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SULLE TRACCE DI MARIA

Nostra Signora de La Salette

19 settembre 1846: la Vergine appare a due pastorelli sulle montagne dell'Isere. Piangendo, rivela che sul paese si abbatteranno delle sciagure per l'ostinazione della gente a non convertirsi. Preghiera, penitenza, santificazione della domenica, questa è la strada che la Madonna indica per la riconciliazione con Dio.

Ecclesia 03_02_2014
Nostra Signora de La Salette

Per un disguido tecnico, pubblichiamo oggi la puntata di "Sulle Tracce di Maria" che avrebbe dovuto essere pubblicata ieri. Come ricorderete si tratta della trascrizione delle puntate che vanno in onda su Radio Maria ogni primo sabato del mese. 


Panorama La Salette

Ben ritrovati, per il consueto appuntamento mensile di “Sulle tracce di Maria”, con l’intento di seguire anche questa volta un tratto del cammino di Maria tra gli uomini, ripercorrendo alcune delle più importanti tracce che la Vergine ha lasciato nel mondo, ovvero i santuari a Lei dedicati, intesi come risposta umana all’iniziativa di Maria di rivolgersi all’umanità con apparizioni o messaggi in precisi momenti della storia.

La traccia mariana che andiamo a esaminare questa volta ci porta a La Salette, sulle montagne francesi, più precisamente nel dipartimento dell’Isère vicino a Corps, a 40 km da Gap. Si tratta di una apparizione mariana che verso metà Ottocento, in linea con quanto accadrà successivamente a Lourdes e poi a Fatima, vede la Vergine Maria privilegiare i piccoli e gli umili come testimoni della sua venuta tra gli uomini. I veggenti di La Salette sono infatti due semplici pastorelli: Mélanie Mathieu-Calvat, di quattordici anni, e Maximin Giraud, di undici, Melania e Massimino. 

Per mettere meglio a fuoco le ragioni di questa predilezione mariana per i piccoli, oltre a ricordare quanto dice Gesù nel Vangelo – “Lasciate che i bambini vengano a me, perché di questi è il regno dei cieli” (Mt 19,14) –, vale la pena riportare quanto scrisse Maurice Blondel, filosofo francese (1861-1949): «Quel che spinge alcuni a credere è proprio quello che può far dubitare altri: le persone semplici amano i pellegrinaggi: lì, le ragioni del cuore possono essere appagate; e, grazie alla testimonianza di miracoli concreti, sensibili, accettano le grandi verità che, a causa del loro eccessivo splendore, li accecano. I saggi sono sempre scioccati da questi interventi così materiali e bizzarri del sovrannaturale. Ma dove starebbe l'uguaglianza tra i semplici e i saggi, se anche questi ultimi non dovessero compiere uno sforzo di sottomissione e di fede, uno sforzo più necessario e più grande che altrove, come nei dogmi dove trovano una chiarezza e una certezza maggiore? Allora cerchiamo di essere semplici, come bambini...»

Melania e Massimino, dunque, sono i testimoni privilegiati di quanto accade sulle montagne francesi in quel 1846, precisamente il 19 settembre: la Vergine si presenta ai due pastorelli e consegna loro un messaggio che, seppur indirizzato al popolo di quella regione, a metà Ottocento, ha in realtà valore e pieno significato per noi, oggi. Prima di vedere insieme i contenuti di questa apparizione, vediamo di conoscere più da vicino i due piccoli veggenti.

Melania nasce a Corps il 7 novembre 1831 in una famiglia tanto numerosa quanto povera, al punto che spesso la prole era costretta a mendicare per procurare il sostentamento necessario alla famiglia. Fin da piccola, all’incirca a dieci anni, Melania viene mandata a lavorare presso le diverse famiglie della regione: un modo per avere una bocca in meno da sfamare, in casa, e per avere una fonte di reddito in più per la famiglia che da tale servizio ricavava un piccolo ma prezioso compenso, spesso in natura. Di fatto la piccola Melania si trova a trascorrere in famiglia una porzione assai ridotta della sua infanzia, perlopiù durante i mesi invernali. 

