Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi

PAPA FRANCESCO

Non basta Internet serve Chesterton

Internet: strumento di cui non si può fare a meno, va usato distinguendo il vero dal falso. Serve ricordare Chesterton e il suo studio sulle "parole cristiane impazzite", parole nate da Cristo, sganciate dalla loro radice.

Editoriali 08_12_2013
Papa Francesco

Internet è uno strumento utilissimo per l'apostolato, di cui oggi è obbligatorio servirsi, ma da solo non basta. Alla fine, per evangelizzare e convertire occorre una relazione personale, faccia a faccia. È quanto ha spiegato Papa Francesco - riprendendo un insegnamento di Benedetto XVI e già del beato Giovanni Paolo II (1920-2005), esposto in una lunga serie di messaggi per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali - nell'udienza concessa il 7 dicembre 2013 alla plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici. La giornata è stata caratterizzata anche dall'incontro di Francesco con l'Istituto «Dignitatis humanae» e dalla pubblicazione del messaggio del Pontefice per la XXII Giornata mondiale del malato, in programma il prossimo 11 febbraio, mentre non si spegne - specie sulla stampa di lingua inglese - l'eco della predica del 5 dicembre a Santa Marta, dove il Papa ha evocato lo scrittore Gilbert Keith Chesterton (1874-1936).

Internet, ha detto Francesco al Pontificio Consiglio per i Laici, ripropone in modo nuovo una questione antica, «la questione sempre attuale del rapporto tra la fede e la cultura». Il problema riguarda tutti, ma specialmente i giovani, per cui ormai la Rete è «connaturale» ed è diventata «una sorta di nuovo ambiente di vita». Internet è «una realtà diffusa, complessa e in continua evoluzione», è come un nuovo mondo culturale che pone sfide simile a quelle con cui si confrontarono i Padri della Chiesa quando si trovarono di fronte alla «straordinaria eredità della cultura greca».

L'eredità greca - lo insegnava Benedetto XVI - era sì «straordinaria», ma non poteva essere accettata tutta a scatola chiusa. I Padri della Chiesa operarono un discernimento. E lo stesso, afferma Papa Francesco, vale oggi per Internet. «Anche tra le opportunità e i pericoli della rete, occorre "vagliare ogni cosa", consapevoli che certamente troveremo monete false, illusioni pericolose e trappole da evitare. Ma, guidati dallo Spirito Santo, scopriremo anche preziose opportunità per condurre gli uomini al volto luminoso del Signore».

Oggi sarebbe impensabile per la Chiesa, e in particolare per i laici, escludere Internet dalla comunicazione e dall'evangelizzazione: sulla Rete «è indispensabile essere presenti». I laici devono acquisire «competenze tecnologiche» ma anche ricordare che su Internet, dietro l'account o lo pseudonimo, ci sono sempre «donne e uomini reali, spesso feriti o smarriti». Per questo occorre partire da Internet, ma non fermarsi lì. Alla fine, con chi abbiamo incontrato sulla Rete si dovrà passare a una relazione diretta, faccia a faccia. «Pertanto Internet non basta, la tecnologia non è sufficiente». Dalla Rete si deve passare a «relazioni umane autentiche e dirette per sfociare in un incontro personale con il Signore».

Le autentiche relazioni umane, ha spiegato il Papa alla delegazione dell'Istituto «Dignitatis humanae», presuppongono il rispetto per ogni uomo creato a immagine e somiglianza di Dio, anche per coloro - vecchi, malati, emarginati, disabili - che la società contemporanea dell'efficienza e di Internet tende a «scartare», senza dimenticare i nascituri eliminati con l'aborto. Il valore di ogni vita umana è «insopprimibile, indisponibile a qualsiasi potere o ideologia». Va ricordato, perché «purtroppo nella nostra epoca, così ricca di tante conquiste e speranze, non mancano poteri e forze che finiscono per produrre una cultura dello scarto; e questa tende a divenire mentalità comune». «Le vittime di tale cultura sono proprio gli esseri umani più deboli e fragili – i nascituri, i più poveri, i vecchi malati, i disabili gravi… –, che rischiano di essere "scartati", espulsi da un ingranaggio che dev’essere efficiente a tutti i costi. Questo falso modello di uomo e di società attua un ateismo pratico negando di fatto la Parola di Dio che dice: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza”».

Quella Parola di Dio originaria, invece, ci libera. «La forza di questa Parola pone dei limiti a chiunque voglia rendersi egemone prevaricando i diritti e la dignità altrui. Nel medesimo tempo, dona speranza e consolazione a chi non è in grado di difendersi, a chi non dispone di mezzi intellettuali e pratici per affermare il valore della propria sofferenza, dei propri diritti, della propria vita».

«Dignitatis humanae» era anche il titolo della Dichiarazione sulla libertà religiosa del Concilio Ecumenico Vaticano II. Il Papa lo ha ricordato, sottolineando che nella dottrina sociale della Chiesa «c’è un frutto particolarmente significativo del lungo cammino del Popolo di Dio nella storia moderna e contemporanea: c’è la difesa della libertà religiosa, della vita in tutte le sue fasi, del diritto al lavoro e al lavoro decente, della famiglia, dell’educazione». Temi importanti, ma sui quali non mancano equivoci, per cui «è necessaria un’opera di sensibilizzazione e di formazione, affinché i fedeli laici, in qualsiasi condizione, e specialmente quelli che si impegnano in campo politico, sappiano pensare secondo il Vangelo e la Dottrina sociale della Chiesa e agire coerentemente».

