Nigeria, il voto nel Paese più ricco e violento dell'Africa
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Nigeria al voto. Il paese, con i suoi 214 milioni di abitanti è il più popoloso dell'Africa. Ed è anche diventato il più ricco, grazie ai suoi giacimenti di petrolio. Però più della metà della sua popolazione vive in condizioni di povertà estrema e l'analfabetismo è dilagante. Questa nazione ricca di contrasti è lacerata da violenza religiosa fra un Nord islamico e un Sud cristiano. Boko Haram, sconfitto, ha saputo riciclarsi nello Stato Islamico (Iswap). Ma altre forme di criminalità si diffondono anche per ragioni non religiose. Tutti i candidati promettono legge, ordine e lotta alla corruzione. Ma quanti di loro sono sinceri?
Sabato 25 febbraio si vota in Nigeria per eleggere il capo dello Stato e i membri del Parlamento. Come consuetudine, dal giorno prima è stata disposta la chiusura delle frontiere. Nei giorni precedenti sono state prese misure di sicurezza straordinarie per assicurare che il voto sia corretto e libero e che la giornata trascorra senza incidenti. Direttive severe sono state impartite anche per garantire l’ordine durante lo spoglio delle schede e all’annuncio ufficiale dei risultati. Nei sondaggi nessuno i tre candidati favoriti ha distanziato gli avversari e si ritiene quindi che queste siano le elezioni dall’esito più incerto dal 1999, l’anno che ha segnato la fine dell’epoca delle dittature. Se la vittoria non sarà netta, si temono contestazioni e soprattutto reazioni violente da parte dei sostenitori dei candidati sconfitti.
La Nigeria arriva all’appuntamento con le urne in condizioni mai così difficili. È il paese africano con più abitanti: 214 milioni (un africano su sette è nigeriano). È il primo produttore africano di petrolio, che ha incominciato ad estrarre negli anni Sessanta del secolo scorso, e, con un Prodotto interno lordo di 504 miliardi di dollari, è la prima economia del continente (precede Egitto e Sudafrica). Tuttavia il 62,9% dei nigeriani – quasi 133 milioni – vive in condizioni di povertà: ha a disposizione non più di 2,15 dollari al giorno e non ha sufficiente accesso alle infrastrutture e ai servizi di base. Il 43% della popolazione non dispone di luce elettrica, un record mondiale. Di tutti i bambini del mondo che non vanno a scuola, uno su cinque è nigeriano: quasi il 40% dei bambini di età compresa tra 5 e 11 anni, con percentuali più elevate nel nord.
Il Prodotto interno lordo è aumentato del 3,4% nel 2021 e del 3,1% nel 2022, tuttavia i principali indicatori economici sono negativi. Nel 2022 l’inflazione è stata del 19% con incrementi ancora superiori per quel che riguarda i generi alimentari: olio, carne, latte, pomodori, pane, uova e altri prodotti di uso comune hanno registrato aumenti che vanno dal 26 al 41%. La disoccupazione nel 2022 ha raggiunto il 33% e nei giovani tra 15 e 24 anni supera il 50%. Il debito pubblico è salito a 102 miliardi di dollari. C’è il rischio di default, come è già successo al Ghana e allo Zambia, perché l’ammontare degli interessi in alcuni mesi del 2022 ha superato le entrate del paese. La produzione di petrolio diminuisce da oltre dieci anni: dai 29 milioni di barili estratti al giorno nel 2011 è scesa a 14 milioni. Quantità enormi di greggio vengono rubate. Nel primo trimestre del 2022, ad esempio, solo 132 dei 141 milioni di barili estratti ha raggiunto i terminali da cui il petrolio viene esportato. Nove milioni di barili sono stati rubati. Inoltre la produzione risente degli insufficienti investimenti nel settore e dei frequenti atti di sabotaggio delle strutture.
Tutti i candidati presidenziali hanno illustrato i loro programmi economici, i loro piani di lotta contro la povertà, ma è stato soprattutto il problema della sicurezza il protagonista della campagna elettorale. Il passaggio alla democrazia all’inizio del secolo ha coinciso con l’acuirsi in maniera drammatica delle divisioni che caratterizzano la Nigeria: metà, il nord, musulmano, e metà, il sud, cristiano; nel nord povertà, al sud immensi giacimenti di petrolio, ricchezza e al tempo stesso maledizione del paese; al nord etnie di pastori, al sud etnie di agricoltori. Nel 2002 nel nord est del paese si è costituito Boko Haram, uno dei gruppi jihadisti più temuti in Africa occidentale, affiliato ad al Qaeda. Quando l’attuale presidente Muhammadu Buhari è stato eletto per la prima volta nel 2015 ha promesso di combattere Boko Haram e l’anno successivo ha annunciato di averlo “tecnicamente sconfitto”. In effetti da allora il suo raggio d’azione si è ridotto, anche se soprattutto grazie all’intervento di una forza militare regionale. Ma ancora costituisce una minaccia e inoltre una parte dei suoi combattenti si è organizzata in un nuovo gruppo armato, l’Iswap, affiliato all’Isis e attivo in tutta la regione del lago Chad. Entrambi continuano a compiere attentati e attacchi per mettere in fuga i cristiani e per imporre il rispetto rigoroso della shari’a, la legge coranica che i 12 Stati settentrionali a maggioranza islamica hanno adottato nel 2000, ma che secondo i jihadisti non è applicata radicalmente.