Immaginare le condizioni in cui la piccola può esser cresciuta non è difficile: sottoalimentata, gracile nel fisico, segnata dalla mancanza di affetto poiché costretta a trascorrere la maggior parte delle giornate nella solitudine dei pascoli montani. Luoghi dove senz’altro trova occasione di preghiera e di meditazione, nella maestosità e silenziosità della natura circostante, ma dove altresì sviluppa una personalità ben poco incline alle relazioni sociali. Al punto che, quando si troverà costretta dal padre a tornare a Corps per frequentare la scuola, proverà un profondo disagio nel vedersi rinchiusa in una classe colma di ragazzini vocianti, provando nostalgia per quelle montagne in cui trovare la sua sicura e silente solitudine.

Tenere conto di questo contesto d’infanzia aiuta a capire perché il carattere di Melania sarà sempre segnato da una certa timidezza e chiusura, lasciando in tutta l’esistenza terrena della veggente una traccia di inquietudine che mai la abbandonerà. Ma tale volubilità umorale sarà forse il giusto prezzo per l’acquisizione di meriti ben più grandi, che la prepareranno all’esperienza dell’apparizione, poiché proprio sulle montagne, su quei pascoli, la piccola Melania apprenderà i segreti della preghiera del cuore, proprio lei che è analfabeta e che avrà notevoli difficoltà ad apprendere la lingua francese, al punto da vedersi posticipare il permesso di accedere alla Prima Comunione dal parroco in quanto ignorante in merito alla dottrina cattolica. E questa situazione non può non far pensare alla piccola Bernadette: la stessa semplicità, la stessa umiltà, lo stesso giudizio – ingeneroso – di ignoranza laddove semplicemente si trattava di difficoltà di memorizzazione e di “lacune pregresse”, come direbbe un insegnante di oggi. 

Successivamente all’apparizione del 1846 – che vedremo in seguito – Melania riceve la Comunione nel 1848 – dunque all’età di 16 anni compiuti. Nel 1850 entra come postulante nella Casa Madre delle Suore della Provvidenza a Corenc, nei pressi di Grenoble e, assunto il nome di suor Maria della Croce, fa la vestizione nel 1851. Nel 1853 non viene però ammessa ai voti e decide dunque di dirigersi in Inghilterra. Nel 1856 fa la professione dei voti nel Carmelo di Darlington, da cui però riparte nel 1860, per recarsi a Marsiglia e poi in Italia, dove soggiorna a più riprese tra il 1867 e il 1898, fino a stabilirsi definitivamente, nel 1904, ad Altamura, in provincia di Bari, dove trova la morte nella notte tra il 14 e il 15 dicembre di quello stesso anno. La vita di Melania venne scritta da lei stessa nel 1900.

Questa che dovrebbe essere la fonte più importante risente probabilmente del fatto che l’inquietudine dell’animo della veggente la portò a riferire di episodi dei quali non v’era traccia nelle relazioni e nelle testimonianze redatte immediatamente dopo l’apparizione del 1846, episodi relativi soprattutto a esperienze mistiche e doni celesti che, uniti a una particolare rilettura (apocalittica) del messaggio mariano ricevuto a La Salette, portano il vescovo di Grenoble, mons. Ginoulhiac, a emanare un decreto dottrinale il 4 novembre 1854 nel quale distingue la Mélanie del 1846, testimone e strumento umile dell'apparizione, dalla Mélanie successiva, che avanzava pretese mistiche. In questo decreto si legge: « Dovendo parlare dei due ragazzi de La Salette, non c'è assolutamente bisogno di rilevare che la loro condotta attuale [...] non costituisce una prova contro il fatto dell'apparizione. [...] D'altra parte si cadrebbe egualmente in errore se si pensasse che la prova principale della realtà dell'apparizione derivi dal carattere morale dei bambini all'epoca dei fatti. [...] Ma se le qualità morali dei fanciulli, quali erano il 19 settembre 1846, interessano poco in relazione alla realtà del fatto de La Salette, ancor meno importa quel che sono diventati dopo. [...]». 

