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IL LIBRO

Oceano Padano, l'etica contadina che regge una civiltà

"L'Oceano padano mi si apre dinanzi, lo guardo dove quel mare risacca sulla spiaggia grigia di una via Emilia che sconfina verso la Romagna". Oceano Padano, di Mirko Volpi: ritratto di un'Emilia che non c'è più, fatta di persone concrete che lavorano sodo e non si abbandonano a piagnistei radical chic.

Cultura 13_08_2015
Oceano Padano, la copertina

L'Oceano padano mi si apre dinanzi, lo guardo dove quel mare risacca sulla spiaggia grigia di una via Emilia che sconfina verso la Romagna. Nella geografia padana di Mirko Volpi (Oceano Padano, Contromano Laterza) noi siamo uomini di confine, segnati comunque da quel clima che solca l'anima e fa dell'uomo un uomo padano.

Qui le rogge sono fossi, il mais è il furminton, ma l'afa è sempre quella che picchia indefessa nella sua stagione, quella, appunto, dell'afa. Anche nella bassa romagna c'è quel pudore atavico che impedisce lo sdolcinato esprimersi di sentimenti romanticheggianti, si bada al sodo. Forse siamo un po' più espressivi verso le burdele fresche e campagnole, più patacca di un padano circonfuso tra l'Adda e l'Oglio, meno rapiti dal burro, ma sempre soggiogati dal letame, il vero, autentico, effluvio di questo oceano piano.

Però, come racconta Volpi, anche qui, tra la via Emilia e il West, l'amore si faceva “molto più selvaggiamente e allegramente” prima della TV, del telefono e di internet. Quando la fantasia lavorava più alacremente e gli svaghi bisognava inventarseli, senza arenarsi in troppo impegnative disquisizioni psico-sociali da liberazione sessuale. Ed era il baby boom.

“Non ricorriamo alla fecondazione eterologa”, scrive Volpi, perchè “per ovviare agli inceppamenti della buona sorte si può sempre far visita al vicino di casa o di cascina. Al resto penserà la Provvidenza. O una vecchiaia tollerata senza figli”. Pragmatismo padano.

Lo riconoscevo in mio nonno che da buon contadino abituato a lavurer  (92 anni trascorsi a fare l'unica cosa che sapeva fare: lavorare) non ha mai fatto parola di filosofie e antropologie alternative. E' vero ha ragione il Volpi, in queste terre “adagiarsi e abbandonarsi a indolenze meditative costituisce peccato mortale”. Anche il nonno detestava gli artistoidi, gli stralunati e i falliti, i fusi e i fenomen, perchè in essi si intravedono “le oscure scintille della presenza di Satana nel mondo”.

L'etica contadina, a suo modo essenziale, magari un po' volgare, ha retto una civiltà. Qui in Romagna, bisogna riconoscerlo, una certa passionalità ha travolto tutto: dalla politica alla religione, rovesciando antichi costumi come una zolla l'aratro. Forse per colpa dell'altro mare, quello salato, e che i lombardi, dice Volpi, non amano perchè “cosa ci adacquo? Ci irrighi mica i campi con questa...“

Ma, in fondo, i padani sotto il Po erano tutti Peppone. Mascalzoni e mangiapreti, ma ancora incontaminati dal fetore radical chic, ché non poteva competere con quello delle stalle e dei pollai. E che, invece, dava un suo ordine insopprimibile all'esistenza. Strizzacervelli e terapisti erano di là da venire, bandito qualsiasi lamento melanconico e da cazzeggio, anche la politica stava alla larga da assurdi psicologismi. Con un “bianchino al bar, magari col prete, magari prima di confessarsi”, si risolvevano molte cose. 

L'Oceano padano di Mirko Volpi non è un libro da leggere, ma da solcare alla velocità di un trattore. Per accorgersi che “una buona approssimazione della felicità possa ritrovarsi racchiusa in pochi chilometri quadrati”, invece, di cercarla in chissà quali luoghi ameni, in altri mari e porti da dove si torna stanchi e spossati, confusi dalla ressa e dalla fretta. Instupiditi da tutto questo frullare che, a volte, non si capisce il senso. “Ui è tropa zent c'la zira al mand!”, c'è troppa gente che gira al mondo, diceva il nonno sarcastico. Gli fa eco il ritornello che corre tra Lodi e Brescia: “mi da chì ma sa sposti gnanca mort”, io da qui, dall'oceano padano, non mi sposto neanche morto.