La difesa della persona anziana e malata contro la «cultura dello scarto» - il cui simbolo, il Papa lo ha detto tante volte, è l'eutanasia - risuona anche nel messaggio per la Giornata mondiale del malato. Nei malati dobbiamo invece riconoscere «una speciale presenza del Cristo sofferente». Certo, Gesù «non ha tolto dall'esperienza umana la malattia e la sofferenza, ma, assumendole in sé, le ha trasformate e ridimensionate. Ridimensionate, perché non hanno più l'ultima parola, che invece è la vita nuova in pienezza; trasformate, perché in unione a Cristo da negative possono diventare positive».

Il cristiano sa che «nel disegno d’amore di Dio anche la notte del dolore si apre alla luce pasquale». Chi si accosta ai malati con questo spirito porta «la speranza e il sorriso di Dio nelle contraddizioni del mondo», e a chi soffre sa proporre sempre anche il modello e la compagnia della Vergine Maria, Madre dei sofferenti, che resta sempre «accanto alle nostre croci e ci accompagna nel cammino verso la risurrezione e la vita piena».

Ma non va dimenticato, accanto alla Madonna sotto la Croce - aggiunge Papa Francesco - san Giovanni, l'evangelista che «ci ricorda che non possiamo amare Dio se non amiamo i fratelli». San Giovanni ci «invita anche a lasciarci contagiare da questo amore, ci insegna a guardare sempre l’altro con misericordia e amore»: chiunque sia l'altro, per quanto grave sia la sua malattia e grande la sua sofferenza. Nessuna vita dev'essere «scartata».

Come accennavo, non si spegne nel frattempo l'eco della predica che Francesco ha pronunciato a Santa Marta il 5 dicembre, che ha suscitato interesse specie nel mondo di lingua inglese perché il Papa ha evocato Chesterton a pochi mesi dall'annuncio da parte del vescovo di Northampton dell'avvio dell'indagine preliminare per iniziare la causa di beatificazione del grande scrittore inglese, convertito dalla comunità anglicana al cattolicesimo.

Chesterton si oppose con vigore all'eutanasia, all'eugenetica, all'idea che ci sono vite umane che sarebbero indegne di essere vissute, alla falsa compassione e alla falsa misericordia.

Il Papa ha evocato una nozione chiave di Chesterton, quella delle «parole cristiane impazzite». Il mondo moderno usa spesso parole di origine cristiana - compassione, misericordia, perdono - ma, sganciandole dalla loro radice, ne rovescia il significato. «Una parola è forte, dà vita - ha detto il Papa - può andare avanti, può tollerare tutti gli attacchi se questa parola ha le sue radici in Gesù Cristo». Invece «una parola cristiana che non ha le sue radici vitali, nella vita di una persona, in Gesù Cristo, è una parola cristiana senza Cristo. E le parole cristiane senza Cristo ingannano, fanno male».

Chesterton, ha ricordato Papa Francesco, «parlando sulle eresie» ha detto «che un’eresia è una verità, una parola, una verità che è diventata pazza». È proprio così, ha spiegato il Pontefice: «quando le parole cristiane sono senza Cristo incominciano ad andare sul cammino della pazzia». «Una parola cristiana senza Cristo ti porta alla vanità, alla sicurezza di te stesso, all’orgoglio, al potere per il potere. E il Signore abbatte queste persone».

Il Signore è molto severo con le «persone che vanno soltanto dietro una parola, senza Gesù Cristo». Persone vittima della mondanità spirituale - un concetto caro a Papa Francesco - che non è la mondanità materiale, cioè l'amore per il lusso e le ricchezze: è il fare opere che sembrano buone, e magari coltivare anche una certa povertà, «ma senza Gesù Cristo: senza il rapporto con Gesù Cristo; senza la preghiera con Gesù Cristo; senza il servizio a Gesù Cristo; senza l’amore a Gesù Cristo». La pagina di Chesterton ci invita precisamente a «dire sempre le parole cristiane con Gesù Cristo, non senza Gesù Cristo». Altrimenti pronunciamo «parole che, per crederci potenti, finiscono nella pazzia della vanità e nella pazzia dell’orgoglio».

Il 14 marzo, nella sua prima omelia, il Papa aveva iniziato a «sdoganare» autori molto critici rispetto alla cultura dominante moderna citando di Léon Bloy (1846-1917) una pagina che va nella stessa direzione di denuncia della mondanità spirituale: «"Chi non prega il Signore prega il diavolo".Quando non si confessa Gesù Cristo, si confessa la mondanità del diavolo, la mondanità del demonio». Il 18 e 28 novembre, in due omelie di Santa Marta, Francesco aveva citato lo scrittore e sacerdote cattolico inglese Robert Hugh Benson (1871-1914), anche lui convertito dall'anglicanesimo come Chesterton, e il suo romanzo «Il padrone del mondo», dove la mondanità spirituale è riferita all'Anticristo. Ora tocca - felicemente - a Chesterton, un autore particolarmente adatto a ricordarci che no, Internet - per quanto sia oggi indispensabile - non basta. Il realismo cristiano esige l'incontro umano. Vissuto nel nome di Gesù, guardandoci da parole che sembrano cristiane ma che oggi sono «impazzite» e sono usate per promuovere il contrario del cristianesimo - pensiamo a «amore», «pace», «misericordia» - e ci portano sulla strada dell'eresia e della pazzia.