Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
IL CASO

Omoeresia e riparazioni: alta tensione a Reggio

Dopo le polemiche dell'anno scorso a Reggio Emilia si riaccende lo scontro sulla veglia per le "vittime dell'omofobia" promossa da un parroco. Nasce un comitato di preghiera per la riparazione: "Per chiedere allo Spirito Santo di illuminare e convertire le menti e i cuori di queste persone". Il parroco li attacca, ma scivola sulla castità: "Per noi preti è difficile". E indica che il vero obiettivo è colpire la dottrina. 

Attualità 12_05_2018
Don Paolo Cugini

Secondo il parroco reggiano don Paolo Cugini la castità non deve essere presa in considerazione per le persone omosessuali perché già “facciamo fatica noi preti a vivere la castità. Immaginarsi se la si può imporre a vita a persone laiche pur credenti”. La frase è una delle “perle” che il prete ha rilasciato a gay.it nel corso di un’intervista arrivata a coronamento di una settimana incandescente vissuta in Diocesi a Reggio Emilia.

Qui, il 20 maggio si “sfideranno” a colpi di Rosario e letture bibliche due concezioni opposte della sessualità e della Chiesa. Da un lato una veglia di preghiera contro le vittime dell’omofobia e di ogni forma di discriminazione che si terrà nella parrocchia amministrata da don Cugini, Regina Pacis, che si trova in centro a Reggio Emilia. Con don Cugini ci sarà anche Lidia Maggi, pastora dell’Unione cristiana evangelica battista d’Italia (UCEBI), il cui presidente nazionale si disse ampiamente soddisfatto riguardo alla legge sulle “unioni civili”.

Facile immaginare come il tema delle discriminazioni, per la verità mai documentato scientificamente almeno in Italia, possa virare sul genere rivendicazioni & affini con il placet dell’autorità religiosa.

Così, sul versante opposto si è mosso un gruppo di fedeli costituitisi nel Comitato 20 maggio che per la stessa giornata ha indetto una veglia di riparazione “per chiedere allo Spirito Santo di illuminare e convertire le menti e i cuori di queste persone e per chiedere perdono del tradimento di pastori diventati ormai sacerdoti dell’ideologia dominante”.

Si tratta della ripetizione di quanto accadde lo scorso anno in occasione del ReEmilia pride che si svolse proprio a Reggio Emilia in giugno. Anche allora, sempre a Regina Pacis si svolse una veglia simile e anche allora, un comitato di fedeli aveva pregato in riparazione al Gay Pride poche ore prima dell’inizio della sfilata gaia.

Quest’anno si concede il bis e stando alle polemiche che stanno divampando sui giornali la tensione è destinata a crescere.

Anzitutto perché don Cugini non sembra per nulla intenzionato a interrompere la sua “marcia” nel riconoscimento dei diritti degli omosessuali. Lui, prete barricadero che da missionario fidei donum in Brasile celebrava con maglietta di Che Guevara e stola, parla contro ogni forma di discriminazione, ma salì agli onori delle cronache alcuni anni fa per aver impedito un incontro in parrocchia delle Sentinelle in piedi. Invece ai cosiddetti cristiani Lgbt la parrocchia la apre molto spesso. Almeno stando al suo blog nel quale registra con dovizia di particolari ogni tipo di evento.

Ad esempio, il 16 aprile scorso ha ricevuto persino la visita del vescovo di Reggio Massimo Camisasca. E’ lo stesso don Cugini a informare di quella presenza con una foto in cui si vede il pastore reggiano mescolato tra i partecipanti e citando alcune parole che Camisasca avrebbe pronunciato all’uditorio: “Ogni persona ha il suo mistero, noi dobbiamo essere attenti al mistero di ciascuno", avrebbe detto il vescovo dando così la possibilità al parroco di dire: “Sono parole chiare: parresia e misericordia” per poi riportare altri stralci di Camisasca: "Questo non vuol dire non avere giudizi, ma avere giudizi non vuol dire criticare le persone e le cose”, “la Chiesa vi accoglie” e “attenzione al mistero di ciascuno, alla vocazione di ciascuno...”.

