Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
CONTINENTE NERO

Nigeria, Mozambico: gli jihadisti mirano ai bambini

Strage degli innocenti a Cabo Delgado, provincia a maggioranza musulmana del Mozambico. Save the Children denuncia l'uccisione di molti bambini da parte del gruppo jihadista degli al Shabaab, nel corso di numerosi massacri. In Nigeria, una banda armata ha invece rapito insegnanti di una scuola elementare nello stato nordoccidentale del Kaduna. In totale 800 ragazzi sono stati rapiti dall'inizio dell'anno.

Esteri 17_03_2021
In Mozambico

“Purtroppo ormai in Nigeria niente può più stupire”. Con queste parole Bulama Bukarti, esperto in organizzazioni estremiste del Tony Blair Institute for Global Change, ha commentato la notizia dell’attacco alla scuola elementare di Rema, nello stato nord occidentale del Kaduna, avvenuto la mattina del 15 marzo. Uomini armati a bordo di motociclette hanno fatto irruzione nell’istituto poco prima dell’inizio delle lezioni creando i panico tra i bambini che si preparavano a entrare in classe. Inizialmente le autorità avevano detto che erano stati rapiti diversi sudenti e alcuni insegnanti. Poi è risultato che solo tre insegnanti sono stati portati via e anche due bambini, che in un primo tempo mancavano all’appello, sono stati ritrovati.

Negli ultimi tre mesi in Nigeria sono stati rapiti circa 800 ragazzi in quattro stati nord occidentali confinanti: Zamfara, Katsina, Kaduna e Niger. 84, allievi di una scuola coranica, sono stati rapiti per strada, mentre tornavano dall’aver preso parte a una cerimonia religiosa. Tutti gli altri sono stati sequestrati a scuola, di notte nel caso di tre collegi. Quella di Rama è la settima scuola presa di mira, includendo il fallito attacco nella notte tra il 13 e il 14 marzo all’istituto federale di Ikara, nel Kaduna, che ospita 307 allievi, salvati dall’intervento tempestivo delle forze di sicurezza. Mai prima era stata colpita una scuola elementare, quindi frequentata da bambini piccoli, ed è questo che desta se possibile ancora più scandalo e collera nella popolazione e fa dire all’esperto che, se può succedere una cosa del genere, allora in Nigeria tutto è possibile. Va aggiunto che a fine gennaio uomini armati sono entrati addirittura in un orfanotrofio alla periferia della capitale Abuja e hanno rapito sette bambini di età compresa tra 10 e 13 anni.

Dall’Africa arriva anche un’altra notizia sconvolgente. Il gruppo jihadista al Shabaab attivo nel nord del Mozambico, nella provincia di Cabo Delgado a maggioranza islamica, nella sua follia criminale non risparmia i bambini. La denuncia è dell’organizzazione non governativa Save the Children che ha registrato le testimonianze della popolazione atterrita da anni di massacri e saccheggi, iniziati nel 2017, costati la vita ad almeno 2.500 persone. Particolarmente commoventi sono i racconti delle madri che hanno assistito impotenti all’esecuzione dei loro bambini. “La notte che il nostro villaggio è stato attaccato e dato alle fiamme – una donna racconta – ero a casa con i mie quattro figli. Abbiamo cercato di scappare nella foresta, ma hanno preso il più grande e lo hanno sgozzato sotto i nostri occhi. Non abbiamo potuto fare niente perché se ci avessero visti avrebbero ucciso anche noi”. Il bambino aveva solo 12 anni e il figlio di un’altra testimone ne aveva uno in meno: “dopo che hanno ucciso il mio bambino di 11 anni, ci siamo resi conto che restare al villaggio era diventato troppo pericoloso”. La donna si era rifugiata con i tre figli superstiti nel villaggio paterno solo per doversene andare pochi giorni dopo quando i terroristi sono arrivati anche lì. Entrambe adesso con i loro bambini vivono in un campo profughi dove le loro e altre storie sono raccolte dal personale che se ne prende cura. Il relatore speciale delle Nazioni Unite per le esecuzioni extragiudiziarie ha definito i jihadisti “crudeli oltre ogni dire”.

La loro efferatezza quando si accaniscono sui bambini è rivoltante, tanto più se si giustifica e reclama comprensione. Gli al Shabaab mozambicani, legati all’Isis, sostengono di lottare “per un governo islamico, non di infedeli” e, con le loro azioni, di voler “mostrare che il governo è ingiusto perché umilia i poveri e avvantaggia i padroni”. Reclutano i giovani locali, conquistandoli alla causa o costringendoli con le minacce. La provincia di Cabo Delgado è la più povera del paese. È straordinariamente ricca di risorse minerarie, però male amministrate. Ma la risposta non può essere sgozzare dei bambini o reclutarli sotto minaccia di morte. 

I rapitori nigeriani di studenti e orfani invece sono delinquenti comuni, secondo quanto sostengono le forze di sicurezza. Sequestrano a scopo di estorsione. I rapimenti per riscatto, spesso per piccole somme di denaro, sono frequenti in Nigeria, ma di solito si tratta di singole o poche persone. Negli stati del nord ovest per esempio in genere si rapisce gente in viaggio che viene lasciata andare in cambio di 200 dollari e anche di molto meno. Rapire decine e centinaia di studenti assicura risonanza, il coinvolgimento dei governi nelle trattative e il pagamento di somme ingenti. Sembra infatti che i governatori degli stati, che hanno poche risorse per rafforzare i sistemi di sicurezza perché polizia ed esercito sono di competenza del governo federale, accettino di pagare i riscatti e così i sequestri di massa sono diventati una impresa molto redditizia.

Finora tutti gli studenti sono stati liberati, ad eccezione di quelli rapiti l’11 marzo. L’esperienza traumatica, indelebile di uomini armati che sparando irrompono nelle aule e nei dormitori, di essere trascinati via e di trascorrere giorni nell’incertezza, temendo per la vita, non è l’unico danno. La scorsa settimana lo stato del Niger ha deciso di chiudere tutte le scuole secondarie per almeno due settimane, lo Zamfara e tre altri stati settentrionali – Kano, Katsina e Yobe – hanno a loro volta chiuso molti istituti secondari per precauzione. In alcuni stati del nord molte scuole sono state chiuse per anni a causa dei jihadisti Boko Haram. Doverle chiuderle di nuovo, e anche se restano aperte vedere decimate le frequenze perché molte famiglie impaurite decidono di tenere i figli a casa, vanifica i progressi fatti a partire dal 2016, quando il raggio d’azione di Boko Haram è stato drasticamente ridotto consentendo il ritorno alla normalità per milioni di famiglie. Come osserva Bukki Shonibare, cofondatrice del movimento Bring Back Our Girls per la liberazione della studentesse rapite a Chibok da Boko Haram nel 2014: “i banditi, motivati dal denaro, possono essere ideologicamente diversi da Boko Haram, che è contrario all’educazione laica, ma la loro azione combinata ha un effetto devastante in tutta la Nigeria del nord”.