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DATI E SMENTITE

Omofobia, i numeri flop di un falso allarme

La Stampa auspica l'urgenza dell'approvazione della legge sull'omofobia. Ma a smentirla arrivano i dati dell'Osservatorio sulla discriminazione di Polizia e Carabinieri: appena 13 casi dall'inizio dell'anno, in calo rispetto al 2016. Gay e trans molto meno discriminati di altre categorie, come i credenti, che sono in vetta. E quando discriminazione avviene a farla è un gay. 

Attualità 14_11_2017

L’omofobia è l’unicorno, il Big foot, il mostro di Loch Ness di cui tutti parlano, ma che nessuno o pochissimi hanno visto. E questi pochissimi non hanno le prove che esistano simili creature. E’ questo il dato che emerge da una recentissima indagine dell’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori (Oscad) ente istituito presso la Polizia di Stato e l’Arma dei Carabinieri e che quindi risponde al Ministero dell’Interno. Dal primo gennaio ad oggi i casi segnalati di “omo/transfobia” sono solo 13. Sì, avete letto bene: tre-di-ci (dati simili li troviamo anche nel report redatto dall’associazione pro-gay Parks. L’omofobia perciò dovrebbe essere segnalata a “Chi l’ha visto?”. Eppure proprio il 5 di novembre scorso La Stampa titolava in prima pagina: “Il Parlamento dimentica la legge contro l’omofobia”. Testo di legge voluto da Ivan Scalfarotto, omosessuale dichiarato, e fermo alla Camera dal settembre del 2013, forse proprio perché tutti – anche i simpatizzanti della sessualità arcobaleno – hanno capito che non solo sarebbe una legge inutile, dal momento che non esiste nessuna emergenza “omofobica”, ma pure lesiva della libertà di espressione e di religione.

Marilena Grassadonia, presidente dell’Associazione Famiglie Arcobaleno, ignara delle cifre che l’Oscad avrebbe fornito dietro richiesta dell’on. Carlo Giovanardi di lì a pochi giorni, nell’articolo della Stampa a cui abbiamo prima fatto cenno affermava con invidiabile sicumera: “La legge contro l’omofobia è fondamentale, ogni giorno ci troviamo di fronte a casi di ragazzi e ragazze che hanno difficoltà a raccontare sé stessi. Hanno il diritto di crescere in serenità ma questo Paese non glielo permette. Anzi, gli episodi di omofobia in questi anni sono persino aumentati”. Questo è falso. Infatti non solo i casi di “omofobia” sono meno delle ore di un giorno, come abbiamo visto, ma sono pure in diminuzione. Sempre l’Oscad infatti ci informa che nel 2016 erano 80, contro i 13 di quest’anno. Tra l’altro i numeri sono così esigui che basta una scazzottata ad un gay pride qualsiasi per far impennare il numero totale di casi di “omofobia”.

Se poi andiamo a vedere il trend nell’arco degli anni scopriamo che lo scenario è il medesimo: solo 149 segnalazioni aventi possibile rilievo penale tra il 2010 e il 2017. Tra cui 110 casi in cui la segnalazione riguarderebbe ingiurie, diffamazione e calunnie (nel report dell’Oscad questi reati possono accompagnarsi ad altri reati). E’ facile supporre che in alcuni, pochi, molti, non si sa quanti casi il presunto calunniatore in realtà abbia espresso un proprio legittimo pensiero, ma che alle orecchie della persona omosessuale sia parso invece come una vera e propria offesa. Insomma una cosa è la percezione soggettiva di aver subito un torto, un’altra è l’esistenza oggettiva del torto. Ciò per dire che l’Oscad ha sì registrato un tot numero di segnalazioni, ma questo non significa che ognuna di tali segnalazioni indichi realmente un atto di ingiusta intolleranza. Infatti l’Oscad tiene a precisare che le segnalazioni di reato non sostituiscono le denunce di reato – conteggiate anch’esse dall’Oscad – e a sua volta la denuncia di reato non comporta automaticamente che il reato si è realmente consumato. Insomma i numeri di casi di reale e ingiusta discriminazione potrebbero abbassarsi ancor di più.

