Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Giovanni da Kety a cura di Ermes Dovico
IL CASO

Orsi e lupi son tornati. E tanto peggio per l'uomo

Qualche giorno fa, lo scorso 9 giugno, un uomo è stato aggredito da un orso in un bosco a Cadine, non un villaggio di un’alta valle ma semplicemente una frazione rurale del comune di Trento. Altrove, come ad esempio in Piemonte, le cose vanno anche peggio. Qui sono di scena i lupi, reintrodotti artificialmente anni fa. 

Cronaca 15_06_2015
Orsi e lupi nei boschi italiani

Già in alcune aree del nostro Paese, ma anche in diversi altri Paesi europei si può correre di nuovo il pericolo di venire aggrediti e sbranati da grandi animali carnivori. Qualche giorno fa, lo scorso 9 giugno, un uomo è stato aggredito da un orso in un bosco a Cadine, non un villaggio remoto di un’alta valle ma semplicemente una frazione rurale del comune di Trento. L’uomo, Wladimir Molinari, 45 anni, uno sportivo che si stava allenando alla corsa in montagna, pur se ferito è poi riuscito a sfuggire all’animale. Colpito all’addome, al volto e alle braccia è stato quindi ricoverato all’ospedale. Un episodio analogo già si era verificato nel Trentino nello scorso agosto, allora a Pinzolo in val Rendena. Anche in quel caso la vittima, un altro sportivo di età analoga a quella di Molinari, subendo serie ferite era tuttavia riuscito a sfuggire all’animale. 

É solo per alcune circostanze fortuite, o meglio provvidenziali, che ci sono stati finora solo dei feriti e non anche dei morti. Sin qui è accaduto che le persone aggredite fossero degli uomini con esperienza di vita all’aperto e nel pieno delle forze, ma che cosa sarebbe accaduto se invece fossero stati dei turisti inesperti, degli anziani, delle donne, dei bambini? In effetti risulta che i due episodi qui ricordati non siano gli unici. In altri casi le persone aggredite non hanno subito conseguenze tali da renderne necessario il ricovero in ospedale e quindi la loro disavventura non ha fatto notizia, o è stata riferita con il minimo rilievo possibile. Il perché di tale reticenza è presto detto: al di fuori della Val di Genova, l’area ristretta e isolata ove sussisteva, sotto la spinta dei miti di un ambientalismo astratto l’orso è stato reintrodotto artificialmente anni fa in Trentino importando con grandi spese animali allo scopo catturati in Slovenia. Col tempo però si è moltiplicato fino a diventare incompatibile con la presenza umana in un territorio come quello del Trentino che è relativamente molto abitato, e che inoltre vive in larga misura di turismo. Siccome però la Provincia Autonoma si era direttamente e fortemente impegnata nel progetto di reintroduzione dell’orso, tanto più in un ambiente in cui l’ordine costituito è di una stabilità granitica il fare marcia indietro sulla reintroduzione dell’orso implica un coraggio civile e una capacità di autonomia mentale rispetto al “politically correct” superiori a quelli prevalenti nell’odierno ceto politico trentino. 

Perciò in prima battuta si è cercato di censurare tali notizie in tutta la misura del possibile non esitando inoltre a dare credito alle tesi di quelle organizzazioni animaliste le quali non esitano a sostenere che, siccome nei boschi gli orsi sono a casa loro mentre gli uomini sono degli intrusi, se poi ci sono dei maleducati che cercano di introdursi nei boschi non devono poi lamentarsi se gli orsi si difendono. Chi pensa che stiamo esagerando vada su Internet a vedere come gli animalisti trentini hanno commentato la recente aggressione a Wladimir Molinari, come pure l’analogo episodio dello scorso a agosto nei boschi sopra Pinzolo. A questo punto la Provincia Autonoma, stretta tra l’incudine del vago progressismo tipico della sua élite politica e la montante insofferenza delle popolazioni di valle alle prese con gli orsi, prende tempo cercando di salvare capra e cavoli. Resta da vedere per quanto tempo ancora potrà esimersi da una scelta politica precisa al riguardo.

Altrove, come ad esempio in Piemonte, le cose vanno anche peggio. Qui sono di scena non gli orsi bensì i lupi, della cui diffusione indisturbata si rendono in primo luogo responsabili le amministrazioni di alcuni parchi nazionali, che su finanziamento dell’Unione Europea spendono tempo e denaro in progetti nientemeno che di educazione alla «convivenza con il lupo», impresa la cui evidente impossibilità  è un fatto assodato già da millenni, sin dell’epoca di Esopo. Il lupo si sta diffondendo pure in alcune parti del Veneto, dell’Emilia, della Toscana. In tutto si può ritenere che in Italia vivano attualmente circa 3 mila lupi. I cinghiali sono inoltre ormai un pericolo non solo per le colture ma anche per le persone. Lo scorso 22 maggio a Iseo (Brescia) un agricoltore è stato ucciso da un cinghiale che stava devastando i suoi campi.

Se si nega Dio si finisce per negare anche l’uomo. Questo giudizio, che a tanti può sembrare puramente teorico, lontano dalla vita di ogni giorno, sta dimostrando invece di avere conseguenze sempre più concrete. Nella misura in cui l’ateismo pratico diventa mentalità di massa è la vita di ogni giorno a farne le spese. Gli esempi di tale stato di cose sono molti, ma tra questi uno dei più inattesi e drammatici è appunto un fatto che fino a qualche anno fa sarebbe stato impensabile, ossia il ritorno delle fiere.