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Politica

Omofobia e Mes, Forza Italia strizza l'occhio alla sinistra

È ricominciata l'era del trasversalismo, con Forza Italia che vota assieme alla sinistra per Ddl Zan e per il Mes, lasciando soli Fratelli d'Italia e Lega. 

Gender Watch 18_07_2020

Le crepe si sono aperte anche sul ddl Zan sull’omofobia e mostrano che Forza Italia vuole tenersi le mani libere su tutto. In commissione giustizia, alla Camera, nei giorni scorsi, si è consumato un vero e proprio tradimento azzurro, perché i deputati berlusconiani hanno a sorpresa annunciato, ufficialmente “in segno di apertura”, l’astensione sul provvedimento, lasciando da soli Lega e Fratelli d’Italia a fare le barricate.

Una scelta alquanto discutibile che svela le trame di realpolitik delle truppe berlusconiane in Parlamento. Trattano con tutti e su tutto, pur di tenere in vita la legislatura, visto che con il misero 5-6% che raccolgono nei sondaggi, in caso di voto anticipato verrebbero condannati all’irrilevanza. In questo caso, però, da sedicente forza liberale, stanno contraddicendo se stessi, perché hanno indebolito il fronte di opposizione a un disegno di legge liberticida, che rischia di compromettere quella libertà d’opinione da sempre bandiera delle battaglie di Forza Italia.

Che ci siano scricchiolii in entrambi gli schieramenti e che trasversalismo e trasformismo rimangono le cifre dominanti di questa legislatura lo si capisce ogni giorno. Basti pensare allo scontro sul Mes, che vede Forza Italia andare in soccorso del Governo, visto che i voti dei grillini potrebbero non arrivare o arrivare solo in parte. Ma il campanello d’allarme per tutti è quello del 20 settembre. A meno di un riesplodere della pandemia, che nessuno si augura, quella domenica si terranno le elezioni regionali in ben 6 regioni. Li’ si giocherà una partita molto importante all’interno delle coalizioni e tra le coalizioni. E da quella prova elettorale, oltre che dall’evoluzione della situazione economica, dipenderà il futuro del Governo.

Cinque Stelle e Pd si presentano uniti solo in Liguria, dove il giornalista del Fatto Quotidiano Ferruccio Sansa contenderà la guida della regione al governatore uscente Giovanni Toti, appoggiato da tutto il centrodestra. Per il resto, gli alleati di governo corrono separati ovunque, rischiando di rimediare sconfitte in regioni dove ora governano (Puglia e Marche). Più semplice all’apparenza la sfida in Toscana e Campania, dove i candidati del centrosinistra sono in vantaggio e non hanno bisogno della stampella pentastellata. Non c’è partita in Veneto, dove il leghista Luca Zaia veleggia nei sondaggi oltre il 60%. Questa campagna elettorale, però, porterà gli alleati di governo, già divisi su tutto, ad accentuare ancor più le differenze, proprio perché agli elettori delle regioni chiamate al voto chiederanno consensi ciascuno per conto proprio.

Il centrodestra, invece, si presenta unito ovunque, ma questo non deve illudere l’elettorato di quella area politica perché, come si è visto in questi mesi, l’atteggiamento di Forza Italia è ondivago e filo-governista. Ecco anche perché i berlusconiani la pensano diversamente da Matteo Salvini e Giorgia Meloni sul sistema elettorale. Loro vorrebbero il proporzionale, per essere sempre e comunque determinanti, mentre Fratelli d’Italia e Lega premono per una riforma maggioritaria secca, che consenta alla coalizione vincente di governare stabilmente con un premio di maggioranza, evitando inciuci a urne chiuse.

E le prove di questo rinascente “Patto del Nazareno”, oltre che sul Mes e sul disegno di legge Zan sull’omofobia, si sono viste in occasione delle nomine all’Autorità Garante della privacy e, soprattutto, all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, dove Forza Italia è riuscita a piazzare la sua fedelissima Laura Aria e il Pd ha fatto eleggere l’ex sottosegretario alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli, da sempre in buoni rapporti con Mediaset. Ciò consentirà per i prossimi sette anni al polo televisivo berlusconiano di dormire sonni tranquilli.

Questi continui abboccamenti tra settori della maggioranza e vertici azzurri potrebbe culminare in due ulteriori passi. Il primo è il passaggio, da Forza Italia a Italia Viva, di alcuni parlamentari che, in questo modo, potrebbero puntellare un esecutivo claudicante e assicurargli una navigazione più tranquilla e al riparo da eventuali scissioni grilline. In verità c’è anche chi pronostica un rimpasto o addirittura la sostituzione di Giuseppe Conte con un altro premier gradito a Silvio Berlusconi.

Il secondo è un grande accordo tra le forze di governo per eleggere, fra un anno e mezzo, un Presidente della Repubblica europeista e anti-sovranista, anche con i voti di Forza Italia che, lo ricordiamo, in questa legislatura, sono numericamente quasi gli stessi, sia in Senato che alla Camera, della Lega. In cambio il Cavaliere potrebbe ottenere la tanto sospirata nomina a Senatore a vita, anche come gesto di risarcimento per l’ingiusto trattamento che gli ha riservato per anni la giustizia italiana. Gianni Letta tesse la tela, il Governo punta su questa trasversalità per sopravvivere e i parlamentari sperano in altri 3 anni di stipendio, mostrandosi disponibili a ingoiare qualsiasi rospo.