Perché riporto questo aspetto della vicenda di La Salette? Perché, aldilà del diverso giudizio che la storia e la critica può dare su Melania, considerandone la vita e le vicende nella loro complessità, credo essenziale precisare come, nel giudicare della veridicità di una apparizione mariana, la Chiesa tenga sapientemente e prudentemente distinti i giudizi in merito ai fatti soprannaturali (apparizioni, miracoli e messaggi) dalle valutazioni sul comportamento dei veggenti, le cui scelte di vita conseguenti sono indipendenti, frutto di libero arbitrio e per nulla tali da poter costituire una prova della veridicità e attendibilità dell’apparizione stessa. Basti, in merito, pensare al miracolo di Calanda, l’episodio della gamba amputata ricresciuta a Jean Pellicer nel 1640: il miracolato non pare aver riportato fama di santità per quanto costituì la rimanente parte della sua vita terrena, mentre il miracolo della Virgen del Pilar venne riconosciuto ufficialmente dalla Chiesa e ancor oggi migliaia di pellegrini devotamente si recano a rendere omaggio alla Virgen de Saragozza.

Proseguendo per quanto concerne le vicende di Melania, alcuni critici ritengono che sia dovuta alla accentuazione del carattere apocalittico del messaggio mariano l’intenzione della veggente di fondare una congregazione religiosa in Italia, nota come “L’ordine della Madre di Dio e degli Apostoli degli ultimi tempi”, con chiaro riferimento a quanto detto da San Luigi Maria Grignion de Montfort nel suo “Trattato della vera devozione mariana” in merito appunto agli “ultimi tempi”. A dispetto di tali osservazioni sulla interpretazione più o meno apocalittica del messaggio consegnatole da Maria, è però vero che Melania offrirà sempre un esempio di vita ascetica, orante, penitente, fino al momento della sua morte, avvenuta mentre si trovava inginocchiata in orazione. 

Venendo al secondo dei protagonisti di queste apparizioni, dobbiamo parlare di Massimino Giraud, soprannominato Mémin, nato a Corps il 26 agosto 1835, dunque undicenne al tempo dell’apparizione. Come Melania, è quasi analfabeta, poiché a dieci anni compiuti non è ancora andato a scuola, non sa leggere né scrivere e invece del francese parla il dialetto (patois) locale. Anche l’istruzione religiosa è carente, se consideriamo che a malapena conosce l’Ave Maria e il Padre Nostro. Ragazzino vivace, ma altresì segnato da una irrequietezza che non lo lascerà mai per il resto della sua vita. 

Nell’autunno 1846, dopo l’apparizione, frequenta con grandi difficoltà la scuola, finché nel 1850 entra in seminario, da cui esce nel 1858 per cominciare una ricerca di sé e della propria vocazione, vagando in Francia e passando persino per Roma. Dopo lungo pellegrinare, torna a Corps, paese natale, in precarie condizioni economiche e, nel 1869, si getta in sfortunate imprese finanziarie che lo porteranno al completo dissesto. Perseguitato dai creditori, si ammala gravemente e, pur assistito dai Missionari de la Salette, muore cristianamente a Corps il 1 marzo 1875. La sua vita pare confermare quanto dicevamo prima in merito alla necessità di distinguere la veridicità delle apparizioni dallo stile di vita dei veggenti. Conferma in tal senso suonano le parole dello stesso Massimino riferita all’apparizione del 1846. “La Vergine, scomparendo, mi ha lasciato con tutti i miei difetti”. 

Presentati dunque per sommi capi i vissuti biografici dei due veggenti, veniamo al contesto in cui si colloca questa apparizione mariana. Nell’inverno 1845-46, le famiglie del comune di La Salette sono duramente provate da una pesante miseria, conseguenza del pessimo raccolto, in particolare delle patate, situazione riscontrabile in altre località francesi e in svariate regioni del resto d’Europa. La dura vita, fatta di lavoro e fatica, delle popolazioni di queste vallate è dunque resa ancor più drammatica dalla carenza di cibo. In tale contesto, non sorprende di notare come la stessa fede popolare sia duramente messa alla prova e, benché esistano a Corps diverse istituzioni religiose, tra cui la scuola cattolica e la confraternita del  Cuore Immacolato di Maria Santissima, e benché la frequenza alla messa domenicale sia abbastanza regolare, tuttavia molte famiglie si trovano a disertare la chiesa nelle domeniche di primavera ed estate, per lavorare nei campi, trascorrendo lunghe ore lavorando sotto il sole, tra i canti delle donne e le non rare bestemmie degli uomini. 

