Open, Renzi passa al contrattacco. E denuncia
Il leader di Italia Viva, a seguito dell’inchiesta della Procura di Firenze sulla fondazione che ne sostiene le iniziative politiche, lamenta una cospirazione giudiziaria ai suoi danni. Al di là dell’esito del lavoro dei magistrati, l’indagine riporta l’attenzione sul finanziamento ai partiti e sul ruolo delle fondazioni.
- E LE SARDINE SI AUTOINSCATOLANO, di Andrea Zambrano
Le spiegazioni dietrologiche si sprecano. Anche su Matteo Renzi si sta accanendo una parte della magistratura, così come successo in passato per altri esponenti politici, in particolare Silvio Berlusconi? E quale sarebbe l’eventuale obiettivo? Far cadere il governo o, per converso, rafforzarlo ridimensionando il tentativo renziano di tenerlo sotto schiaffo su ogni provvedimento? Sono tutte domande senza risposta, almeno per ora. Fatto sta che il fondatore di Italia Viva ha un diavolo per capello e denuncia senza mezzi termini una vera e propria cospirazione giudiziaria ai suoi danni.
L’inchiesta della Procura di Firenze sulla fondazione Open, istituita per sostenere le iniziative politiche di Renzi, fa parte - lo ricordiamo - di un’ampia indagine partita con oltre 30 perquisizioni della Guardia di Finanza in tutta Italia. I Pm, oltre ai reati di riciclaggio e traffico di influenze illecite, ipotizzano quello di finanziamento illecito ai partiti.
L’imprenditore Marco Carrai, amico personale di Matteo Renzi e membro del Cda della Open, dopo la perquisizione del suo ufficio, è stato indagato. Subito dopo, Luigi Di Maio ha commentato: «C’è un problema serio su fondi e finanziamenti ai partiti: serve subito una commissione d’inchiesta, lo chiederemo nel contratto di governo che faremo partire a gennaio». Renzi ha replicato: «È un massacro mediatico, i fondi sono regolari. Chi ha finanziato la Open ha rispettato la normativa sulle fondazioni. Se poi altri partiti utilizzano questa vicenda per chiedere commissioni di inchiesta sui partiti e sulle fondazioni io dico che ci sto. Anzi, rilancio, dovremmo allargare la commissione d’inchiesta alle società collegate a movimenti politici che ricevono collaborazioni e consulenze da società pubbliche. Italiane, certo. Ma non solo italiane».
L’ex sindaco di Firenze va giù pesante sui Pm, che - ricorda - «sono gli stessi che hanno firmato l’arresto dei miei genitori, Creazzo e Turco (procuratore capo e procuratore aggiunto di Firenze), provvedimento annullato pochi giorni dopo dal riesame». Per gli inquirenti fiorentini Open avrebbe funzionato come strumento di finanziamento illecito. I finanzieri hanno cercato documenti - ma anche bancomat, carte di credito e rimborsi spese che, stando a fonti investigative, sarebbero stati messi a disposizione di alcuni parlamentari - in case e uffici. L’inchiesta si è poi spostata sul prestito che ha consentito a Renzi di acquistare la villa a Firenze. Nel frattempo, secondo il quotidiano La Nazione, nel mirino degli inquirenti ci sono gli affari della Wadi Ventures, di cui è socio anche Carrai.
L’inchiesta giornalistica dell’Espresso, molto dettagliata, anticipata due giorni fa sul sito del settimanale, è relativa al prestito che avrebbe consentito a Renzi di acquistare la villa da 1,3 milioni di euro a Firenze. Per Renzi si tratta di “un avvertimento”. L’ex premier è inviperito perché teme una congiura per stroncare sul nascere la sua neonata formazione politica, impedendole di rastrellare voti nel bacino del Pd e in quello di Forza Italia: «Ho solo criticato l’invasione di campo di due magistrati nella sfera politica e la risposta è la diffusione di miei documenti privati personali», ha dichiarato. L’inchiesta parla dei 700.000 euro prestati all’ex premier dalla famiglia di imprenditori Maestrelli - e restituiti dopo 4 mesi - tramite il conto corrente della madre e utilizzati da Renzi per l’acquisto della villa di via Tecca. Come racconta il Corriere della Sera, il prestito e l’operazione immobiliare hanno attirato l’attenzione dell’Antiriciclaggio, che ha chiesto approfondimenti sul giro di soldi alla base dell’acquisto.
A prescindere da come andrà a finire l’inchiesta, i risvolti negativi sul mondo renziano sono inevitabili. Chi finanzierà più Italia Viva o le iniziative che dovesse promuovere prossimamente? Proprio per queste ragioni Renzi ha annunciato su Facebook, come riferisce anche l’Ansa, di aver presentato tre denunce penali, che riguardano Marco Travaglio (direttore del Fatto Quotidiano), il giornalista Gigi Riva dell’Espresso e il quotidiano La Verità. Secondo i Pm Luca Turco e Antonino Nastasi, che vogliono far luce sui “significativi intrecci” tra i tanti sponsor privati e almeno due degli esponenti più attivi della Fondazione Open, la Wadi Ventures di Carrai sarebbe stata “destinataria di somme di denaro di investitori italiani”, imprenditori o aziende “già sostenitori della Fondazione Open”.
La vicenda giudiziaria che riguarda la Fondazione Open e la galassia renziana riconduce la riflessione al tema del finanziamento della politica. L’indagine riporta in particolare l’attenzione sul finanziamento ai partiti politici dopo che la legge n. 13/2014 ha abrogato il finanziamento pubblico. I partiti sono diventati poveri e trasparenti, mentre le fondazioni politiche ricche e opache. I partiti devono dotarsi di uno statuto e indicare i propri finanziatori, le fondazioni no. Secondo il sito Openpolis.it, sono 121 le strutture censite, di cui solo 101 quelle ancore attive. Oltre il 52% nasce come corrente di partito, ma solo il 35% ha gli standard propri della fondazione (ricerca scientifica e formazione politica). Lo statuto è disponibile online solo nel 45% dei casi, il 19% presenta bilanci pubblici rintracciabili, il 6,9% pubblica l’elenco degli associati e solo il 2,9% quello dei finanziatori/donatori privati. La legge cosiddetta “spazzacorrotti” ha equiparato le fondazioni ai partiti. La commissione di garanzia sui bilanci dei partiti, composta da cinque magistrati, monitora sul rispetto degli obblighi di trasparenza.
Ma una commissione d’inchiesta sul finanziamento pubblico ai partiti, l’ennesima, che cosa dovrebbe portare alla luce? Sembra il classico espediente gattopardesco per far finta di cambiare tutto, affinché nulla cambi. Il nodo da sciogliere, piuttosto, è un altro: quello della selezione meritocratica e trasparente della classe dirigente. Se i torbidi meccanismi di finanziamento della politica attraverso le fondazioni si accompagnano alla designazione di candidati incompetenti e inadeguati ai ruoli da ricoprire, tutto finisce per concorrere allo scadimento della qualità della politica, con un progressivo deterioramento delle condotte istituzionali. Da dove cominciare per invertire la rotta? È questa la vera domanda da porsi.