Nigeria, ultimatum islamista ai cristiani
Gli jihadisti di Boko Haram minacciano di sterminare i cristiani nel tentativo
di delegittimare il presidente cristiano Goodluck Jonathan.
Tre giorni di tempo per andarsene o sarà una strage: è questo l’ultimatum di Boko Haram ai cristiani della Nigeria originari del sud, ma residenti negli Stati settentrionali a maggioranza islamica.
La nuova minaccia del movimento integralista musulmano, responsabile degli attentati contro i cristiani che a Natale hanno causato oltre 50 vittime e più di 100 feriti, è stata definita dalla polizia nigeriana inconsistente, ma tuttavia fa tremare le comunità cristiane già tanto provate negli ultimi anni dalla violenza di Boko Haram che ormai, nel nord dove trova i maggiori consensi, mette a segno attentati e aggressioni quasi quotidianamente.
Se anche le forze dell’ordine riusciranno a scongiurare un ulteriore bagno di sangue, quel che si teme è che i terroristi riescano nell’intento di rafforzare l’ostilità che già mina i rapporti tra le etnie nigeriane divise non solo dalla fede, ma anche da antiche rivalità di natura economica, particolarmente accentuate tra le comunità dedite alla pastorizia e quelle agricole. Inoltre è chiaro che i Boko Haram mirano a far crescere nella popolazione di religione islamica sfiducia e diffidenza nei confronti del presidente Goodluck Jonathan, un cristiano nato nel sud. In questa direzione vanno l’appello ai nigeriani islamici che vivono negli stati meridionali a fuggire al più presto verso nord per salvarsi da imminenti attacchi da parte dei militari e la dichiarazione ai mass-media che esistono fondate ragioni di ritenere che negli Stati del nord in cui è stato dichiarato lo stato di emergenza le forze dell’ordine si preparino a far strage di musulmani innocenti: «noi li affronteremo in modo deciso - ha detto un portavoce di Boko Haram - per proteggere i nostri fratelli».
Convincere i musulmani nigeriani a diffidare di un governo “in mano ai cristiani” non è difficile. A ogni campagna elettorale i leader del nord islamico puntano su questo elemento per raccogliere consensi accusando gli avversari cristiani di corruzione, malgoverno e clientelismo in favore delle etnie del sud: una strategia che, peraltro, alle elezioni dello scorso anno ha avuto meno successo del solito, come dimostrano i discreti risultati ottenuti da Jonathan e dal suo partito anche nel nord. In compenso Boko Haram ha conquistato consensi nelle fasce di popolazione più povere, oltre a godere adesso del sostegno di alcuni dei leader islamici sconfitti.
L’offensiva di Boko Haram giunge inoltre in un momento molto difficile per il governo nigeriano la cui popolarità è decisamente ai minimi storici da quando ha annunciato la soppressione a partire dal 1° gennaio 2012 dei sussidi statali che per decenni hanno contenuto i prezzi dei prodotti petroliferi. Gli effetti del provvedimento si sono immediatamente fatti sentire. In due giorni il prezzo della benzina e del cherosene usato in tutte le famiglie per cucinare è più che raddoppiato e già si hanno ricadute altrettanto pesanti sul costo dei trasporti e di alcune merci.
Uno dei paradossi di questo Paese è che, pur essendo da decenni il primo produttore africano di petrolio, manca di raffinerie - se ne contano in tutto soltanto quattro, vecchie e mal funzionanti - e per questo è costretto a importare il 90% del proprio fabbisogno di carburante. La soppressione dei sussidi statali farà risparmiare al governo nigeriano circa sei miliardi di euro all’anno che dovrebbero essere investiti, insieme ad altri capitali, in piani di sviluppo: questo ha promesso il presidente Jonathan durante la campagna elettorale. Intanto però i rincari appaiono insostenibili per una popolazione che per due terzi vive con meno di 1,25 dollari al giorno, vale a dire sotto la soglia della povertà. Il governo ha invitato i nigeriani a non farsi prendere dal panico, ma già si sono avute manifestazioni di protesta che nella ex capitale Lagos hanno costretto la polizia a intervenire con i gas lacrimogeni. In realtà i sussidi pur favorendo i più poveri erano anche un’occasione di corruzione: molto carburante, ad esempio, veniva rivenduto oltreconfine a prezzi di mercato. Ma di questo nessuno si lamentava. Adesso le principali confederazioni sindacali annunciano una mobilitazione nazionale. Il maggior partito all’opposizione, il Congress for Progressive Change guidato dall’ex dittatore Muhammadu Buhari, soffia sul fuoco: «il presidente Jonathan sta facendo la guerra ai nigeriani».