Veniamo dunque all’apparizione del 19 settembre 1846. Ma partiamo dal giorno prima quando, sui prati a circa 1800 mt di altezza, si trovano Melania, che bada alle mucche di Baptiste Pra, e Massimino, che conduce al pascolo le mucche di Pierre Selme. Benché originari dello stesso paese, Corps, i due non si erano mai incontrati prima. Sulle prime Melania, timida e chiusa di carattere, è restia a fare amicizia con il pastorello, ma poi cede e i due si ripromettono di trovarsi l’indomani mattina per condurre insieme le bestie al pascolo.

La mattina del 19 settembre 1846, un sabato, i due pastorelli partono con 4 mucche a testa, mentre la comitiva è completata dalla capra e dal cane che Massimino porta con sé. Al suono dell’Angelus delle dodici, i due vanno ad abbeverare le bestie, quindi mangiano pane e formaggio e, dopo aver giocato con altri tre pastorelli che per un po’ han fatto loro compagnia, rimasti soli, si mettono a riposare, addormentandosi. Dopo un paio d’ore Melania si sveglia e, non vedendo più le mucche, chiama Massimino e insieme corrono su per il colle a cercarle. Trovatele, iniziano a scendere al luogo in cui si trovavano in precedenza, quand’ecco che Melania vede come un globo di luce. 

Lasciamo che sia lei stessa a raccontare quanto vide quel giorno: «Vidi una luce più brillante di quella del sole ed ebbi appena il tempo di dire queste parole: ‘Massimino, vedi laggiù?’. Ah, mio Dio! Nel medesimo istante lasciai cadere il bastone che tenevo in mano. Guardavo con molto coraggio quella luce, che era immobile e, come se si fosse aperta, scorsi un’altra luce ancora più brillante della prima, che si muoveva, e in quella luce una bellissima Signora, seduta sul nostro “Paradiso” – cioè una montagnetta di pietre ammonticchiate dai due ragazzi per gioco – con la testa tra le mani».

A questo punto la Signora invita i pastorelli ad avvicinarsi, per consegnare loro il messaggio di cui diremo tra poco. 

«La Madonna – prosegue Melania – pianse per quasi tutto il tempo in cui ci parlò. Le sue lacrime scendevano una ad una, lentamente, fino alle ginocchia, poi, come scintille di luce, scomparivano. Avrei voluto consolarla, perché non piangesse più, ma mi sembrava che avesse bisogno di farci vedere le sue lacrime per meglio mostrarci il suo amore dimenticato dagli uomini. Avrei voluto gettarmi tra le sue braccia e dire: ‘Mia buona Mamma, non piangere! Ti voglio amare per tutti gli uomini della terra!’. Anche Massimino, che all’inizio si era limitato a togliersi il cappello e a farlo girare sulla punta del bastone, di fronte a quel pianto dirotto si intenerì».

Melania descrive quindi la Madonna: «Era tutta bella… Il suo sguardo era dolce e penetrante. L’abito era d’un bianco argentato. Non aveva nulla di materiale ed era composto di una luce cangiante, scintillante. La corona di rose che aveva sulla testa era così luminosa che è impossibile farsene un’idea. Dalle rose si levavano come raggi d’oro che, uniti, formavano un diadema più splendente del sole. … Aveva due catene al collo, una più grande e una più piccola. A quest’ultima era appesa una croce luminosa. Il Crocifisso era di color carne naturale, rilucente d’un grande splendore. Aveva il corpo rilassato, il capo chino, come fosse per cadere, trattenuto soltanto dai chiodi. A volte però sembrava vivo, col capo eretto, con gli occhi aperti, in procinto di parlare, di dichiarare che era venuto per noi, onde attrarci a sé, al suo amore sconfinato». 