E’ poi interessante vedere come si suddivide la torta delle discriminazioni a seconda delle motivazioni. I reati a sfondo discriminatorio, segnalati sempre tra il 2010 e il 2017, sono nel 60% dei casi attribuibili a motivazioni legati all’etnia e alla razza, nel 18% dei casi a motivi di carattere religioso, solo nel 13,5% dei casi il motivo concerne l’orientamento sessuale, per arrivare all’1% dei casi in cui la discriminazione riguarda la cosiddetta “identità di genere”, cioè segnalazioni giunte da persone transessuali. Quindi i veri discriminati, dopo le persone non di razza caucasica, sono i credenti. Più discriminati loro che i gay e i trans. Eppure nella vulgata corrente le parti sono invertite: il cattolico è il carnefice e la vittima è l’omosessuale. Potenza dell’ideologia.

I numeri delle segnalazioni, il cui conto sta su tre mani, comprova inoltre che l’omofobia – termine fantastico più che fantasioso – non c’entra nulla, bensì il fenomeno dilagante è il suo esatto opposto: il panico per chi non è gay friendly e l’odio ideologico per la sua persona.

Si obietterà: le segnalazioni sono poche perché pochi hanno il coraggio di denunciare. Risposta. In primo luogo è una supposizione, occorrerebbe fornire le prove. In secondo luogo viviamo in un ambiente culturale così prepotentemente a favore della cultura omosessualista che l’outing è ormai diventato quasi obbligatorio. Appena c’è solo il più lontano sospetto che Tizio sia stato discriminato perché gay ecco che corrono in suo soccorso i giornali, politici, ministri, sacerdoti, vescovi e autorità locali (ma prima di tutti arriva Laura Boldrini). Tutto concorre a creare un clima di accoglienza per eventuali segnalazioni. In terzo luogo, ed è l’aspetto più importante, chi segnala può richiedere l’anonimato e quindi cosa dovrebbe temere?

Infine c’è da domandarsi: quale è l’identikit del vero discriminatore? Sorpresa: la persona omosessuale e transessuale. Il blog Gender Watch News della Bussola scriveva proprio il 30 ottobre scorso: “David Island e Patrick Letellier, due attivisti gay, hanno scritto un libro dal titolo ‘Uomini che picchiano uomini che li amano’. E’ uscito un quadro delle violenze alle persone omosessuali che confuta il politicamente corretto. Risulta infatti che nel 99,7% dei casi di violenza su omosessuali il colpevole sia un’altra persona omosessuale. Le lesbiche subiscono violenza da altre donne lesbiche 44 volte di più delle donne sposate eterosessuali, i gay 300 volte di più”. Dati simili li troviamo anche in altre ricerche (cfr. Letting Out the Secret: Violence in Lesbian Relationships, in Journal of Interpersonal Violence, 1994; Battering victimization among a probability-based sample of men who have sex with men, in American Journal of Public Health, 2002; Intimate Partner Abuse among Gay and Bisexual Men: Risk Correlates and Health Outcomes, in Urban Healt, 2007; Intimate Partner Violence Among Men Who Have Sex With Men: A Systematic Review, in Trauma, Violence and Abuse, 2012; Dating Violence Experiences of Lesbian, Gay, Bisexual, and Transgender Youth, in Urban Institute, Justice Policy Center, 2013; Associations between Intimate Partner Violence and Health among Men Who Have Sex with Men: A Systematic Review and Meta-Analysis, in PLOS Medicine, 2014).

In sintesi, l’ “omofobia” come fenomeno sociale non esiste, esistono solo sporadici casi in costante diminuzione e in questi casi colui che ingiustamente discrimina il più delle volte è una persona omosessuale o transessuale. Il resto sono solo chiacchiere.