Nonostante i russi, l'Isis avanza su Sadad
Nonostante i raid russi, nonostante la contoffensiva di Assad, l'Isis ha aperto un altro fronte a Sud e avanza su Sadad, una città nominata nella Bibbia e una delle prime a convertirsi al cristianesimo. Per gli jihadisti è un obiettivo simbolicamente e strategicamente importante, non lontano da Damasco e Homs. E la comunità cristiana locale, rischia di subire un altro massacro.
Nel libro dei Numeri, al capitolo 34, viene citata come uno dei confini settentrionali della terra di Canaan, indicati da Dio a Mosé: è una città antichissima ai confini con il deserto Sadad. Una città dove il cristianesimo di rito assiro è fiorito per secoli e tuttora ne è il tratto più importante, con le sue quattordici chiese, alcune delle quali antichissime. Ma da domenica - dopo la caduta della vicina Maheen, in questa regione a sud est di Homs - Sadad e i suoi diecimila abitanti sono diventati la nuova prima linea nel mirino dello Stato Islamico in Siria. La nuova frontiera in bilico per i cristiani del Medio Oriente.
Per il momento Sadad sembra resistere: il primo assalto delle milizie jihadiste che arrivano da Palmyra è stato respinto, anche con il sostegno degli elicotteri russi e di milizie assire. Ma nei prossimi giorni ne arriveranno certamente degli altri: si tratta infatti di un obiettivo particolarmente importante per il Califfato. Da quando possono contare sul sostegno aereo russo, le forze dell'esercito di Assad e le milizie sciite alleate stanno concentrando la loro attenzione su Aleppo, al Nord, dove stanno recuperando posizioni ai danni soprattutto delle formazioni legate a Jabath al Nusra e alla galassia di altre sigle ribelli. Ma la risposta dello Stato Islamico è stata aprire un altro fronte più a Sud, in una zona dove il controllo reale sul terreno da parte delle forze alleate di Assad è molto più debole di quanto le mappe disegnate sulla carta lascino apparire. Una zona di importanza strategica: un'eventuale conquista di Sadad permetterebbe infatti ai jihadisti di spingersi fino alla vicinissima autostrada che collega Damasco a Homs, un'arteria fondamentale per i collegamenti all'interno della Siria.
Per i cristiani, però, questa zona evoca anche un ricordo particolarmente doloroso: non è la prima volta che Sadad finisce sotto attacco nell'inferno che devasta la Siria da ormai quattro anni e mezzo. Già due anni fa altre milizie islamiste - quelle di Jabath al Nusra - si spinsero fin qui occupando la città per qualche giorno. Lasciarono dietro delle fosse comuni, con i corpi di decine di civili, comprese donne e bambini. Inoltre al Qaryatayn - la cittadina dove l'Isis ha imposto il suo dominio nello scorso mese di agosto portando via oltre duecento cristiani e costringendone una parte a sottostare al brutale rito della sottomissione, filmato tra le rovine di Palmyra - si trova ad appena una decina di chilometri più a Est.
E in un monastero di al Qaryatayn era stato rapito anche padre Jacques Mourad, il religioso della comunità di Mar Musa riuscito a fuggire dalla prigionia dell'Isis appena tre settimane fa. Proprio ieri l'Aiuto alla Chiesa che Soffre ha diffuso un appello di padre Mourad. «La mia liberazione è stata un vero miracolo - scrive - Se sono qui, se il Signore ha potuto realizzare questo miracolo, è stato anche grazie alle vostre preghiere, a quelle dei vostri benefattori e della Chiesa universale». Ma il religioso confida anche tutto lo sconforto delle comunità locali: «La situazione si aggrava di giorno in giorno, al punto che mi è molto difficile intravedere soluzioni possibili», riconosce. Tornando a chiedere un impegno più serio da parte dell'Unione Europea: «L’Europa deve assolutamente cercare una soluzione politica - scrive -. Perché questa è l’unica via per garantire la salvezza della nostra gente e del nostro Paese».
Mentre, infatti, i diversi attori del conflitto regionale in Siria - Stati Uniti, Russia, Arabia Saudita, Turchia, Iran... - continuano a lanciarsi segnali sull'ipotetica transizione con o senza Bashar al Assad, lo Stato Islamico adatta la sua strategia di conquista territoriale alla nuova situazione sul terreno. E - senza uno sbocco politico che permetta di fare chiarezza su chi oggi combatte chi in Siria - è difficile immaginare che un posto come Sadad possa resistere a lungo.
Per i cristiani della Siria questo significa solo il protrarsi di una sofferenza infinita: il sito Ora Pro Siria sta pubblicando in questi giorni il diario di un viaggio compiuto qualche giorno fa tra le comunità dei villaggi intorno ad Azeir - la cittadina dove sono presenti le monache Trappiste - e la martoriata Homs - la grande città oggi in macerie, dove i cristiani locali sono tornati dopo la riconquista da parte dell'esercito di Assad, avvenuta nel maggio 2014. Una carrellata di martiri, di domande angosciate («Per cosa restare qui? Restiamo per morire?»), ma anche di un amore straordinario per la propria terra. «Negli scantinati della parrocchia greco-ortodossa della Madonna dell'Annunciazione - racconta Fiorenza da Homs - ammiro le preziose antichissime icone del Monastero di san Georges qui custodite, salvate per l'amore dei fedeli consapevoli di un patrimonio molto più grande del valore economico di queste opere d'arte: “una questione di vita o di morte”, mi dicono con semplicità. Nella via di fronte alla chiesa rimbalzano i richiami dei bambini che escono a frotte dalla scuola, voci di un popolo che domanda solamente di poter avere un futuro nella propria terra».