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IL PAPA

«Non lasciate il Libano in balia di chi è senza scrupoli»

«Questo caro Paese, tesoro di civiltà e di spiritualità non può essere lasciato in balia della sorte o di chi persegue senza scrupoli i propri interessi». L'appello di Papa Francesco nel corso della Preghiera Ecumenica per il Libano dove quasi l’80% delle famiglie non ha soldi sufficienti per acquistare beni alimentari e il 30% dei minori non riesce a procurarsi un pasto.

Ecclesia 02_07_2021

Nell’ultimo mese più del 30% dei minori libanesi ha avuto difficoltà a procurarsi un pasto e quasi l’80% delle famiglie non ha avuto soldi sufficienti per acquistare beni alimentari. È drammatica la fotografia del Paese dei Cedri emersa dai dati di un’indagine pubblicata ieri dall’Unicef. Un peso rilevante della grave crisi sociale, politica ed economica in corso è finito sulle spalle dei più piccoli: il 15% di loro ha dovuto interrompere gli studi ed è cresciuto il fenomeno dell’occupazione minorile.

Qualche commentatore estero, attingendo al solito repertorio anticlericale, ha beffardamente osservato che la popolazione libanese avrebbe bisogno di aiuti economici e non di preghiere in questo momento. Ignorano che per i cristiani la preghiera è l’arma più potente a cui fare ricorso perché Gesù ha insegnato che “tutto quello che chiederete con fede nella preghiera, lo otterrete”. Per questo la Giornata organizzata ieri in Vaticano è il gesto d’amore più grande che il Papa potesse rivolgere all’amato popolo libanese. Francesco ha accolto a Santa Marta i leader delle comunità cristiane del Libano, fermandosi a conversare con ognuno di loro e poi accompagnandoli verso la Basilica di San Pietro, dopo aver attraversato a piedi piazza Santa Marta.

A precedere il Papa ed i suoi invitati libanesi, il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani e monsignor Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per Rapporti con gli Stati. Insieme, davanti all’altare della Confessione, i presenti si sono fermati in preghiera ed hanno recitato il Padre Nostro in arabo. È seguito un passaggio nelle Grotte Vaticane, per una sosta davanti alla tomba di Pietro e l’apposizione di una candela in segno di richiesta di pace e speranza per il Paese.

La Giornata è continuata a telecamere spente all’interno della Sala Clementina del Palazzo Apostolico per tre sessioni di confronto moderate da monsignor Joseph Spiteri, nunzio apostolico in Libano. Terminate le sessioni, ha avuto luogo in Basilica Vaticana la preghiera ecumenica insieme al cardinale Bechara Boutros Rai, patriarca di Antiochia dei maroniti, al Catholicos di Cilicia degli armeni, Aram I, a monsignor César Essayan, Vicario Apostolico di Beirut dei Latini, al patriarca di Antiochia dei siro-cattolici, Ignace Youssif III Younan, al patriarca di Antiochia dei greco-melkiti Youssef Absi e al vescovo di Beirut dei caldei, Michel Kassarji. Con loro anche Youhanna X, patriarca greco ortodosso di Antiochia, Ignazio Aphrem II, patriarca siro-ortodosso di Antiochia e tutto l’Oriente e il reverendo evangelico Joseph Kassab.

Qui Papa Francesco ha pronunciato il suo discorso, affermando che «questo caro Paese, tesoro di civiltà e di spiritualità, che ha irradiato nei secoli saggezza e cultura, che testimonia un'esperienza unica di pacifica convivenza, non può essere lasciato in balia della sorte o di chi persegue senza scrupoli i propri interessi». Francesco si è rivolto ai capi politici locali per chiedere loro di trovare «soluzioni urgenti e stabili alla crisi economica, sociale e politica attuale», ricordando che «non c’è pace senza giustizia».

Il Pontefice si è rivolto anche ai libanesi emigrati all’estero, chiedendo loro di mettere a servizio della «patria le energie e le risorse migliori». «Basta usare il Libano e il Medio Oriente per interessi e profitti estranei», ha tuonato Bergoglio, sottolineando come occorra «dare ai libanesi la possibilità di essere protagonisti di un futuro migliore, nella loro terra e senza indebite interferenze». Francesco ha citato il suo predecessore San Giovanni Paolo II, definendo il Libano «un messaggio universale di pace» per rimarcare che «la sua vocazione è quella di essere una terra di tolleranza e di pluralismo, un'oasi di fraternità dove religioni e confessioni differenti si incontrano, dove comunità diverse convivono anteponendo il bene comune ai vantaggi particolari».

Su questo punto, il Papa ha detto di assicurare «ai fratelli e alle sorelle musulmani e di altre religioni apertura e disponibilità a collaborare per edificare la fraternità e promuovere la pace» perché «noi cristiani siamo chiamati a essere seminatori di pace e artigiani di fraternità, a non vivere di rancori e rimorsi passati». Una menzione particolare per i giovani libanesi definiti «lampade che ardono in quest'ora buia» ma anche per i bambini («i loro occhi luminosi, ma rigati da troppe lacrime, scuotano le coscienze e indirizzino le scelte», si è augurato il Santo Padre) e per le donne «generatrici di vita e di speranza per tutti» per le quali ha chiesto rispetto e il coinvolgimento nei processi decisionali.

L’appello del Pontefice ha avuto come destinataria anche la comunità internazionale a cui ha chiesto «uno sforzo congiunto» per favorire le condizioni affinché «il Paese non sprofondi, ma avvii un cammino di ripresa». Qualche ora prima che Bergoglio pronunciasse queste parole all’interno della Basilica di San Pietro, a Beirut il dimissionario ministro libanese delle Finanze, Ghazi Wazni ha annunciato che a settembre per il Paese dei Cedri potrebbe esserci la possibilità di ricevere altri 900 milioni di dollari di aiuti dal Fondo monetario internazionale sotto forma di diritti speciali di prelievo. Una flebile luce di speranza nella «nera cortina della notte» a cui ha fatto riferimento il Pontefice per descrivere l’attuale situazione di crisi, citando il poeta nazionale Kahlil Gibran.