Nuovi cardinali: Africa punita, la vendetta di Fiducia supplicans
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Africani quasi assenti tra i 21 porporati nominati da Francesco: il mancato endorsement alle benedizioni gay sbarra l'ingresso del sacro collegio. Promosso Radcliffe, il domenicano pro-lgbt predicatore del Sinodo.
Solo poche settimane fa il Papa aveva scritto ai membri del Sacro Collegio per chiedere di ridurre i costi ed evitare il superfluo. Ieri, però, ha annunciato la creazione di 21 nuovi cardinali il prossimo 8 dicembre, portando il numero degli elettori a 141, 21 in più rispetto al limite di 120 fissato da Paolo VI nella costituzione apostolica Romano Pontifici Eligendo.
Scorrendo la lista letta ieri in piazza San Pietro al termine dell'Angelus salta all'occhio, forse più di tutti gli altri nove concistori, il criterio di scelta prettamente personale. Solo così si può spiegare il cardinalato ad un officiale della Segreteria di Stato, il monsignore indiano George Jacob Koovakad da tre anni responsabile dei viaggi papali. Nel primo volo con lui, quello a Budapest del 2021, Francesco aveva elogiato la sua abitudine a ridere sempre mentre un anno fa si era complimentato in videochiamata con la nonna per l'educazione impartita al nipote. Un viaggio papale è stato "galeotto" probabilmente anche per un altro cardinale eletto, il vescovo di Bogor monsignor Paskalis Bruno Syukur che in Indonesia ha avuto l'occasione di far conoscere al Papa tutto il suo entusiasmo per il messaggio di "fratellanza umana" al centro della Dichiarazione di Abu Dhabi.
Il nome meno sorprendente dell'elenco è quello di monsignor Rolandas Makrickas e non perché sia titolare di un'arcidiocesi di prestigio o per particolari meriti pastorali o teologici: semplicemente, in Vaticano tutti sanno da tempo che il 52enne lituano è nelle grazie del Pontefice dal quale ha ricevuto in meno di tre anni l'incarico di commissario straordinario per Santa Maria Maggiore, poi il titolo arcivescovile, il ruolo di arciprete coadiutore della basilica romana ed ora anche il cardinalato. Destino simile a padre Fabio Baggio che prima ancora di diventare vescovo è cardinale eletto, pur essendo "soltanto" sottosegretario del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale. Il cavallo di battaglia di Baggio è la questione migranti e può vantare la fiducia con il Papa che gli ha affidato la direzione del Centro di alta formazione "Laudato si'" con cui instrada al lavoro i rifugiati nei giardini delle Ville Pontificie di Castel Gandolfo.
Nonostante il focus sulle periferie, tutte queste nomine si concentrano tra Roma e Vaticano: questo è il caso anche dell'unico cardinale non elettore, il quasi centenario monsignor Angelo Acerbi, già nunzio apostolico in giro per il mondo ma da più di vent'anni dirimpettaio del Papa a Santa Marta. Questa scelta potrebbe essere un omaggio a Paolo VI perché Acerbi è uno degli ultimi ad esser stati ordinati vescovi da Montini.
Un altro nome molto prevedibile è quello di Baldassare Reina che nel giro di poco più di due anni, da rettore del seminario di Agrigento, ha scalato tutto il cursus honorum diventando vescovo, ausiliare di Roma, poi vicegerente ed ora anche cardinale vicario, mettendo fine alla confusione che si era creata dopo il trasferimento di Angelo De Donatis, caduto in disgrazia a Santa Marta, alla Penitenzieria Apostolica. Che ormai siano saltati tutti i parametri precedentemente utilizzati per i concistori lo fa capire anche la scelta di creare cardinale l'arcivescovo di Torino Roberto Repole, sebbene per 9 anni sia stato lasciato senza galero il suo predecessore Cesare Nosiglia e sebbene lo stesso trattamento non sia stato riservato ai titolari di arcidiocesi come Milano, Venezia, Napoli e Genova.
Le scelte sono del tutto personali come dimostra anche il cardinalato a monsignor Mykola Bychok, vescovo redentorista dei greco-cattolici ucraini a Melbourne. Difficile non interpretare questa decisione, a prescindere dal valore del presule 44enne, come uno schiaffo a monsignor Svjatoslav Ševčuk, arcivescovo di Kiev e capo della Chiesa greco-cattolica ucraina che col Papa vanta un rapporto di lunga consuetudine ma che non ha risparmiato in questi anni di guerra rimproveri per le uscite papali più ardite, oltre ad avere posizioni più conservatrici sulla dottrina.
