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L'EDITORIALE

Nuova crisi, vecchia politica

Le misure straordinarie annunciate per fare fronte alla crisi, confermano che si sta perdendo l'occasione per modernizzare e sburocratizzare il Paese, e per sollecitare le energie migliori. I partiti restano arroccati a difendere i propri interessi.

Editoriali 12_08_2011

Negli ultimi giorni si sono sprecate le ipotesi sulle misure che il Governo potrà adottare per far fronte alla crisi finanziaria. E’ andato deluso chi si aspettava qualche indicazione nell’incontro di giovedì con le parti sociali, così come nell’audizione del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, alle commissioni di Camera e Senato. In effetti le misure straordinarie prima si adottano e poi si annunciano anche per anticipare, e se possibile contenere, quelle inevitabili levate di scudi da parte di chi viene più o meno colpito dagli interventi.

Ma in effetti il dibattito politico, soprattutto quello all’interno dei partiti, delle ultime settimane è apparso quanto meno disarmante. Tutti protesi ad esercitare un diritto di veto, tutti interessati a bloccare questa o quella riforma, tutti in fondo interessati a dimostrare che i sacrifici, sì vanno bene, ma è meglio che li facciano gli altri. Il bene comune e l’interesse nazionale sono rimasti molto, molto sullo sfondo.

Eppure proprio la crisi che stiamo vivendo avrebbe potuto essere l’occasione per dare una scossa di modernizzazione al paese, per semplificare e sburocratizzare, per tagliare i cosiddetti costi della politica, per sollecitare le energie migliori premiando il merito e le professionalità.


La direzione è tanto semplice da indicare quanto difficile da intraprendere, ma dovrebbe andare nella direzione di ridurre il peso dello Stato per liberare risorse per gli investimenti, la ricerca, la crescita economica. Tremonti lo ha detto molto chiaramente: il pareggio di bilancio è un obiettivo assoluto perché non è più il tempo in cui è possibile andare sui mercati a chiedere i soldi dettando le condizioni. Una mezza verità: non basterà il pareggio di bilancio per fare a meno dei mercati perché l’Italia dovrà comunque continuare a chiedere proprio ai mercati il rinnovo dei titoli in scadenza e per questo dovrà accettare le condizioni di mercato.

Quindi è necessario cercare una strada per tenere sotto controllo il bilancio pubblico. La filosofia di fondo dovrebbe essere quella di ridurre i centri da cui derivano le decisioni di spesa, quindi la politica dovrebbe avere il coraggio di riformare se stessa. Come? Riducendo alla metà il numero dei parlamentari, abolendo la struttura politica delle province (presidenti, consigli e assessori), privatizzando le aziende pubbliche locali (ovviamente con affidamenti che garantiscano la qualità dei servizi), vendendo le proprietà del demanio. A Milano, come in molte altre città italiane, ci sono caserme in pieno centro largamente inutilizzate con cui lo Stato potrebbe fare brillanti operazioni di valorizzazione immobiliare (e non importa se qualcuno la chiamerà speculazione edilizia).

Scorciatoie purtroppo non ce ne sono. Fa un po’ sorridere chi continua a chiedere di colpire le rendite finanziarie, fatto salvo che è più che giusto equiparare al 20% la tassa sugli interessi e quella sui depositi bancari. Fa un po’ sorridere perché il crollo dei mercati degli ultimi mesi ha in molti casi già dimezzato il valore dei patrimoni investiti in azioni.


In questo contesto va invece nella direzione giusta la volontà del Governo di modificare gli articoli 41 e 81 della Costituzione per dare maggiore sostanza al principio di libertà economica e per rendere effettivo e concreto il vincolo di bilancio. Pur con i limiti dettati dal fatto che le modifiche costituzionali hanno tempi lunghi e presentano problemi complessi di attuazione…. salvo un accordo stretto tra maggioranza e opposizione. Per questo apparirebbe importante in questa prospettiva una intesa tra tutte le forze politiche in un’ottica di solidale interesse nazionale. Ma di intese di questo tipo non ci sono state né le premesse, né la volontà.


Per ora quindi ci sono tutte le condizioni perché questa crisi finisca per pesare non solo per i suoi effetti, ma anche come occasione sprecata. Ci sarà infatti qualche nuova tassa straordinaria, magari ribattezzata di solidarietà, ci saranno tagli del tutti simbolici alle spese, ci saranno nuove riduzioni  ai trasferimenti agli enti locali il che porterà alla diminuzione dei servizi reali ai cittadini.

Con una politica che non riesce a cambiare passo e a rispondere con modalità nuove a problemi del tutto nuovi.