Nununu, se il satanismo si fa marchio per bambini
Non c’è solo lo spot con Céline Dion. Molti vestiti del brand Nununu sono inquietanti. Una bambina indossa una maglietta con la scritta “Ho”, in slang inglese “puttana”; un neonato reca l’impronta di una manaccia adulta. E poi ancora scheletri e teschi, simboli esoterici, scritte per passare al “contatto fisico”. Il tutto all’insegna della contiguità tra satanismo, pedofilia, mondialismo e massoneria.
Sotto Halloween, regolarmente qualche esorcista mette in guardia contro l’“aura malefica” della festa anglosassone, cui rispondono immancabilmente i sorrisetti di sufficienza di molti giornalisti e non solo. Con lo stesso atteggiamento, su un quotidiano italiano era stato commentato, nel 2018, lo spot di Céline Dion per la casa di moda per bambini “Nununu” che, negli Usa, aveva destato scalpore. Il marchio produce costosissimo vestiario unisex per bambini, privo di connotazioni maschio/femmina, ma il suo messaggio va ben oltre la solita campagna “genderista”.
Il video rappresenta un’elegantissima Dion, che, introdottasi furtivamente nel reparto maternità di un ospedale, scopre qualcosa per lei inaccettabile: i neonati maschi sono vestiti di azzurro e le femmine di rosa. Così, apre uno scrigno e soffia su una magica polvere nera che fa riapparire i neonati abbigliati di nero e grigio, con teschietti e pentacoli neri sui pigiamini, in compagnia di mostruosi bambolotti, sotto cupe croci greche (antico simbolo pagano) sospese nell’aria. Poi, la Dion viene arrestata da due goffi poliziotti, un maschio e una femmina, probabile simbolo del vecchio mondo “etero e fascistoide”.
Sul National Catholic Register, importante giornale americano, l’esorcista John Esseff ha dichiarato in proposito: “Sono convinto che la maniera in cui questa cosa del gender è divulgata sia demoniaca. Quando un bambino nasce, qual è la prima cosa che diciamo di lui? È un bambino, è una bambina. È la cosa più naturale del mondo da dire. Affermare che non ci sia alcuna differenza è una cosa satanica”.
Tuttavia, da pochi giorni, sul canale Youtube “Jekkino” circola un video in italiano, segnalatoci da Marco Cosmo e intitolato “Non lasciate che i vip demonizzino i vostri bambini”. Nel video, oltre alla traduzione dello spot, si mostrano altri vestiti, sempre dello stesso marchio.
Una bambina di circa 8 anni indossa una maglietta con la scritta “Ho” che in inglese vuol dire “puttana”. La tutina nera di un neonato reca l’impronta della manaccia di un uomo adulto, simbolo che ritorna sulla maglietta di un efebico maschietto di 10 anni e sul costume da bagno di una femminuccia. Due bimbe orientali vestite di nero, di circa 3 e 7 anni, bevono del latte sotto una scritta al neon: Let’s get physical, traducibile come “passiamo al contatto fisico”. È il titolo di una canzone che, per quanto di ambientazione sportiva (aerobica), recita: “L'amore comune non è per noi. Abbiamo creato qualcosa di fenomenale. Non sei d'accordo? […] quindi dai, dai, dai, passiamo al contatto fisico. Luci spente, segui il rumore, baby, continua a ballare come se non avessi scelta”. L’accostamento è atrocemente ambiguo.
Per la sua campagna, infatti, Nununu sfrutta deliberatamente la vociferata contiguità fra satanismo, pedofilia, mondialismo e massoneria: altri bambini indossano infatti magliette con la scritta “New order” in riferimento al Nuovo ordine Mondiale, un disegno socio-antropologico mondiale tradizionalmente ritenuto di matrice massonico-satanista. Stampati su magliettine, pantaloncini e felpe, compaiono teschi, occhi “onniveggenti”, simbolo degli Illuminati, il numero apocalittico 6, la piramide esoterica dei Rosacroce, alfabeti da tavola Ouija per la negromanzia. Insomma: l’Anticristo diventa chic.
Il marchio Nununu è di proprietà di due israeliane, Iris Adler e Tali Milchberg, che, stando al loro sito, seguono un’“agenda” vestendo “i bambini del futuro, consentendo loro di mettere in evidenza la loro essenza interiore, aiutandoli a combattere l'ingiustizia”. La domanda è: perché questo apparentemente lodevole obiettivo dovrebbe essere fatto ammiccando esplicitamente ai simboli del Male, alla sessualizzazione precoce dei bambini e al loro sfruttamento? Cosa prevede questa “agenda”? Il refrain giustificatorio non è nuovo: “l’uguaglianza e il rispetto per l'umanità”, la “rottura degli stereotipi” la “libertà individuale contro la dicotomia tradizionale”.
Don Fortunato Di Noto, fondatore dell’associazione Meter che da 30 anni combatte pedofilia e pedopornografia, spiega: «Preoccupa il pensiero dei “bambini del futuro”. I bambini sono bambini e unico compito è aiutarli ad essere uomini e donne maturi, responsabili, rispettosi e che rifiutino la violenza, la discriminazione, l’oscurità del male, la manipolazione mentale, ogni tipo di colonialismo ideologico, qual è il gender, come dice Papa Francesco. È in corso una massiccia e continuata campagna ideologica sul fatto che “anche la pedofilia è amore”. Sappiamo benissimo che ci sono poteri internazionali che esercitano forti pressioni affinché l’uomo diventi indistinto dal punto di vista sessuale. Questo fa il gioco dei pedofili perché loro guardano ai bambini al di là del sesso di appartenenza. La dinamica è pressoché ignorata dai media, basti pensare a come, di fatto, non ci sia stata quasi nessuna reazione al Report 2019 di Meter dove si denuncia il raddoppio del materiale pedopornografico segnalato (7 milioni di foto rispetto ai 3 del 2018) e l’aumento pauroso della pedofilia, persino a danno dei neonati: l’infantofilia».
In tale contesto, dove campagne come quella di Nununu, almeno a livello di marketing, confondono le carte tra “diritti civili”, genderismo e sessualizzazione dei bambini, preoccupa il ddl Zan “contro l’omotransfobia” sostenuto da Pd e M5S, depositato il 30 giugno in Commissione Giustizia alla Camera. Se questa legge - che lascia ampi spiragli interpretativi - fosse già in vigore, don Di Noto potrebbe essere spedito in galera per le dichiarazioni di cui sopra. E alla già insufficiente lotta alle atroci aggressioni all’infanzia denunciate da associazioni come Meter non gioverebbe di certo.