Così come appare evidente la "punizione" inflitta alla Chiesa più viva e florida, quella africana che esprimerà un solo cardinale nel concistoro di dicembre: monsignor Ignace Bessi Dogbo, arcivescovo di Abidjan e quarto ivoriano della storia ad entrare nel Sacro Collegio. Un'ulteriore "sberla" all'episcopato africano che si è ribellato alle benedizioni arcobaleno è la scelta di premiare un vescovo francese in Algeria, monsignor Jean-Paul Vesco, espressione della piccolissima minoranza di vescovi del Nord Africa (ma non africani) che hanno "endorsato" (appoggiato) Fiducia Supplicans e che in questi giorni, tramite il già cardinale Cristóbal López Romero si sono pure lamentati dei loro confratelli guidati dal Fridolin Ambongo.
In Europa Francesco fa cardinale solo l'arcivescovo di Belgrado, mentre l'episcopato statunitense viene ancora una volta ignorato. Nel Nord America, però, l'arcidiocesi di Toronto potrà vantare di nuovo un arcivescovo cardinale, Francis Leo. Per il Sacro Collegio che dovrà eleggere il suo successore Bergoglio punta, però, soprattutto sulla "sua" America Latina, dando il cardinalato ai vescovi progressisti di Lima (Carlos Castillo Mattasoglio ha frequentato la parrocchia di Caprona con don Severino Dianich), Porto Alegre, Guayaquil, Mentre l'arcivescovo di Santiago del Cile Fernando Chomalí ha un orientamento meno schierato ed ha dimostrato buona tenuta contro le leggi su aborto ed eutanasia. Era nell'aria anche la creazione a cardinale di monsignor Vicente Bokalic Iglic dopo che lo scorso luglio Francesco ha elevato Santiago del Estero al rango di arcidiocesi e ha reso lui, suo titolare, addirittura primate d'Argentina. Altri nomi sono quelli di monsignor Tarcisio Isao Kikuchi, arcivescovo di Tokyo, di monsignor Pablo Virgilio Siongco David, vescovo di Kalookan nelle Filippine e di Dominique Joseph Mathieu, francescano conventuale arcivescovo di Teheran Ispahan in Iran.
Ma il nome che fa più discutere è senz'altro quello del domenicano britannico padre Timothy Peter Joseph Radcliffe, uno dei teologi pro-lgbt più conosciuti nella Chiesa e di cui la Bussola si era già occupata in occasione dell'apertura del Sinodo. Il suo ingresso nel Sacro Collegio a 79 anni è un messaggio inequivocabile e fa spegnere la speranza che al termine di questo pontificato possa esserci un'inversione di tendenza. Un riconoscimento "alla carriera" che invece il Papa nega, nuovamente, al coetaneo di Radcliffe, monsignor Vincenzo Paglia, che di recente si era avventurato in alcune interviste rispondendo a domande su un suo ipotetico cardinalato.
Le parole di cautela per l'inaugurazione del Sinodo e la bella prova offerta durante il viaggio in Belgio (che potrebbe essere costato la berretta rossa all'arcivescovo di Malines-Bruxelles Luc Terlinden) avevano dato l'illusione di un Papa stanco di essere strumentalizzato dall'ala più estremista del progressismo cattolico. Purtroppo però l'annuncio del nuovo concistoro ha smentito definitivamente questo scenario. Un dato rilevante dell'elenco annunciato ieri, inoltre, è quello anagrafico: molti nuovi cardinali sono giovanissimi. Una caratteristica non casuale ma che indica la volontà di Francesco a dare un'impronta precisa alla Chiesa nelle prossime generazioni e non solo, come si scrive spesso, al prossimo conclave. Che comunque, c'è da dire, non è vicino perché il Pontefice a quasi 88 anni gode di ottima salute e non ha alcuna intenzione di mollare. Quello del prossimo dicembre sarà probabilmente il peggior concistoro dei dieci bergogliani che paradossalmente arriva in uno dei momenti migliori del pontificato, dopo che l'esito del viaggio in Belgio con la schiena dritta del Papa di fronte alle polemiche anti-clericali di politici e giornalisti aveva ricompattato una Chiesa sempre più divisa.
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