Al di là della vivacità della descrizione di Melania, colpisce il particolare della croce, poiché essa si presenta in modo davvero originale, avendo aggiunti, a metà dei bracci laterali, martello e tenaglie, simbolo dei due opposti atteggiamenti del peccatore incallito e del cristiano pentito che, con la propria condotta, possono decidere di conficcare i chiodi nella croce di Cristo oppure di rimuoverli con una vita santa e fedele a Dio. Ai piedi del crocifisso, il teschio con i femori incrociati simboleggia l’imminenza della morte e il dovere e l’urgenza della conversione. 

Che cosa ha dunque detto la Vergine ai due pastorelli? Anzitutto dobbiamo precisare che, dei tre messaggi dati a Melania e Massimino, solo il primo è pubblico, mentre gli altri due costituirono dei segreti che vennero svelati a suo tempo al pontefice di allora, Pio IX. Sui testi dei due segreti ci sono state ampie discussioni interpretative, per cui non è mia intenzione esaminarne il testo e il significato in questa sede, sia per la mancanza dello spazio necessario, sia perché, in estrema sintesi, possiamo dire che le profezie in essi contenute non sono altro che conferme del messaggio più generale enunciato in quel testo  - che abbiamo definito pubblico, poiché Maria stessa di esso dirà “fatelo conoscere a tutto il mio popolo” - del quale appunto desidero esaminare il contenuto insieme a voi, cari ascoltatori.

Leggiamo dunque insieme il messaggio della Vergine ai due pastorelli:

«Se il mio popolo non vuole sottomettersi, sono costretta a lasciare libero il braccio di mio Figlio. Esso è così forte e così pesante che non posso più sostenerlo».

Vediamo che Maria, presentatasi in lacrime, presenta subito la prospettiva del giusto castigo che sta per abbattersi sul popolo, simboleggiato dal “pesante” braccio del Figlio che la Vergine non riesce più a trattenere. 

Prosegue: «Da quanto tempo soffro per voi! Se voglio che mio Figlio non vi abbandoni, mi è stato affidato il compito di pregarlo continuamente per voi; voi non ci fate caso. Per quanto pregherete e farete mai potrete compensare la pena che mi sono presa per voi».

Ecco che si chiarisce chiaramente il ruolo di Maria: non è semplicemente venuta a preannunciare il castigo divino, ma a presentarsi come Colei che intercede continuamente per noi presso Gesù, continuando in ciò quel ruolo di mediatrice tra la terra e il Cielo che il Signore le ha assegnato fin dai tempi della Incarnazione, quando fece di Lei il mezzo prescelto per donare Gesù al mondo. Maria intercede sempre per noi, lo ha ricordato anche la Regina della Pace tante volte, quando ci ricorda che intercede per noi presso l’Altissimo, per la nostra sincera conversione.

Che cosa rattrista tanto Gesù e la Madre Celeste? E’ presto detto: «Vi ho dato sei giorni per lavorare, mi sono riservato il settimo e non me lo volete concedere. E’ questo che appesantisce tanto il braccio di mio Figlio! Coloro che guidano i carri non sanno imprecare senza usare il nome di mio Figlio. Queste sono le due cose che appesantiscono tanto il braccio di mio Figlio».

Ecco che la non osservanza del riposo festivo e il bestemmiare il nome di Gesù sono le due colpe che gravano sulla coscienza del popolo e che si sono rese degne del castigo divino. Certo, sentendo parlare di tali colpe potremmo sentircene esenti: in fondo – potremmo pensare – non andiamo certo la domenica a lavorare nei campi, né ci mettiamo alla guida dei carri… Tutto vero. Ma quante volte, pur non andando a lavorare in campagna la domenica, ce ne stiamo senza fare nulla, trascurando magari la Santa Messa e quanto più occorre per santificare degnamente la festa? O ancora, senza bestemmiare alla guida di carri trainati da buoi, quante volte ci lasciamo prendere dall’ira e imprechiamo per un imprevisto o un contrattempo? Se stiamo ben attenti, in forme e gradi diversi, forse siamo anche noi chiamati in causa da questo doppio richiamo della Vergine. 