Camisasca avrebbe potuto anche esprimere un giudizio netto sugli atti e non sulle tendenze, ma la distinzione non emerge nell’articolo di don Cugini, così come non emerge se Camisasca, oltre a citare frasi che si possono trovare anche nel Catechismo, abbia anche aggiunto quelle parole in cui si richiama il fedele, qualunque fedele, ad una vita di castità e quello con tendenza omosessuale alla continenza e all’amicizia disinteressata. E non emerge perché don Cugini ad oggi è l’unica fonte di quell’incontro col vescovo che aveva tutta l’aria di dover rimanere confinato nel riservato di un cammino di fronte al quale di solito ci si avvicina con riservatezza e senza scriverlo sui blog.

Ma la presenza di Camisasca nella sua parrocchia era troppo ghiotta per don Cugini il quale ha potuto così mostrare lo scalpo di avere finalmente il vescovo dalla sua. Forte di questa presenza, che ha tutta l’aria di essere stata strumentalizzata, il sacerdote ha così lanciato qualche giorno dopo la veglia antiomofobia con la “pastora” protestante attaccando “i gruppi tradizionalisti cattolici” che “negano l’omofobia”.

L’attivismo del sacerdote ha poi provocato la reazione del gruppo di fedeli che si è lanciato nell’annuncio e nell’organizzazione della veglia di riparazione.

Da parte sua il comitato non cessa di ribadire quella che è ancora oggi la dottrina cristiana in materia di omosessualità: “È davvero disgustoso come il Cugini rovesci completamente la realtà e sostituisca la Verità con la menzogna. L’unica via, per le persone con tendenza omosessuale, è un percorso di fede per riappropriarsi della propria identità, in cui il ruolo della castità è centrale e assoluto, come d’altronde per chiunque non sia sposato sacramentalmente in Chiesa”.

Si arriva così agli ultimi giorni, mentre i principali giornali, da Repubblica al Fatto Quotidiano, ghiottamente, sguazzano nella querelle. Ed è proprio sul tema della castità che don Cugini viene stuzzicato dall’intervistatore di Gay.it, Francesco Lepore, giornalista e licenziato in dogmatica che gli pone la domanda “sull’assoluta castità quale unica via d’uscita per le persone omosessuali alla luce anche di testi magisteriali”. La risposta è quella di cui si è detto all’inizio.

Eppure la castità sacerdotale è qualcosa di ben diverso, una grazia, un dono, una scelta libera. Di più, un’imitazione di Cristo, da comprendere solo alla luce della fede, come lo stesso vescovo di don Cugini ha ribadito spesso quando era superiore della Fraternità San Carlo Borromeo e anche recentemente  in occasione di due dolorosi casi di sacerdoti “fuggiti” dalla diocesi quando Camisasca si rivolse ai suoi sacerdoti con toni paterni e fermi.

Ridurre la castità a semplice giogo imposto in nome di una dottrina nemica dell’uomo non sembra essere la chiave migliore per comprendere quanto sta accadendo non solo nel clero, ma anche nel laicato. Ma forse il punto è proprio quello sulla dottrina, perché al di là delle scaramucce tra don Cugini e il comitato 20 maggio, il vero problema che traspare dall’intervista del sacerdote a gay.it è proprio quello della dottrina, che, non certo da oggi, è pesantemente sotto attacco dall’interno proprio nel giudizio da dare ai rapporti omosessuali e non solo alle tendenze, definite comunque come “disordinate”.

Don Cugini infatti, nel raccontare come si svolgono gli incontri in parrocchia ha detto: “Secondo uno stile ben preciso: mettere al centro la persona prima della dottrina”.

Poco prima il giornalista aveva descritto Camisasca come ciellino e “sostenitore di Courage”. Ecco scoperto l’arcano: sul banco degli imputati ci sono la dottrina sull’omosessualità (in particolare il Catechismo e la nota dottrinale del 1986 dell’allora prefetto Ratzinger) e Courage, l’unico apostolato di preghiera che la Chiesa incoraggia e riconosce per le persone con tendenza omosessuale, e che non a caso mette al centro proprio la castità e l’amicizia disinteressata.

Dietro le polemiche di questi giorni a Reggio non c’è altro che un’operazione condotta dall’associazionismo gay con la complicità di cattolici come il portale Gionata.org e preti ideologicamente orientati, i quali non fanno mistero di mascherare posizioni omoeretiche già “felicemente” viste all’opera altrove.

Intanto il comitato ha promosso ieri una petizione sulla casella di posta del vescovo di Reggio per chiedere l’annullamento della veglia antiomofobia. Camisasca non è ancora intervenuto, ma ha fatto sapere anche a fonti vicine alla Nuova BQ che al momento opportuno lo farà come fece già lo scorso anno in occasione del Gay Pride.