negli Stati Uniti, le idee unitariane si sono diffuse in seno ai congregazionalisti - una delle forme allora assunte dal puritanesimo nordamericano - della Nuova Inghilterra per poi svilupparsi e diffondersi autonomamente. Non rientra nel concetto di “cristianesimo ortodosso” (caro anche alle confessioni protestanti trinitarie) e ha orientamenti teologici progressisti sviluppatisi poi in filosofie “metareligiose” come il trascendentalismo e l’universalismo, di fatto secolarizzati.
* La versione originale di questo articolo è stata pubblicata il 19 marzo 2018 su The Catholic Thing con il titolo God Save Them