Orbán favorito, nonostante i ricatti dell’Ue e delle lobby
Domenica in Ungheria si elegge il nuovo Parlamento. I sondaggi danno in vantaggio la coalizione Fidesz-Kdnp (cristiano-democratici) del premier Orbán. Si vota anche per i referendum con i quali il Governo chiede di confermare la legge anti-pedofilia e anti-gender. Ma sinistra, Ue, stampa e lobby internazionali continuano a giocare sporco.
Tutti i sondaggi più attendibili danno una netta vittoria di Viktor Orbán e della coalizione Fidesz-Kdnp (Partito popolare cristiano democratico) in Ungheria. Si prevede che domenica 3 aprile i cittadini affideranno all’attuale maggioranza il 48-50% dei voti (circa 125-128 seggi), mentre la coalizione del tutto e contrario di tutto (dalle sinistre alle destre xenofobe) potrebbe essere sostenuta dal 43-45% dei votanti, pari a 75-78 seggi. I due partiti minori che concorrono, Mi Hazánk e Two Tailed Dog Party, potrebbero raccogliere solo tra il 2 e il 3% di consensi ciascuno, senza ottenere nessun rappresentante tra i 199 del prossimo Parlamento (unicamerale).
La probabile vittoria di Orbán sarà soprattutto concentrata fuori dai confini della capitale Budapest, grazie al forte radicamento dei partiti della sua coalizione nel Paese, la crescita economica al 7.1% nel 2021 (una delle più alte in Europa) e le straordinarie politiche famigliari, la cui artefice Katalin Novák è stata eletta presidente della Repubblica. Orbán probabilmente non riuscirà ad ottenere per la terza volta consecutiva la maggioranza dei 2/3 del Parlamento, tuttavia non ci sono all’orizzonte modifiche costituzionali che la rendano necessaria durante il prossimo mandato. In verità, se il voto di domenica confermasse i sondaggi, i veri sconfitti sarebbero i partiti di opposizione, le lobby internazionali e le camarille europee, con il loro leader prescelto Péter Márki-Zay. Un nuovo tipo di “cattolico accondiscendente” con tutti e su tutto pur di spodestare il governo cristiano e conservatore attuale.
Lo stesso giorno gli ungheresi sono chiamati a votare per i quesiti referendari con i quali l’esecutivo Orbán chiede di confermare la propria legge sul divieto di indottrinamento e pubblicità Lgbt nelle scuole e riaffermare i diritti umani inviolabili dei genitori nella sfera educativa dei propri figli. La campagna elettorale, soprattutto nelle ultime settimane, è stata costellata da improvvidi, quanto sconcertanti, interventi della stampa internazionale, che ha presentato il primo ministro, in carica dal 2010, come un pericoloso fantoccio nelle mani di Putin, dando eco alla propaganda insipiente e disperata di quelle Ong ungheresi che vengono sostenute, direttamente e indirettamente, dal nemico numero uno di Orbán: George Soros.
La pressione incivile e il ricatto dell’Unione Europea sull’elettorato ungherese si sono fatti sentire; la minaccia di punire ulteriormente l’Ungheria per le sue leggi pro famiglia e contro l’ideologia Lgbt è stata chiaramente ribadita a pochi giorni dal voto con l’approvazione nella Commissione Affari Costituzionali del Parlamento Europeo di una Proposta di decisione, secondo l’art.7 del Trattato, sulle gravi violazioni dei valori europei da parte dell’Ungheria. Tanto per chiarire le proprie intenzioni, il Parlamento dell’Ue ha messo in calendario il prossimo 6 aprile un dibattito con i rappresentanti del Consiglio Europeo e della Commissione proprio sulle misure da prendere contro l’Ungheria (e la Polonia). A scanso di equivoci, già lunedì 4 aprile il Parlamento Europeo potrebbe condannare anche il risultato del referendum ungherese, nel dibattito sulla “Protezione dei diritti dei bambini”, tema caro a chi vuole imporre a tutti i Paesi europei i cosiddetti “matrimoni gay” e dunque anche la relativa educazione.
Nemmeno la dichiarazione delle comunità islamiche ungheresi di pieno sostegno ai quesiti del Governo riuscirà a smuovere il pregiudizio antifamiliare e anticristiano dei deputati europei. Non da meno è stata la dura critica politica rivolta al Governo ungherese dalla Missione Osce nel rapporto elettorale preliminare, smontato minuziosamente da un team di 24 esperti osservatori internazionali coordinato dai giuristi di Ordo Iuris.
Non si possono escludere “colpi di teatro” da parte della sinistra (data appunto per perdente), sino alla serata di domenica e anche la prossima settimana. In questi ultimi giorni, i fuochi artificiali sono esplosi nelle mani degli stessi incendiari di sinistra. Il leader delle opposizioni ha sfiorato il ridicolo facendo appello ai cristiani di non votare Fidesz, ma tacendo come voterà lui stesso ai referendum contro l’indottrinamento Lgbt e la pedofilia. La denuncia di hackeraggio nei confronti del ministro degli Esteri, e la richiesta di dimissioni da parte delle opposizioni, è stata soffocata sia dalle azioni di Anonymus che ha bloccato l’accesso ai siti di Fidesz e del Governo sia dal furto da parte di una società legata alle opposizioni dei dati di un milione di cittadini che hanno ricevuto messaggi elettorali della coalizione di sinistra. Stanno già arrivando i voti elettorali postali dei cittadini non residenti (184 mila fino a ieri mattina) e il leader delle opposizioni Márki-Zay, nell’ultimo giorno di campagna, ne ha chiesto la distruzione.
Speriamo e preghiamo che la coalizione guidata da Orbán vinca, e con ampio margine, così da avversare le follie cui l’Ue ci ha da tempo abituato.