In tutto il resto del paese la violenza domina quasi incontrastata. La situazione si è deteriorata in gran parte dei 36 Stati di cui si compone la federazione. Nel nord ovest da due anni ai già tanti problemi di ordine pubblico si è aggiunto quello, del tutto fuori controllo, dei rapimenti a scopo di estorsione. Bande armate seminano il terrore tra la popolazione perché, fenomeno nuovo, non prendono più di mira solo persone benestanti per chiedere riscatti milionari, bensì gente comune, in grado di pagare poche decine di migliaia di dollari e anche solo alcune migliaia o centinaia. Nel marzo del 2022 uomini armati hanno attaccato addirittura il treno che collega la capitale federale, Abuja, a Kaduna, la capitale dell’omonimo stato. Hanno rapito un numero imprecisato di persone, forse più di cento, e ne hanno uccise nove. I 18 agenti a guardia del convoglio hanno tentato di intervenire, ma, visto il numero degli aggressori, si sono dati alla fuga.
Nella Middle Belt, i territori centrali del paese in cui sono costrette a convivere le popolazioni musulmane del nord e quelle di fede cristiana del sud, gli scontri armati sono sempre più frequenti e cruenti, inaspriti dal fatto che a dividere e istigare all’odio si assommano interessi economici – il controllo di pascoli e terreni agricoli – e intolleranza religiosa. Gli stati del sud dove si produce il petrolio, sono relativamente più sicuri anche se la delinquenza comune è molto diffusa e sono numerosi, anche lì, i sequestri di persona. Però nel sud est da qualche anno sono rinate le istanze separatiste che tra il 1967 e il 1970 hanno dato vita a una delle guerre civili più sanguinose dell’epoca post coloniale.
Soprattutto, il male che si sarebbe dovuto sconfiggere è la corruzione. I dittatori del secolo scorso avevano spogliato il paese, attingendo senza ritegno alle casse statali. A distanza di decenni, ancora si scoprono in Svizzera, Stati Uniti e altri paesi conti bancari milionari intestati a dittatori nigeriani ormai defunti: quelli di Sani Abacha, ad esempio, autore di un golpe nel 1993 e che in soli cinque anni aveva portato all’estero miliardi di dollari. Alla morte del marito, deceduto improvvisamente nel 1998, la moglie Maryam era stata arrestata mentre tentava di lasciare il paese portando con sé 38 bauli pieni di denaro e di oggetti di valore. Oggi, dopo che molti dei miliardi del marito sono stati restituiti al paese (e chissà che fine hanno fatto!), ancora dispone di un patrimonio di circa 38 milioni di dollari.
Ma i capi di Stato, i parlamentari, i ministri, i governatori degli Stati federali, eletti secondo regole democratiche, che si sono avvicendati in questi 24 anni non sono stati da meno e, con loro, le alte cariche di esercito, polizia e magistratura. Hanno promesso, tutti, di combattere la corruzione e invece molti di loro l’hanno alimentata, ne hanno approfittato e hanno lasciato che proliferasse in tutto il paese, in tutti i settori economici, politici e sociali e a tutti i livelli, fino ad assurgere a “stile di vita” (“a way of life”, dicono i nigeriani).
In un comunicato, i vescovi della Conferenza episcopale cattolica della Nigeria hanno rivolto un appello ai nigeriani affinché “rifiutino il male, maggiore o minore, e scelgano saggiamente i candidati buoni e capaci a tutti i livelli. I nostri voti sono preziosi – si legge nel comunicato – dobbiamo usarli bene. Incoraggiamo tutti i cittadini idonei a uscire in massa per votare leader timorati di Dio, onesti, brillanti e trasparenti, per una Nigeria migliore”. Non tutti i nigeriani però ritengono che i candidati buoni, da votare, siano quelli onesti, brillanti e trasparenti, incorruttibili.