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BREXIT

Niente panico, non siamo inglesi Ce la caveremo

Le reazioni fortemente negative dei mercati finanziari, sono sufficienti a dimostrare come la svolta della Brexit sia da considerare un evento destinato a complicare tremendamente la vita economica e sociale dei prossimi mesi. Ma se dobbiamo fare i conti con la realtà, allora dobbiamo necessariamente cercare nel voto anche i lati che possono essere utili per avviare su basi più costruttive il futuro del resto d’Europa.

Esteri 25_06_2016
Che succederà dopo la Brexit?

La storia ha scritto un’altra pagina che ormai nessuno può cancellare. Gli inglesi hanno deciso di lasciare l’Unione europea in cui erano entrati, peraltro senza troppo entusiasmo negli Anni ’70 del secolo scorso. Le reazioni fortemente negative dei mercati finanziari, con un andamento contrassegnato dal panico speculativo, sono sufficienti a dimostrare come la svolta della Brexit sia da considerare un evento destinato a complicare tremendamente la vita economica e sociale dei prossimi mesi. Siamo entrati in una fase in cui dominerà a lungo l’incertezza, in cui la razionalità resterà ai margini, in cui sirene del facile populismo potranno acquistare consensi e credibilità.

Ma se dobbiamo fare i conti con la realtà e non solo analizzare il passato allora dobbiamo necessariamente cercare nel voto anche i lati che possono essere utili per avviare su basi più stabili e costruttive il futuro del resto d’Europa. Senza la Gran Bretagna l’Unione europea ha il dovere di scegliere una strada chiara, definita e soprattutto condivisa.  Non dobbiamo dimenticare che quello tra Gran Bretagna e Europa non è mai stata una unione fondata sulla passione, ma ha sempre avuto tutte le caratteristiche di un matrimonio di interesse. E i matrimoni di interesse finiscono spesso con un divorzio quando cambiano le condizioni economiche.

La visione europea, anche dei più europeisti tra gli inglesi, è sempre stata minimalista, una partecipazione a un mercato comune, l’abolizione delle barriere alla circolazione dei capitali, una condivisione solo limitata delle risorse economiche. Londra ha sempre frenato tutte le evoluzioni politiche, tutte le condivisioni di sovranità, tutti i passi nella direzione di una vera Europa federale. E peraltro ha sempre ottenuto da Bruxelles condizioni di particolare favore. Fin dall’adesione, la Gran Bretagna ha sempre pagato contributi al bilancio comunitario inferiori a quelli degli altri Paesi grazie ad un meccanismo ad hoc chiamato “correzione britannica” che costituisce di fatto un maggior onere da parte degli altri Paesi per la riduzione delle quote di Londra.

La Gran Bretagna non ha mai preso in considerazione la possibilità di partecipare alla moneta unica e ha sempre difeso a spada tratta la sovranità della propria Banca centrale e del proprio sistema bancario, un sistema che peraltro non è esente da rischi e fragilità. La partecipazione della Gran Bretagna all’Unione europea ha corrisposto sicuramente a una visione ideale, quasi filosofica, di un Vecchio Continente che ha visto proprio gli inglesi tra i maggiori artefici della sconfitta del nazismo e della rinascita delle democrazie. Ma la stessa Gran Bretagna ha continuato ad avere una visione imperiale dei proprio rapporti con il resto del mondo e a guardare all’Europa con un malcelato complesso di superiorità.

Ora lasciamo i sudditi di Sua Maestà britannica al loro destino. È il momento di ricostruire l’Europa sulle basi ideali dei fondatori, riprendere lo spirito della ricostruzione del dopoguerra, guardare alla grande forza del mercato e della moneta unica. L’Unione europea ha tutte le risorse politiche ed economiche per riprendere il cammino che ha l’ha portata, pur con tanti difetti, ad essere un esempio di democrazia, di libertà e di pace.