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SCUOLA VINCENTE

Omogeneità: una scelta fuori dal coro

A Lisbona si sta tenendo un convegno sull'educazione omogenea per sesso. Classi di soli maschi e di sole femmine. Insomma, un tabù che pare antico ma che si sta rivelando, tra gli studiosi, formativamente vincente.

Educazione 20_04_2013
Educazione Omogenea

Educazione omogenea per sesso: una scelta all'avanguardia? Questo (ma senza il punto interrogativo) è il titolo del 4° Congresso Internazionale sull’educazione single-sex (Lisbona, 19-20 aprile 2013). Potrà sembrare strano, ma c’è chi è convinto (anche in Italia) che, nel giro di pochi anni, quel punto interrogativo diventerà esclamativo.

Il dato oggettivo è che questo modello educativo, pur essendo minoritario, sta cessando di costituire un tabù tra studiosi, insegnanti e genitori. E il numero di persone che lo guardano con interesse sembra in lento, ma costante aumento.

Sorprende l’esistenza – in un contesto socio-culturale che si muove in tutt’altra direzione – di scuole monogenere maschili e femminili (poche), di scuole miste con classi maschili e femminili (in Italia erano la norma fino agli anni Settanta-Ottanta), o di scuole miste con classi miste ma che separano gli alunni dalle alunne in alcune circostanze, quando cioè le loro rispettive esigenze di crescita armonica lo consiglino (a giudizio di docenti o genitori). Tutte cercano di rispondere alla necessità, sempre più evidente, di trattare in modo adeguato le specificità maschili e femminili anche a scuola.

Sulla stampa italiana spesso trovano spazio notizie relative alla efficacia delle classi omogenee per sesso. Un caso recente è quello del saggio pubblicato da due studiosi dell'Università della California, Giovanni Peri e Massimo Anelli, che hanno analizzato 30 mila studenti italiani, su un arco di quindici anni, dal 1985 al 2000, di cui si è occupata Tonia Mastrobuoni sulle pagine de La Stampa dell’11 febbraio scorso. 

È significativa, inoltre, la costanza con cui dal 2007, ogni due anni, si succedono congressi europei su questo tema. Quello di Lisbona, il cui titolo in inglese suona “Single-sex education. A forefront option”, come i precedenti, è organizzato dall’Associazione EASSE (European Association of Single-Sex Education), che ha sede a Londra e che, senza scopo di lucro, riunisce persone ed enti con finalità educative di sedici Paesi europei. Sono circa 450 i centri educativi (per un totale di oltre 200.000 alunni) che fanno riferimento ad EASSE.

Tra i relatori di Lisbona, oltre a Josep Maria Barnils, Direttore generale di EASSE, e a Margarida Garcia Dos Santos, Presidente di EASSE Portogallo, Alfonso De Salas, Direttore del Programma di Diritti Umani del Consiglio d’Europa, Jaume Camps, Professore dell’Università Internazionale di Catalogna e altri esperti.

Sul piano scientifico si moltiplicano soprattutto le ricerche che evidenziano la necessità di una maggiore attenzione alle esigenze educative degli alunni maschi, tra i quali la percentuale di insuccesso nello studio è significativamente più alta che tra le alunne. Tra le diverse cause esplicative del problema pare che ci sia anche il ridotto numero di uomini che si dedicano all’insegnamento scolastico, soprattutto nel primo livello dell’istruzione. Non è un caso quindi che l’organo della Commissione Europea in materia di educazione, Eurydice, nel 2010 abbia invitato i Governi dei Paesi della Unione Europea ad adottare misure tendenti a riequilibrare la distribuzione numerica degli insegnanti tra i due sessi. Per avere un’idea basti sapere che, per esempio, nella scuola primaria italiana la percentuale dei docenti maschi non arriva al 5%. 

In Italia, il lavoro scientifico più recente è probabilmente quello in corso di pubblicazione sul prossimo fascicolo della "Rivista Giuridica della Scuola", autorevole bimestrale diretto da Michele Salazar (Laruffa Editore, Raggio Calabria). Il saggio, a firma di José Luis Martínez López-Muñiz (professore di diritto amministrativo dell’università di Valladolid) tratta dell’ “Attività scolastica omogenea per sesso e del diritto fondamentale all’educazione in libertà”, tema che l’autore aveva già affrontato in un convegno organizzato dall’università di Palermo.

In chiusura, qualche parola va spesa anche per le due ricercatrici dell’Ateneo palermitano, Chiara Ferotti e Rossana Sicurello, che proprio al Congresso di Lisbona presenteranno due ricerche che evidenziano il crescente interesse del mondo accademico per l’attenzione alle specificità maschili e femminili in educazione. Mentre il lavoro di Ferotti è focalizzato sulla scuola media, quello di Sicurello, si è basato su un programma di osservazione del comportamento e dell’apprendimento di bambini e bambine nella scuola primaria, prendendo in considerazione sei scuole di Palermo e di Agrigento scelte secondo i seguenti criteri: tipologia istituzionale (statali/paritarie), tipologia organizzativa (mista/omogenea),  città/provincia. Da questa ricerca è emerso che “i docenti coinvolti sono stati concordi nel riconoscere” determinate “differenze tra maschi e femmine nel comportamento e nell’apprendimento” e nel ritenere che la consapevolezza di tali differenze da parte degli insegnanti sia “utile per impostare un intervento didattico che possa promuovere l’originalità di ciascuno”. Ne è venuta fuori una griglia di osservazione che non mancherà di essere arricchita in ulteriori fasi della ricerca.