La Madonna prosegue, annunciando il castigo: «Se il raccolto si guasta, la colpa è vostra. Ve l'ho mostrato l'anno passato con le patate: voi non ci avete fatto caso. Anzi, quando ne trovavate di guaste, bestemmiavate il nome di mio Figlio. Esse continueranno a marcire e quest'anno, a Natale, non ve ne saranno più».

A questo punto la Vergine, per esser certa di esser compresa dai ragazzi, prosegue il suo discorso in dialetto: «Voi non capite, figli miei? Ve lo dirò diversamente. Se avete del grano, non seminatelo. Quello seminato sarà mangiato dagli insetti e quello che verrà cadrà in polvere, quando lo batterete. Sopraggiungerà una grande carestia. Prima di essa, i bambini al di sotto dei sette anni saranno colpiti da tremito e morranno tra le braccia di coloro che li terranno. Gli altri faranno penitenza con la carestia. Le noci si guasteranno e l'uva marcirà».

Questa grave predizione si avvererà, esattamente come Maria aveva detto. L’anno seguente ci saranno infatti grandi carestie, sia quella terribile in Irlanda, che provocherà un milione di morti su una popolazione di otto milioni di persone, sia quella in Francia, tanto vasta e diffusa nelle stesse vallate dei dintorni di Corps che, persi i raccolti di patate e di grano, i prezzi di entrambi salirono alle stelle sul mercato locale. E’ difficile non andare con la mente alla attuale crisi economica mondiale, frutto delle peggiori speculazioni finanziarie che hanno rovinosamente segnato l’economia del pianeta in mano a uomini spesso tanto fragili quanto in preda a sfrenato delirio di onnipotenza e bramosia di ricchezza. Parimenti si avvererà la profezia della morte dei bambini: nei primi 3 mesi del 1847 saranno infatti ben 30 i bambini morti, 63 in tutto l’anno, su una popolazione di appena 1.500 abitanti circa. E moriranno proprio con i sintomi predetti dalla Vergine: un tremito improvviso, e la morte dopo una inspiegabile agonia di due/tre ore. 

A questo punto dell’apparizione la Vergine confida un segreto ciascuno a Massimino e a Melania, poi prosegue: «Se si convertono, le pietre e le rocce si tramuteranno in mucchi di grano e le patate nasceranno da sole nei campi», come a dire che la conversione che porta una nuova vita nel cuore dell’uomo avrebbe avuto un corrispettivo nell’abbondanza dei raccolti e nel rinascere della natura.

Quindi Maria si rivolge ai due pastorelli: «“Fate la vostra preghiera, figli miei?”. “Non molto, Signora”, rispondono entrambi. “Ah, figli miei, bisogna proprio farla, sera e mattino! Quando non potete far meglio, dite almeno un Pater e un 'Ave Maria; quando potete fare meglio, ditene di più. A messa, d'estate, vanno solo alcune donne anziane; gli altri lavorano di domenica, tutta l'estate. D'inverno, quando non sanno che fare, vanno a messa solo per burlarsi della religione. In Quaresima, vanno alla macelleria come i cani». 

Ecco che la Madonna arriva al cuore della questione: come possono pensare di cambiare il proprio cuore e di volgerlo nuovamente verso Dio se non pregano? Invita dunque alla preghiera al mattino e alla sera, seguendo la pedagogia mariana di sempre: riconoscersi bambini, quando si parla della preghiera, e cominciare a poco a poco a pregare, magari con un’Ave e un Pater, per lasciare poi che il tempo dedicato alla preghiera si dilati sempre più. E’ un po’ come quando si sta a lungo senza mangiare: occorre prendere poco cibo per volta, affinché lo stomaco non ne risenta, fino a tornare a mangiare con appetito e a sazietà, come è opportuno fare per ben sostenere il fisico. Allo stesso modo, con la preghiera occorre procedere gradualmente, muovendo come i primi passi, per camminare poi speditamente, fino a lanciarsi in quella corsa verso il Cielo che è la preghiera del cuore. Sostenuti da quel grande aiuto che sono i digiuni e le astinenze, cui la Vergine richiama implicitamente denunciando il fatto che si mangi carne anche in Quaresima…

