Parla il parroco di Gaza, solidarietà nell'inferno della guerra
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"Le notizie sono drammatiche. Definire la situazione pessima è un eufemismo. Non ho mai visto quello che sta accadendo ora in Terra Santa". Parla Gabriel Romanelli, parroco di Gaza. La piccola comunità cattolica è nell'inferno della guerra. La parrocchia aiuta quanto può senza fare politica.
«Ero da solo, nella cappella della nostra casa di Betlemme, che ospita bambini gravemente disabili, quando ho ricevuto una telefonata. Non ho riconosciuto il numero, non era nella mia rubrica, ma ho risposto ugualmente. “Sono il Papa, sei il parroco di Gaza?”. “Sì, Santità!" “Voglio manifestare la mia vicinanza al popolo di Gaza. Prego per tutta la comunità e per tutti gli abitanti"». Una telefonata inaspettata, ma che mi ha incoraggiato ad essere più vicino, in questo tragico momento, al gregge che mi è stato affidato.
E lei, cosa ha detto al Santo Padre?
«Innanzitutto, gli ho espresso la mia gratitudine per le parole di domenica scorsa durante la recita dell'Angelus. E l'ho ringraziato anche per le sue preghiere».
Padre Gabriel Romanelli, argentino, dell’Istituto del Verbo Incarnato, è parroco a Gaza ormai da alcuni anni, ma vive in Terra Santa da oltre venticinque. Attualmente è bloccato a Betlemme in attesa di poter far rientro nella parrocchia della Sacra Famiglia. «Ho chiesto alle autorità di concedermi un permesso speciale per poter rientrare nella mia parrocchia. Mi hanno detto che è impossibile. Neanche dall'Egitto posso entrare. Tutti i valichi sono chiusi, guardati a vista dai militari».
Com’è la situazione nella Striscia di Gaza?
Le notizie sono drammatiche. Definire la situazione pessima è un eufemismo. La gente è spaventata, terrorizzata. Non ho mai visto quello che sta accadendo ora in Terra Santa, tra Palestina e Israele. È davvero molto grave.
Ha avuto contatti con qualche suo parrocchiano?
Certamente. Nonostante le linee telefoniche non siano sempre attive, sto cercando, nel limite del possibile, di contattare più gente possibile.
Cosa le dicono?
È un inferno. Dopo ogni attacco dell'aviazione israeliana i morti e i feriti non si contano. Le case vengono rase al suolo e la gente cerca un rifugio dove poter trovare una qualche protezione.
Anche in parrocchia?
Certamente. Le nostre strutture sono diventate un vero campo profughi.
Vi aspettavate che i miliziani di Hamas attaccassero Israele?
Ho avuto qualche presentimento, pensavo che qualcosa stesse per accadere. Gaza, ormai da molti anni, è un campo di battaglia. Un paio di mesi fa avevamo iniziato i preparativi per predisporre le nostre strutture per l’accoglienza di rifugiati. Quello che è accaduto è fuori ogni misura.
Quante persone ospitate?
Attualmente la parrocchia di Gaza ospita 130 rifugiati, altri sono stati accolti in strutture parrocchiali limitrofe.
Israele ha bloccato tutti i rifornimenti. Come fate?
Cerchiamo di risparmiare sull’utilizzo del generatore, stiamo razionando il combustibile; lo usiamo soltanto circa due ore al giorno per ricaricare le batterie.
E per quanto riguarda il cibo?
Mettiamo a disposizione le nostre scorte. Poi ... ci affidiamo al buon Dio.
Ma dove si stanno rifugiando gli abitanti di Gaza?
Migliaia di persone si starebbero spostando soprattutto dalle zone limitrofe alla frontiera, dove si trova il muro che separa la Striscia di Gaza da Israele, verso altre località nella speranza di trovare un rifugio.
Padre Gabriel, ma la situazione era già drammatica prima di tutti questi avvenimenti...
È vero. Ma oggi è veramente drammatica. Ci sono stati quasi 700 morti in tre giorni, di cui 140 sono bambini. E sono più di 3mila i feriti, tra cui, secondo il Ministero della Salute della Palestina, il 10% sono minori.
Ma lei ha visto tante guerre...
Erano altre situazioni; ho già assistito a morte e distruzioni. Ma questa volta è peggio.
La comunità della Sacra Famiglia è in pericolo?
Siamo tutti in pericolo, nessuno escluso, nonostante sia noto a tutti, palestinesi e israeliani, che noi non ci interessiamo di politica. Noi offriamo un servizio spirituale e pastorale, senza tralasciare quello umanitario. Aiutiamo chi ha bisogno. Lo sanno tutti e siamo rispettati per quello che facciamo.
Continuano i lanci di missili contro Israele e l'esercito israeliano risponde con incursioni aeree...
Una situazione che sta rendendo molto difficile la vita degli oltre due milioni di abitanti della Striscia, tra cui la piccola comunità cattolica.
Una speranza...
Spero che il Signore ci conceda la pace. Sarà un grande miracolo. Ma chiediamo a tutte le persone di buona volontà e che hanno il potere di farlo, di accordarsi, perlomeno, per una tregua e aprire un corridoio umanitario. In caso contrario ci sarà una strage senza precedenti, compresi tanti innocenti. L'eventuale, ma molto probabile, invasione via terra, annunciata da Israele, sarà una carneficina. Combattere casa per casa, in un ambiente densamente popolato, avrà degli effetti devastanti per ambedue i contendenti.