Omofobia, una legge che discrimina gli omosessuali
«Una legge anti-omofobia ostacola l’integrazione dei giovani omo-transessuali nella società. È importante che si tratti la persona come prima della scoperta dell’attrazione verso lo stesso sesso, cioè come persona “normale” e intera. Bisogna fare in modo che il giovane non si senta “minoranza sessuale” con il mondo contro, come gli direbbe implicitamente una legge anti-omofobia». Contro il Pdl Zan sull'omofobia tocca all'associazione AGAPO.
Proseguiamo con gli interventi degli esperti chiamati in audizione alla Camera per opporsi alla proposta di legge Zan sull'omofobia e che non sono stati ascoltati. Oggi tocca a Michael Galster, presidente di Agapo, associazione che riunisce i genitori di figli con tendenza omosessuale o disforia di genere.
Come genitori di figli con tendenza omosessuale o disforia di genere abbiamo forti motivi per ritenere che la legge anti-omofobia proposta contribuisca più ad acuire i problemi dei nostri figli piuttosto che a risolverli. La proposta di legge rispecchia le posizioni delle associazioni LGBTQI*, le quali, pur rappresentando soltanto una parte della popolazione in questione, tendono a considerare illegittime quasi tutte le altre opinioni al riguardo, con, come noto, potenziali problemi per la pluralità e libertà d’espressione. In particolare, nello scritto che segue ci preme esternare il dentro della questione, per porre in evidenza i gravi effetti che la proposta di legge avrebbe sulla popolazione che si ha la pretesa di voler tutelare.
1. Rispetto al presunto vuoto legislativo, va preso atto che fattivamente le leggi per contrastare la violenza e la discriminazione nei confronti delle persone omo-transessuali esisterebbero già (inclusa l’aggravante per “motivi abietti” dell’articolo 61 del codice penale). La magistratura non le applica? Quali dati ci sono per sostenere tale ipotesi? Quanti sono i casi in cui la magistratura italiana viene meno ai suoi obblighi? Sia chiaro, qualora fosse confermato che la magistratura non applica le leggi esistenti per contrastare l'omo-transfobia, è inutile farne delle nuove, senza aver prima risolto il problema a monte, cioè quello dell’inadempienza della magistratura.
2. Con la proposta di legge anti-omofobia si intende estendere di fatto la logica della normativa anti-razzista all’omo-transessualità, equiparando le due situazioni, ovvero “etnicizzando” la popolazione omo-transessuale. Ma sono davvero due situazioni paragonabili? Come ogni persona con un coniuge, un figlio adottivo, uno stretto amico di colore o etnia diversa, sa che la razza è una “costruzione sociale”, soggetta a trasformazioni, che in assenza di pregiudizi, perde ogni suo significato specifico sul piano relazionale intimo-affettivo (diversamente dalla differenza nell’attrazione sessuale per la vita affettiva e intima). D’altro lato, nella sfera pubblica e lavorativa, la posizione sociale delle persone omosessuali non risulta affatto essere inferiore a quella della media della popolazione comune. Quindi non necessita di tutele o promozioni generalizzate o generalizzanti (come può essere opportuno nel caso delle persone di colore).
3. A tal proposito va annotato che la maggior parte delle persone omosessuali non vuole essere affatto considerata appartenente a un’”etnia” o “razza” a sé - e nemmeno a un terzo genere o simile -, non desidera affatto che gli venga assegnata da terzi, ossia dallo Stato, un’identità predefinita ed “etnicizzata”. Perfino nei casi in cui la persona omosessuale è vittima di ingiurie o di altre forme di aggressione.
4. Una legge anti-omofobia ostacola l’integrazione dei giovani omo-transessuali nella società. Quando un giovane entra nella pubertà e si scopre eroticamente attratto da persone dello stesso sesso - mentre il resto dei compagni sviluppa e dimostra interesse per l’altro sesso - vive un profondo momento di solitudine. Intuisce che il suo diverso orientamento sessuale influenzerà le sue relazioni, le amicizie, gli affetti, il suo modo di stare nel mondo. Come tutti i giovani a quell’età vorrebbe far parte del gruppo dei coetanei, dei pari, ma corre un forte rischio di ritrovarsi etichettato, a volte anche con nobili intenzioni, oppure escluso. Teme gli atteggiamenti “speciali” che i compagni gli riserveranno o già gli riservano, di sottile ironia, di avversione, di ostilità, ma il più delle volte di ostentata solidarietà e di velleità protettive verso chi viene a priori inquadrato come debole. In questa situazione, a nostro avviso, le famiglie così come la società, hanno soprattutto il compito di aiutare il ragazzo a sdrammatizzare: aiutare a comprendere che la sua persona è molto di più dell’orientamento sessuale e che l’impulso sessuale stesso non comanda la persona, inoltre che non è costretto ad accettare un’identità predefinita. Di conseguenza è importante che si tratti la persona come prima della scoperta dell’attrazione verso lo stesso sesso, cioè come persona “normale” e intera, e, come tale, con tante componenti differenti afferenti alla propria personalità e alla propria storia. Bisogna fare in modo che il giovane non si senta “minoranza sessuale” con il mondo contro, come gli direbbe implicitamente una legge anti-omofobia.
A nome dei giovani omosessuali e di chi davvero ha a cuore il loro bene chiediamo alla politica di rinunciare alla legge anti-omofobia, perché una tale legge nella sostanza non aggiunge alcuna tutela a loro favore. Anzi rischia di ottenere il risultato contrario a quello che si prefigge e contribuisce comunque ad alimentare l’etichettatura e la ghettizzazione delle persone.
*Presidenza AGAPO
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