Non c'è dialogo senza chiarezza
Non si può riflettere sulla legge 40 omettendo di parlare delle sue origini travagliate e dolorose. Non bisogna dimenticare ad esempio la posizione "aperta" presa negli anni Novanta dall'Associazione Medici Cattolici Italiani e da istituzioni come il San Raffaele...
Nell'articolo pubblicato il 19 dicembre sulla NBQ Giacomo Samek Lodovici vuole affrontare una riflessione tra i vari pro life sulla legge 40/2004 rinunciando per sua scelta di parlare della sua promulgazione e ribadendo questa affermazione sia all'inizio che alla conclusione dell'articolo.
A me sembra troppo semplicistico affrontare una riflessione omettendo di parlare delle origini molto travagliate e dolorose - che mi hanno indotto a titolare Fecondazione in vitro via crucis dei pro life italiani un voluminoso dossier che documenta dettagliatamente tale travaglio - perché proprio in esse si trova la genesi di tante possibili picconate dei giudici e della scarsa attenzione che gli stessi giudici danno alle ripetute e manifeste violazioni della stessa legge 40.
Volendo limitare la riflessione sulle origini della legge 40 agli anni Novanta - anche se iniziano nella seconda metà degli anni Sessanta! - per capire come è nata la proposta di legge dell'on. Carlo Casini o del Nuovo Millennio, che sembra una fotocopia di quanto in esse descritto, basta leggere le pagine 37-40 di Sanare infirmos di dicembre 1996, n. 25 del terzo quadrimestre dell'anno 1996: "Fecondazione in provetta nel rispetto dell'uomo" (pagg. 37 e 38) e "Il Comitato di Etica e la procreazione assistita" (pagg. 39 e 40). A pag. 40 Alfredo Anzani, Delegato Regionale per la Lombardia (1995-2005) e consigliere nazionale dell'Associazione Medici Cattolici Italiani, Membro corrispondente della PAV e vicepresidente (dal 2004) della FEAMC (Federazione Europea dei Medici Cattolici), nella veste di segretario del Comitato Etico HSR (Ospedale San Raffaele), scrive:
1. Il Comitato, pur prospettando ai medici alcune fondamentali perplessità etiche relative alla tecnica di fecondazione extra-corporea, ha riconosciuto nel contempo gli innegabili benefici offerti da questa forma di terapia della sterilità grave, ha valutato attentamente la soluzione proposta e ha giudicato in modo favorevole la restrizione alla sola fecondazione omologa e le forme di tutela poste in atto per evitare, in maniera assoluta, lo spreco e la selezione degli embrioni.
2. Il Comitato ha apprezzato il principio esplicitamente espresso dai medici di operare “non per mezzo dell? embrione” ma “per l?embrione”, presupponendo cioè la dignità umana del concepito e considerando ogni embrione formato come oggetto di attenzione individuale.
3. Il San Raffaele ritiene che gli interventi in esso praticati sono sostanzialmente conformi agli insegnamenti complessivi del magistero ecclesiale, interpretati e applicati secondo i criteri generali e comunemente proposti dai moralisti cattolici. Più precisamente il San Raffaele ritiene che tali interenti siano riconducibili a una forma di “aiuto” che, anche secondo la dottrina ecclesiale, può essere legittimamente prestato per realizzare, in alcune condizioni, il fine della procreazione umana; con la fecondazione assistita non si vuole sostituire, infatti, al rapporto coniugale ma si desidera fare in modo che tale rapporto raggiunga il suo obiettivo, grazie all?aiuto che la medicina offre. Con questa metodica non si vuole operare al di fuori dell'"unità morale e fisica della coppia". L'atto di amore c?è, continua, è aperto alla vita…
In un rinomato Ospedale ambrosiano, fondato e gestito da un Sacerdote non solo viene praticata la fecondazione extra-corporea, ma nella loro rivista quadrimestrale viene affermato - con il silenzio/assenso dell'Ordinario del luogo - che tale pratica è terapia della sterilità ed è conforme agli insegnamenti complessivi del magistero ecclesiale, interpretati e comunemente proposti dai moralisti cattolici; e tutto questo accade nonostante la CDF in più occasioni ha invitato tramite l'Ordinario del luogo ad osservare l'insegnamento del Magistero espresso nella Donum vitae.
Da qui nasce l'ostinata sordità alle ripetute richieste di affermare nell'art. 1 della legge che la fecondazione in vitro non è terapia della sterilità e dell'infertilità coniugale per cui non rientra tra le prestazioni elargite dal Sistema Sanitario Nazionale e la semplicioneria dell'articolato della legge, che si limita a fare affermazioni di principio senza esplicitare in che modo bisogna applicarle.
E non sarà stata, forse, casuale la scelta della denominazione equivoca ed equivocabile di PMA, procreazione medicalmente assistita, che comprende procedure terapeutiche in vivo già in uso da decenni - l'inseminazione omologa, che a certe condizioni è anche eticamente accettabile per i Cattolici - e tecniche assolutamente non terapeutiche di riproduzione umana, quali sono i vari tipi di fecondazione extra corporea o in vitro.
