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INTERVISTA AL SEGRETARIO DI STATO

Parolin: Beato Hernández esempio per uscire dalla crisi

Alla vigilia della partenza per il Venezuela per la beatificazione di José Gregorio Hernández Cisneros, il Segretario di Stato Parolin parla alla Bussola del medico dei poveri. «Accompagnare e condividere la sofferenza degli altri come ha fatto lui. Quando ero in Venezuela come nunzio i pazienti lo vedevano arrivare di notte. L'intero popolo si identifica in questa figura». 

Ecclesia 22_04_2021

È iniziato il conto alla rovescia per la cerimonia di beatificazione del Dr. José Gregorio Hernández Cisneros. Venerdì 30 aprile l'America Latina si unirà in preghiera attorno alla figura del laico più illustre della Chiesa venezuelana, che sarà innalzato all’onore degli altari in una cerimonia che si svolgerà nella chiesa della scuola La Salle a Caracas, con una capienza molto limitata, dunque si potrà partecipare solo virtualmente.

Inizialmente il Cardinale Baltazar Enrique Porras Cardozo, amministratore apostolico di Caracas, aveva annunciato in conferenza stampa che l'atto si sarebbe svolto nello stadio dell'Università Centrale del Venezuela (UCV); tuttavia, a causa dell'aumento dei casi di covid-19 nel Paese, si è dovuto cambiare posto per limitare la presenza di persone.

L'atto solenne sarà presieduto dal cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede ed ex Nunzio Apostolico in Venezuela, che si recherà nel Paese sudamericano per conto di Papa Francesco in occasione di un evento così importante per i venezuelani. In vista del suo imminente viaggio, la Nuova Bussola Quotidiana lo ha intervistato.

Eminenza, ha vissuto quattro anni in Venezuela (dal 2009 al 2013): come ha vissuto questa devozione al Dr. José Gregorio Hernández durante la sua permanenza?
Anzitutto mi permetta di congratularmi con tutti i venezuelani per questo risultato così desiderato da tanti anni. La figura e la presenza del Dr. José Gregorio Hernández mi hanno accompagnato per tutta la mia permanenza in Venezuela. In realtà non lo conoscevo, credo di non aver mai sentito parlare del Venerabile José Gregorio Hernández, ma appena arrivato in Venezuela ho saputo chi era e soprattutto ho vissuto l'immenso amore che il popolo venezuelano ha per questa nobile figura. Posso dire che, sebbene la mia esperienza non sia grandissima, perché era la terza volta che lasciavo l'Italia per un altro Paese al Servizio Diplomatico della Santa Sede, in nessun luogo ho mai riscontrato questo fenomeno, di un intero popolo chi si identifica in questa figura, con questa persona, e quindi ho sempre sentito la sua presenza e ho imparato a conoscerlo meglio.

Come ha sentito la sua presenza?
Ho ricevuto tanti libri, tanti studi, tante opere dal Venerabile José Gregorio Hernández, ho sentito tante testimonianze e tutto questo mi ha colpito. Ovunque andassi in Venezuela, per le visite come Nunzio Apostolico nelle diocesi e nelle parrocchie, sempre qualcuno mi parlava di José Gregorio Hernández. Ricordo una cosa che mi ha veramente choccato: una volta sono andato all'Università Centrale del Venezuela, dove ho incontrato diversi medici, cioè uomini di scienza da cui non ci si aspettano commenti simili, che mi hanno detto che i loro pazienti vedevano questa figura sconosciuta arrivare di notte, riconoscibile da tutti per la sua veste e il suo cappello. Un uomo che è vicino a loro, che li accompagna nella loro sofferenza, che li incoraggia a vivere anche il tempo della sofferenza e della malattia in senso cristiano.

I venezuelani hanno dovuto attendere 72 anni per poter celebrare l'elevazione agli altari del “Medico dei Poveri”; quale lettura si dovrebbe fare di questa Beatificazione nei tempi attuali?
José Gregorio Hernández ha molto da dire al Venezuela di oggi. Non è solo un ricordo, non è solo il ricordo di qualcuno che ha fatto cose meravigliose in passato ma che rimane nel passato, è un santo di grande attualità. Spero che tutti i venezuelani abbraccino sinceramente la loro venerazione per il Santo e parlo di tutti, a partire dal più alto al più umile. Mi auguro che tutti mantengano il desiderio di seguire le sue orme, di seguire la sua testimonianza, il suo esempio e di vivere i valori che ha vissuto; perché immagino che solo vivendo questi valori il Venezuela possa veramente rigenerarsi e a uscire da questa crisi in cui si trova oggi.

E qual è il suo messaggio per i venezuelani?
Credo che il messaggio sia innanzitutto quello di ringraziare Dio che ha dato al Venezuela questo uomo meraviglioso, questo santo, e in secondo luogo di prendere in considerazione la sofferenza delle persone, la sofferenza delle famiglie, dei gruppi umani, delle nazioni. Oggi stiamo vivendo con questa pandemia quanto siamo vulnerabili, quanto siamo fragili, quanto abbiamo bisogno dell'aiuto di Dio, perché a volte abbiamo pensato che eravamo onnipotenti e che potevamo fare tutto. Invece quanto abbiamo bisogno dell'aiuto di Dio e anche dell'aiuto degli altri e quanto è importante accompagnare e condividere la sofferenza degli altri.

José Gregorio Hernández non era un medico freddo, che svolgeva la sua professione solo a scopo di lucro; lo faceva con un atteggiamento di compassione, per condividere il dolore e la sofferenza degli altri. E questo è il primo strumento, il primo modo per guarire i cuori e, attraverso i cuori, per guarire i corpi. È vero, ci sono le conquiste della medicina, stiamo aspettando il vaccino che risolverà questo problema che è così angosciante per tutta l'umanità, ma lo ha detto Papa Francesco in quella famosa notte di preghiera il 27 marzo dello scorso anno, dobbiamo essere insieme gli uni con gli altri, dobbiamo condividere la sofferenza gli uni degli altri, dobbiamo cercare soluzioni insieme. Credo che in questo senso José Gregorio Hernández possa essere un grande esempio per il Venezuela e per il mondo intero.