Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
POLVERONE SULLA RAI

Osi dubitare della campagna vaccinale? Fango su Report

Report ha mostrato alcuni errori (gravi) nella somministrazione della terza dose di Moderna. Ma mostrare la verità, adesso, è "no vax". In Commissione di vigilanza, sia Pd che i renziani chiedono "chiarimenti" e anche Forza Italia si indigna. Ormai fare il normale mestiere di giornalista e rilevare gli errori del governo è inammissibile.

Editoriali 04_11_2021
Sigfrido Ranucci

Ha sollevato un polverone l’ultima puntata di Report andata in onda lunedì scorso su Rai 3, nella quale si documentavano alcuni errori della campagna vaccinale in Italia. La trasmissione di Sigfrido Ranucci ha segnalato il caso di una errata somministrazione del vaccino Moderna che sarebbe imputabile a un difetto di comunicazione tra Aifa e Ministero della Salute. Gli anziani avrebbero cioè ricevuto una quantità sbagliata di siero e il fatto risalirebbe al periodo settembre-ottobre. Sarebbe bastata mezza dose per avere gli stessi anticorpi e invece il Ministero avrebbe dato indicazione ai centri vaccinali di somministrare l’intera dose: 100 microgrammi anziché 50 di Moderna. Poi avrebbe cambiato idea e specificato di usare soltanto Pfizer.

La gestione della pandemia da parte del governo italiano, ancor più da parte di quello precedente, non è certamente stata esente da colpe e ormai è cosa nota. Dalla vicenda mascherine (caso Arcuri) all’opinabilità di alcune restrizioni adottate sarebbero tanti i rilievi da muovere al Ministro Speranza e al suo staff, ma anche al Comitato tecnico-scientifico, non a caso rinnovato nella sua composizione con l’avvento del Governo Draghi.

Normale, quindi, anzi opportuno che l’informazione, come “cane da guardia” del potere politico, racconti gli errori della campagna vaccinale, anche in un’ottica di riparazione degli stessi, visto che le punture sono destinate ad andare avanti ancora a lungo con la terza e magari con altre dosi di vaccino.

Ma questo evidentemente alla politica non piace, perché mette a nudo l’approssimazione di certe decisioni e l’aleatorietà di alcune scelte che però finiscono per impattare sulla salute di milioni di persone. Denunciare queste situazioni, nella semplificazione demagogica di certi politici, equivale a strizzare l’occhio ai No Vax. Adombrare il sospetto che il vaccino possa essere un business per alcune aziende farmaceutiche significa confutare l’ideologia vaccinale e quindi…apriti cielo!

C’è stata, infatti, una levata di scudi nei confronti della trasmissione di Rai 3, proprio da parte del Pd e della sinistra, che in passato hanno beneficiato anche elettoralmente di alcune inchieste condotte da Report.

I parlamentari del Partito Democratico in Commissione di Vigilanza hanno chiesto "un chiarimento" ai vertici del servizio pubblico e hanno parlato di “episodio molto grave di disinformazione", cioè di “un lungo compendio delle più irresponsabili tesi No Vax e No Green Pass”. Poi hanno corretto il tiro, rendendosi conto di aver fatto un autogol e si sono affrettati a ribadire che occorre rispettare l’autonomia dei giornalisti e la libertà editoriale.  A Matteo Renzi, più volte preso di mira da Report (anche nell’ultima puntata, a proposito dei suoi viaggi d’affari all’estero) non sembra vero di poter partecipare a questo tiro al piccione contro Ranucci, accusandolo di non fare servizio pubblico. Forse perché, per il leader di Italia Viva, fare servizio pubblico significa mettere la sordina alle voci di dissenso per raccontare unilateralmente la verità, come accadeva nella Rai dell’epoca renziana.

Pure Forza Italia si indigna verso la trasmissione di Rai 3. “Mi spiace perché Report è la seguitissima trasmissione di un’azienda che dovrebbe esaltare il progresso scientifico e i suoi benefici anziché offrire argomenti agli scettici verso la bontà del vaccino – tuona Andrea Ruggieri - e perché è un po’ come se qualcuno dicesse che medici, infermieri e altri professionisti abbiano tratto profitto dalla pandemia grazie ai molti straordinari retribuiti nell’emergenza sanitaria scatenata dal Coronavirus”.

Il conduttore di Report, Sigfrido Ranucci, si è difeso: “Sono stufo di queste accuse. Sono vaccinato come tutta la redazione di Report, ma come giornalista devo essere libero di raccontare delle criticità. Quali sarebbero i contenuti No Vax? Credo che i parlamentari non abbiano visto il servizio”. E aggiunge: “È da No Vax dire che il 9 settembre Aifa si è sbagliata a scegliere con troppa fretta di iniettare il vaccino Moderna a dose intera quando la stessa azienda Moderna sei giorni prima aveva raccomandato metà dose? È da No Vax chiedere che venga fatto il tampone più frequentemente agli infermieri che rischiano di contagiarsi perché cala l’efficacia del vaccino? È da No Vax chiedere di sorvegliare con attenzione gli anticorpi per fare prevenzione?”. “Da Report un rigoroso, serio e documentato lavoro giornalistico d’inchiesta come richiede il miglior Servizio Pubblico. Nessuna tesi No Vax, nessun cedimento a teorie anti-scientifiche”, sottolineano l’esecutivo Usigrai e il cdr della Direzione editoriale offerta informativa.

E una volta tanto bisogna essere d’accordo con loro, perché davvero si è manifestata, anche in questa circostanza, l’idiosincrasia di certa politica nei confronti di verità scomode e di tesi alternative a quelle ufficiali. Il servizio pubblico è di tutti, è finanziato con il canone pagato da tutti e quindi deve riflettere il pluralismo delle opinioni e deve rispettare il principio del contraddittorio. Davvero una pagina buia del rapporto informazione pubblica-potere politico questa stucchevole polemica sull’ultima puntata di Report. I giornalisti della trasmissione Rai hanno impiegato con scrupolo le armi del giornalismo d’inchiesta su fatti di evidente interesse pubblico e dunque non sono censurabili da nessun punto di vista, tanto meno da quello deontologico. Un conto sono le evidenze scientifiche, altra cosa è la libera manifestazione dei punti di vista, che è un valore intangibile della democrazia dell’informazione e un ingrediente imprescindibile della professionalità giornalistica.