Né è un caso che la Corte Costituzionale abbia dichiarato la illegittimità costituzionale dell'art. 14, comma 2, della legge n. 40 del 2004 limitatamente alle parole «ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre» affermando “Va premesso che la legge in esame rivela - come sottolineato da alcuni dei rimettenti - un limite alla tutela apprestata all'embrione, poiché anche nel caso di limitazione a soli tre del numero di embrioni prodotti, si ammette comunque che alcuni di essi possano non dar luogo a gravidanza, postulando la individuazione del numero massimo di embrioni impiantabili appunto un tale rischio, e consentendo un affievolimento della tutela dell'embrione al fine di assicurare concrete aspettative di gravidanza, in conformità alla finalità proclamata dalla legge. E dunque, la tutela dell'embrione non è comunque assoluta, ma limitata dalla necessità di individuare un giusto bilanciamento con la tutela delle esigenze di procreazione” e sottolineando che è prevalente la tutela del diritto alla salute della donna rispetto alla tutela vita degli embrioni “Il limite legislativo in esame finisce, quindi, per un verso, per favorire - rendendo necessario il ricorso alla reiterazione di detti cicli di stimolazione ovarica, ove il primo impianto non dia luogo ad alcun esito - l'aumento dei rischi di insorgenza di patologie che a tale iperstimolazione sono collegate”.
Da qui nasce anche l'ostinazione di Carlo Casini di continuare a parlare di destinazione nascita anche dopo la pubblicazione dell'istruzione della CDF Dignitas personae, che esplicitamente al n. 14 afferma “Occorre tuttavia rilevare che, considerando il rapporto tra il numero totale di embrioni prodotti e di quelli effettivamente nati, il numero di embrioni sacrificati è altissimo. Queste perdite sono accettate dagli specialisti delle tecniche di fecondazione in vitro come prezzo da pagare per ottenere risultati positivi. Quindi se l'autore dell'articolo legge bene i dati delle relazioni annuali del Ministro della Salute si rende conto che anche con la fivet omologa nell'anno 2010 il 90,3% degli embrioni trasferiti in utero (vedi tab. 3.67) ed il 92,8% degli ovociti fecondati (zigoti) (vedi tab. 3.37) sono stati sacrificati per far nascere i loro 10.036 fratellini, come anche la Corte Costituzionale riconosce nella sopracitata sentenza.
Da qui nasce anche l'ultima trovata dell'Associazione Scienza e Vita l'APN, adozione per la nascita, con la pretesa che ciò possa far riconoscere la dignità personale del concepito e quindi il suo diritto alla vita!
Riguardo all'interpretazione del n. 73 di Evangelium vitae è stato un eminente moralista cattolico, forse uno dei moralisti cattolici citati da Alfredo Anzani nel sopra riportato articolo di Sanare infirmos, a dare un'interpretazione funzionale alla proposta di legge ed autorevoli pareri, che non sono corretti come altri autorevolissimi moralisti hanno anche pubblicamente affermato. Un'interpretazione corretta è stata da me e da Altri data allo stesso n. 73 di E. V. in occasione dei Referendum sulla legge 40: durante la campagna referendaria dicendo tutta la verità scientifica conosciuta sulla fecondazione in vitro e manifestando apertamente la nostra contrarietà ad ogni forma di fecondazione in vitro abbiamo invitato tutti i cittadini ad astenersi dal votare perché così facendo si sono potuti limitare i possibili danni derivanti dall'abrogazione di alcuni divieti in essa contenuti.
Quanto ad Avvenire non mi sembra abbia permesso il confronto tra i pro life sulla fecondazione in vitro pubblicando qualcuna delle numerose lettere inviate, ma piuttosto ha frequentemente ecceduto nella difesa e nell'esaltazione della legge 40 come in occasione dell' articolo comparso su Avvenire il 27 settembre 2011 a pag. 16 con il titolo trionfalistico "Incinta dopo il tumore grazie a ovuli congelati", che ha spinto Maurizio Mori a scrivere una lettera al Direttore per chiedergli se i Vescovi italiani avevano cambiato idea sulla fecondazione in vitro.
Non riesco a comprendere a fondo la finalità di questo intervento di Giacomo Samek Lodovici, ma una cosa è difendere a spada tratta la legge 40/2004 un'altra è denunciare
- gli attacchi che i vari giudici e le varie Corti continuamente fanno;
- le inadempienze del Ministro della Salute, che non si preoccupa di emanare linee guida che esplicitino in forma chiara quanto l'articolato della legge solamente proclama;
- gli abusi di alcune Amministrazioni Regionali (come ad esempio il Veneto);
- le omissioni di tanti giudici che invece di perseguire le violazioni della legge 40 da parte delle coppie che loro si rivolgono autorizzano ulteriori violazioni;
cosa che è stata sempre puntualmente fatta dai pro life che continuano a considerare ingiusta e mortifera la legge 40/2004 proponendo pure suggerimenti per limitare la strage di concepiti.
Se l'intento di Giacomo Samek Lodovici è quello di aprire un dialogo chiarificatore per por fine a questa dolorosa e triste vicenda a me sembra che non sia questo il luogo ed il modo migliore per farlo, ma Chi sta in alto ed ha a cuore il bene di tantissimi nostri fratelli concepiti e la comunione di tutti quelli che vogliono operare in questo senso sa chi invitare per un dialogo franco e costruttivo in cui deve splendere la verità e sicuramente - come sempre - saremo lieti di accogliere l'invito.