La Vergine ricorda quindi ancora ai pastorelli che cosa significhi avere grano guasto, quindi conclude invitandoli a dire a “tutto il mio popolo” il messaggio loro consegnato. Non ci pare indebito riconoscerci in questa espressione – “il mio popolo” – poiché anche noi oggi ci riconosciamo figli della Madre Celeste – che si rivolge a noi proprio così: “Cari figli”… - , e crediamo dunque che il messaggio consegnato in quel 19 settembre 1846 a Melania e Massimino sia pienamente valido per noi oggi. 

La Vergine sale poi verso il poggio da cui i due pastorelli avevano prima scorto le mucche, sfiorando appena l’erba con i piedi, senza piegarla. Da quel giorno la fontana secca, che là si trovava, non ha più cessato di versare acqua – al punto che oggi è detta proprio “fontana della Vergine” -, un’acqua che si dice essersi mostrata in più occasioni miracolosa. Segno anticipatore, forse, di quella grande fonte miracolosa che la Vergine regalerà all’umanità dopo pochi anni, apparendo a Bernadette nel 1858, a Lourdes.

Rientrati subito dal pascolo, i ragazzi raccontano l’accaduto ai rispettivi datori di lavoro, i quali li mandano dal parroco di La Salette; tramite l’arciprete di Corps, infine, il 5 ottobre 1846 viene informato il vescovo di Grenoble, mons. De Bruillard, il quale decide, mosso da scrupolosa prudenza, di istituire una commissione di indagine che sarà egli stesso a presiedere. Dopo quattro anni di ricerche, è lo stesso monsignore a firmare il decreto di approvazione dell’apparizione di La Salette, il 19 settembre 1851, proprio nel 5° anniversario dell’avvenimento celeste di La Salette, attestando che: «Art. 1 - Noi giudichiamo che l'apparizione della santa Vergine a due pastorelli il 19 settembre 1846, su una montagna della catena delle Alpi, situata nella parrocchia de La Salette... porta in se stessa tutti i caratteri della verità, e che i fedeli hanno fondate ragioni per ritenerla indubitabile e certa. Art. 2 - Noi crediamo che questo fatto acquisti un nuovo grado di certezza per l'accorrere spontaneo e immenso di fedeli sui luoghi dell'apparizione... Art. 3 - E’ per questo, per testimoniare a Dio e alla gloriosa Vergine Maria la nostra viva riconoscenza, che noi autorizziamo il culto a Nostra Signora de La Salette...».

All’approvazione fa presto seguito, nel 1852, un decreto dello stesso mons. de Bruillard, con il quale si decide la costruzione di un santuario, sul luogo dell’apparizione, dedicato a Nostra Signora de La Salette, retto da un gruppo di Missionari espressamente costituito per dedicarsi a tale servizio, curando l’esercizio del ministero della riconciliazione, l’amministrazione dell’Eucaristia, e ponendosi come dispensatori fedeli “dei misteri di Dio e dei tesori spirituali della Chiesa”, denominati specificamente “Missionari di Nostra Signora de La Salette”. 

Il Santuario sorge in uno scenario naturale davvero grandioso, circondato com’è da montagne che paiono rasentare la perfezione. Quando mi ci sono recato in pellegrinaggio la prima volta, un’estate di alcuni anni fa, insieme ad alcuni amici, non ho potuto fare a meno di notare come la Vergine Maria abbia scelto un posto di rara bellezza per venire a visitare il suo popolo nella Francia di metà del XIX secolo. E la grandiosità delle montagne circostanti si presta davvero a rappresentare come un grande abbraccio naturale ai numerosi pellegrini che oggi si recano a visitare Nostra Signora de La Salette, desiderosi di incontrare ancora quell’abbraccio e quella tenerezza che, tramite la Madonna, la Divina Misericordia manifestò al mondo sulle montagne in quel pomeriggio del 19 settembre 1846. 

