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CONSULTAZIONI

O con la Lega o col Pd, verso un governo 5 Stelle

Questa prima settimana di governo esplorativo si è conclusa con il fallimento del negoziato fra Centrodestra e M5S. Colpa anche della sentenza di Palermo, che, con la condanna di Dell'Utri, ha rovinato la posizione di Berlusconi. La prossima settimana i 5 Stelle proveranno a fare un governo loro.

Politica 22_04_2018
Luigi Di Maio

Probabilmente già domani o al massimo martedì il Presidente della Repubblica proverà a fare un passo risolutivo per sbloccare lo stallo post-elezioni, che ormai dura da quasi 50 giorni. Non s’intravvede ancora una strada chiara, ma quanto meno si possono escludere una serie di opzioni che all’inizio erano state prese in considerazione.

Anzitutto è tramontata l’ipotesi di un governo Cinque Stelle-centrodestra. La sentenza di Palermo sulla trattativa Stato-mafia, con la condanna, tra gli altri, di Marcello Dell’Utri, per Luigi Di Maio rappresenta la pietra tombale della Prima Repubblica, per Roberto Fico è una pagina importantissima di storia del Paese, per Silvio Berlusconi è un errore madornale nell’individuazione delle responsabilità e nella ricostruzione delle trame che hanno condizionato le vicende politiche del Paese. Ma questa radicale divaricazione di pensieri allarga le distanze tra i grillini e quello che loro stessi hanno definito per anni “il mafioso di Arcore”, al punto che neppure l’ipotesi dell’appoggio esterno degli azzurri a un governo tra Lega e Cinque Stelle rientra più nel novero delle cose possibili.

E allora quali soluzioni potrebbero esserci per uscire dal pantano? In queste ore Matteo Salvini e Luigi Di Maio si stanno confrontando in modo serrato sulla possibilità di dar vita insieme a un esecutivo, ma la Lega da sola, senza Forza Italia e Fratelli d’Italia, è il terzo partito in termini elettorali (dopo i Cinque Stelle e Pd) e quindi il suo peso in una compagine governativa del genere non potrebbe che essere modesto. Senza dimenticare il disorientamento tra l’elettorato di centrodestra, che griderebbe al tradimento, visto che 160 parlamentari di centrodestra sono stati eletti nei collegi uninominali da elettori di Forza Italia,  elettori della Lega ed elettori di Fratelli d’Italia. Ecco perché Salvini è molto cauto: mollare Berlusconi per fare da stampella o poco più a un governo a trazione pentastellata potrebbe essere per lui l’inizio della fine. A meno che non riesca a gestire la partita in maniera più intelligente, chiedendo anche a Di Maio di fare un passo indietro e individuando insieme con lui una figura terza che possa andare a Palazzo Chigi, o addirittura riuscendo a imporre il “suo” Giancarlo Giorgetti. Nell’ipotesi di un premier equidistante, i due potrebbero ritagliarsi il ruolo di vicepremier con gli stessi poteri e spartirsi con equilibrio i ministeri, così come hanno fatto per le cariche istituzionali in Parlamento subito dopo le elezioni del 4 marzo.

Se le elezioni del Molise dovessero registrare il successo dei Cinque Stelle e confermare il sorpasso della Lega su Forza Italia, per Salvini sarebbe più agevole proseguire nel dialogo con Di Maio e arrivare a un accordo con lui. Se il centrodestra unito prevalesse nella piccola regione del sud, diventerebbe al contrario più complesso dire agli elettori molisani che il giorno dopo uno dei tre alleati si sfila per fare un governo con i grillini.

Il Quirinale, d’altronde, non vuole attendere tanto tempo, pur avendo sin qui dimostrato di non essere impaziente. Senza la certezza di una solida intesa tra Lega e Cinque Stelle, non affiderebbe un pre-incarico a Salvini o Di Maio o a un uomo di garanzia per entrambi, bensì esplorerebbe altre vie. La prima rimane quella di un nuovo incarico esplorativo, questa volta non al Presidente del Senato, Elisabetta Alberti Casellati, che ha fatto quello che ha potuto, ma senza incidere più di tanto sulla risoluzione del rebus governativo, bensì al Presidente della Camera, Roberto Fico, che a quel punto verrebbe chiamato a sondare anche l’altro forno, quello del Pd.

L’ipotesi di un esecutivo Cinque Stelle-Pd, con apporti residuali da parte di parlamentari del Gruppo Misto, non è da escludere ed è probabilmente vista con favore dal Capo dello Stato e da molti capicorrente dem, da Andrea Orlando a Dario Franceschini, mentre è fumo negli occhi per la componente renziana, che peraltro è maggioritaria nel partito. Difficilissimo, quindi, che Fico possa riuscire nel tentativo di convincere tutto il Pd a fare un’alleanza di governo con il suo Movimento.

Se Cinque Stelle e Lega non trovassero la quadra e se Fico fallisse, rimarrebbero due strade: un “governo del Presidente” o le elezioni anticipate. Non è un mistero che Mattarella e gran parte dei parlamentari appena eletti, timorosi di non riuscire a tornare in Parlamento, facciano sotto sotto il tifo per la prima eventualità. Tuttavia bisognerà capire fino a che punto i vincitori delle elezioni del 4 marzo possano rendersi disponibili ad appoggiare un esecutivo simile, guidato da una personalità super partes e composto da tecnici e figure competenti ma lontane dai partiti. Uno schema già praticato nel 2011 con il governo Monti, ma all’epoca digerito dai partiti solo in nome del rischio default per l’economia italiana. Oggi quell’emergenza finanziaria non c’è e dunque sarebbe arduo per Mattarella convincere Salvini e Di Maio a rinunciare alla guida del Paese per far posto a figure prive di legittimazione popolare.

Ecco perché non sono affatto da escludere nuove elezioni. Se si accertasse l’impossibilità di dar vita a un governo politico e si rivelasse altresì non percorribile la strada di un governo tecnico o “di salvezza nazionale”, lo scioglimento delle Camere sarebbe inevitabile. C’è chi azzarda addirittura il 2 maggio, per votare il 17 giugno, oppure entro il 9 maggio per votare il 24 giugno. Per il Quirinale sarebbe un trauma, considerato che il 28 e 29 giugno ci sarà un importante consiglio europeo al quale Mattarella ha più volte detto di voler arrivare con un esecutivo nel pieno delle sue funzioni. Per questo c’è da scommettere che il Presidente della Repubblica farà di tutto per assicurare un governo al Paese, almeno fino all’autunno.