Oregon, vince l'America profonda dei cowboy armati
A gennaio l'America era rimasta col fiato sospeso per l'assedio di una riserva naturale federale nell'Oregon. Era stata occupata da un gruppo di volontari armati, per protesta contro l'arresto di due agricoltori. Ora i loro leader sono stati assolti. Nello scontro fra le due anime dell'America, vince quella profonda.
Finale a sorpresa per il drammatico braccio di ferro fra un gruppo di cowboy e il Governo Federale. Lo scontro sulla proprietà di terreni nell’Oregon, iniziato lo scorso gennaio e conclusosi con uno scontro a fuoco in cui rimase ucciso Robert LaVoy Finicum, giornalista indipendente e portavoce del movimento Citizens for Constitutional Freedom, ha avuto il suo simbolico epilogo ieri, con l’assoluzione dei leader del movimento: i fratelli Ammon e Ryan Bundy, Brian Cavalier, Shawna Cox e Ryan W. Payne. Avevano occupato per un mese e mezzo una proprietà federale, armati con i loro fucili. Erano sotto accusa per cospirazione ai danni della polizia federale e reati di aggressione con armi da fuoco. La giuria li ha ritenuti innocenti. Il processo a tutto il gruppo non è ancora finito, altri saranno sentiti a febbraio. Ma l’assoluzione di Ammon Bundy ha, appunto, un valore simbolico molto forte.
La vicenda era nata da una lite sui terreni, come La Nuova Bussola Quotidiana aveva descritto lo scorso gennaio. Riassumendo in breve: due agricoltori di Burns, Oregon, Dwight Hammond e suo figlio Steven erano stati arrestati e condannati a 5 anni di carcere alla fine del 2015, per aver dato fuoco alle sterpaglie nel loro campo, provocando un incendio che aveva sconfinato nella vicina proprietà demaniale. I fatti risalivano al 2006, con un precedente analogo nel 2001. La pena applicata dal giudice è stata considerata eccessiva dalla comunità locale. In una precedente sentenza, padre e figlio erano stati condannati rispettivamente a tre mesi e un anno. Il secondo processo, scaturito da un appello sporto dal Dipartimento di Giustizia, aveva comminato una pena così pesante solo rifacendosi alla legge anti-terrorismo del 1996. L’accanimento giudiziario contro i due agricoltori potrebbe avere una chiara spiegazione politica: è in corso una lotta politica fra il governo federale (che vuole demanializzare le terre) e i proprietari locali, spesso appoggiati dai governi locali. Gli Hammond sono fra i più espliciti oppositori al processo di demanializzazione delle terre. La comunità di Burns ha vissuto la sentenza nei loro confronti come ingiusta e ha inscenato una protesta pacifica. Poi sono subentrati i volontari armati, guidati da Ammon Bundy, già noto per una resistenza analoga nel ranch di suo padre, in Nevada. Quindi considerato, nel West americano, come un eroe della resistenza civile.
Il gruppo, composto da uomini armati, aveva occupato il Malheur National Wildlife Refuge, una riserva naturale federale, dando inizio al lungo braccio di ferro. Gli occupanti si dicevano disposti a resistere anche per un anno intero. A nulla era valso il tentativo di mediazione, promosso anche dalle autorità locali (fra cui lo sceriffo di Burns) e il 26 gennaio, a quasi un mese dall’inizio dell’assedio della polizia, Robert LaVoy Finicum, è stato ucciso dai federali in circostanze ancora da chiarire. Gli assediati sostengono che sia stato ucciso a sangue freddo dagli agenti. L’Fbi afferma di aver sparato in risposta a una sua minaccia esplicita. Altri due assediati erano rimasti feriti nello scontro. L’ultimo gruppo di irriducibili, quattro persone in tutto, ha gettato le armi solo l’11 febbraio.
Dopo la tragedia è iniziato il lungo processo. Una vicenda giudiziaria che ha diviso l’America e che si è conclusa con una sentenza che, se possibile, ha provocato una spaccatura ancora maggiore nell’opinione pubblica. Le autorità tendono a considerare la sentenza come un “precedente pericoloso”. Così si è espressa la governatrice dell’Oregon, Kate Brown: “Benché rispetti la decisione della giuria, sono delusa. L’occupazione del rifugio Malheur non riflette un modo civile di lavorare assieme per appianare le controversie nell’Oregon”. La reazione è analoga fra i federali: “Estremamente delusi dal verdetto” è la reazione dell’Fbi. “Speravo in un esito diverso”, ribadisce anche il procuratore dell’Oregon, Billy Williams. “Questa sentenza di assoluzione crea un precedente terribile. D’ora in avanti assisteremo a sempre più occupazioni armate di edifici governativi”, è la reazione di una donna dell’Oregon, uno dei tanti tweet di disappunto che riassumono bene l’umore di una certa America, progressista, urbana e ostile a questi movimenti rurali.
Ma c’è anche un’altra America, profonda, orgogliosa di portare armi in base al Secondo Emendamento. Introdotto alla fine del XVIII Secolo (dunque, con la memoria della guerra d’indipendenza ancora fresca) proprio per contenere l’arbitrio del governo, più che per l’auto-difesa da delinquenti e animali feroci. La battaglia dei Bundy è sostenuta da chiunque ritenga che il governo federale stia snaturando gli Stati Uniti, nazionalizzando terre e sequestrando proprietà private, calpestando il diritto di homestead (la terra è di proprietà di chi per primo la recinta e la lavora) con cui è stato colonizzato un continente intero. E infine sono coloro che temono che il governo federale completi l’opera sequestrando le armi, o vietandole. Levando, dunque, l’ultimo strumento di auto-difesa, di indipendenza e di autonomia del cittadino. La “vittoria dei Patrioti”, la “vittoria della Costituzione”, sono i temi più frequenti nei tweet dei sostenitori: esprimono una difesa della legge suprema, non la voglia di sovvertire il sistema. Alla fine ha vinto questa America.
Lo scontro fra queste due anime sarà ancor più duro in caso di vittoria di Hillary Clinton, contraria ai diritti degli Stati e soprattutto contraria al Secondo Emendamento, che lei vorrebbe rivedere e limitare. Da questo punto di vista, effettivamente, la resistenza nella riserva di Malheur può essere un precedente di tanti altri episodi che potremmo vedere nei prossimi quattro anni.