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CONTRO LA PDL ZAN/6

Omofobia, la legge ostacola la ricerca scientifica

“Il fatto di ritenere che l’omosessualità sia legata ad una caratteristica genetica potrebbe essere considerato discriminante, ma potrebbe, con argomentazioni alternative, essere ritenuto discriminante il caso opposto, in entrambi i casi il ricorso ad una legge Mancino estesa interferirebbe con il libero corso della ricerca scientifica”. Contro la PdL Zan tocca ora al divulgatore scientifico Enzo Pennetta. 

Attualità 17_03_2020

Proseguiamo con gli interventi degli esperti chiamati in audizione alla Camera per opporsi alla proposta di legge Zan sull'omofobia e che non sono stati ascoltati. Oggi tocca al divulgatore scientifico Enzo Pennetta. 

La proposta di estendere la legge Mancino dalle discriminazioni per motivi razziali, etnici, nazionali e religiosi agli aspetti legati all’orientamento sessuale o alle questioni di genere è da considerarsi controproducente e antiscientifica e per tale motivo da respingere.

Nell’attuale legge Mancino la diversificazione di trattamento viene condannata in quanto l’appartenenza ad una razza ad una etnia o ad una nazione o religione, non costituiscono ai fini delle regole sociali di equità un motivo per operare trattamenti differenziati riguardo alcuni diritti come ad esempio l’accesso a luoghi pubblici o strutture di vario tipo.

La differenza sta nel fatto che nel caso delle categorie di sesso o di genere la distinzione è parte stessa delle rivendicazioni di identità e conseguentemente la differenziazione riguardo alcuni diritti e trattamenti è prassi socialmente riconosciuta e spesso espressamente richiesta proprio per garantire un equo trattamento dei soggetti interessati.

Per fare un esempio di vita quotidiana l’accesso differenziato ai servizi igienici in base alla razza, etnia, nazionalità o religione sarebbe un inammissibile atto di ingiustizia, nel caso del sesso si tratta invece di una pratica comunemente condivisa che si manifesta con la realizzazione di locali separati, ala stessa cosa avviene per gli spogliatoi dei centri sportivi e nei reparti ospedalieri.

Per garantire un’equità di trattamento tra i due sessi vengono anche accettate e comunemente condivise, delle differenziazioni quali ad esempio la diversa età pensionabile la sospensione del lavoro per maternità, la differenziazione delle categorie maschile e femminile nelle competizioni sportive, in tali casi infatti la “discriminazione” è necessaria proprio per assicurare l’equità.

Quello che appare evidente è che nel voler mettere in una stessa legge questioni come la razza, l’etnia, la nazionalità e la religione, insieme all’appartenenza ad un sesso o ad un genere, significa effettuare delle operazioni tra grandezze incommensurabili e pertanto risulta intrinsecamente errata.

È l’identificazione stessa con un sesso o un genere ad essere possibile, ed essere richiesta dagli stessi interessati, solo in quanto atto di distinzione (discriminazione) basato sulla non uguaglianza, questa però non si manifesta come una “diversità” che implica una divergenza, cioè qualcosa che allontana, ma come una “differenza”, cioè qualcosa che completa, che avvicina.

Punire le “discriminazioni”, termine dalle implicazioni negative, in un campo nel quale gli stessi interessati chiedono di essere “distinti” in categorie “differenti” creerebbe degli ostacoli alla rivendicazione stessa delle identità che si vogliono garantire e un dannoso sospetto di illiceità delle legittime richieste di distinzione.

Emerge da queste considerazioni come una legge contro le discriminazioni, quale è la legge Mancino, abbia ragione di essere nel caso in cui vada a sanzionare dei trattamenti differenziati tra soggetti indifferenziati, nel caso delle identificazioni sessuali si andrebbe invece a colpire dei trattamenti differenziati tra soggetti che richiedono essi stessi di essere considerati come differenziati, in questo caso il rischio di operare in modo iniquo intervenendo sulle differenziazioni richieste dagli interessati sessi è reale.

Ancor più problematica si pone la questione nell’ambito della ricerca scientifica come ad esempio quella sulla studi sull’identità di genere, in questo caso un’estensione della legge Mancino otterrebbe un effetto paradosso con il quale si creerebbero i presupposti per andare a colpire gli stessi interessi dei soggetti LGBTQ.

Prendiamo ad esempio gli studi di genetica sui geni che alcuni ricercatori sostengono essere legati all’omosessualità, secondo alcune ipotesi tali geni potrebbero essere decisivi per determinare l’omosessualità, secondo altre potrebbero al contrario essere accessori, il riferimento è ad esempio al gene denominato Xq28 che sembra avere queste caratteristiche.

Il fatto di ritenere che l’omosessualità sia legata ad una caratteristica genetica potrebbe essere considerato discriminante, ma potrebbe, con argomentazioni alternative, essere ritenuto discriminante il caso opposto, in entrambi i casi il ricorso ad una legge Mancino estesa interferirebbe con il libero corso della ricerca scientifica.

Per tutti questi motivi l’estensione della legge Mancino alle questioni legate all’orientamento sessuale o alle identità di genere è da considerarsi non solo concettualmente errata ma anche dannosa per i soggetti che si vorrebbe tutelare e infine una minaccia alla libertà della ricerca scientifica.

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