La Basilica, cominciata nel 1852, è completata nel 1865, e riceve da papa Leone XIII il titolo di “basilica minore” nel 1879, unitamente alla solenne incoronazione della statua della Vergine “Riconciliatrice dei peccatori”. Nel 1934 viene fissata la celebrazione della festa della Madonna de la Salette in data 19 settembre, giorno anniversario dell’apparizione, invocandone l’intercessione quale “Madre della Riconciliazione”. 

L’ordine dei Missionari di Nostra Signora de la Salette è oggi presente in una ventina di nazioni e conta circa 900 religiosi. La sua missione è di “vivere la propria consacrazione battesimale e religiosa alla luce dei valori della preghiera, della penitenza e dello zelo evidenziati dall'apparizione de La Salette, dedicandosi al devoto servizio del Cristo e della Chiesa, sull'esempio di Maria, serva del Signore, completamente dedicata alla persona e all'opera di suo Figlio, che fu costituita riconciliatrice ai piedi della croce”; dedicandosi conseguentemente al compito di “ricondurre sulla retta via della salvezza coloro che ne hanno deviato e coloro che sono incerti o vacillanti con la predicazione della parola di Dio e la celebrazione dei sacramenti”. 

A Madame Henriette Deluy-Fabry, nata a Marsiglia nel 1828 e lì morta nel 1905, affascinata dal mistero delle lacrime di Maria, dobbiamo invece la fondazione di una nuova congregazione religiosa ispirata all'evento dell'apparizione secondo un triplice legame, costituito dallo spirito di immolazione e di sacrificio, dallo spirito apostolico e dallo spirito di preghiera. Le “Religiose Riparatrici di Nostra Signora de la Salette” furono costituite nel 1871, espandendosi poi in altre nazioni europee, sulla scia dell’ordine dei Missionari. Dopo la fondazione delle Suore Missionarie, nel 1928, i due istituti sono stati unificati nell’unico ordine delle “Suore di Nostra Signora de La Salette”, nel 1965, con la missione di “testimoniare con la loro vita l’appello del Cristo alla riconciliazione e alla conversione”.

Facciamo dunque nostro, cari amici, l’invito a riconciliarci con Dio, ritrovando il cammino smarrito, ritornando alla preghiera, alla penitenza, alla santificazione della domenica. Solo così potremo ritrovare quella pace con Dio che è condizione indispensabile perché vi sia la pace tra gli uomini. Solo così cesseranno di scorrere lacrime sul volto delle Madonna, e sempre più scorreranno invece le nostre, per la gioia di scoprire quanto profondamente Maria ci ami.

Affidiamo dunque alla preghiera cari amici il nostro desiderio di riconciliazione:

O nostra Signora di La Salette, vera Madre addolorata, 
ricordati delle lacrime che hai versato per me sul Calvario; 
ricordati anche della cura che hai sempre avuto per me nel sottrarmi alla giustizia di Dio 
e guarda se, dopo aver fatto tanto per questo tuo figlio, puoi abbandonarlo. 

Rianimato da tale consolante pensiero, mi prostro ai tuoi piedi, 

nonostante le mie infedeltà e ingratitudini. 
Non respingere la mia preghiera, o Vergine riconciliatrice, 
ma convertimi e fammi la grazia di amare Gesù sopra ogni cosa, 
e anche di consolare Te con una santa vita, 
affinché io possa un giorno contemplarti in Cielo. 

Nostra Signora di La Salette, riconciliatrice dei peccatori, 
ottienimi la grazia di santificare le feste e la domenica, giorno del Signore, 
come Egli chiede ai suoi figli. 
Intercedi inoltre, Madre addolorata, 
affinché sia estirpato dalla nostra Patria il grave peccato della bestemmia. 

Nostra Signora di La Salette, prega per me che ricorro a Te. 

Amen