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Borgo Pio
a cura di Stefano Chiappalone

decreto

Niente padrini e madrine a Palermo (e non solo)

Tre vescovi italiani sospendono "ad experimentum" padrini e madrine, troppo spesso confusi con legami di amicizia e ben lontani dal ruolo che il diritto canonico prevede ma non impone.

Borgo Pio 09_02_2023

Con un decreto del 31 gennaio 2023 l'arcivescovo di Palermo mons. Corrado Lorefice ha sospeso per tre anni ad experimentum la presenza di padrini e madrine in occasione di battesimi e cresime.

«Nel corso del tempo convenzioni sociali e abitudini consolidatesi hanno compromesso l’autentico significato di questo ufficio», scrive il presule. «Confuso spesso con relazioni di parentela — se non addirittura con legami ambigui — e relegato, il più delle volte, al solo momento rituale, ha perso l’originario significato di accompagnamento nella vita cristiana del battezzato e del cresimato».

Mons. Lorefice non è il primo ad adottare questa decisione. Nel 2021 lo aveva fatto l'allora arcivescovo di Catania, mons. Salvatore Gristina. La curia etnea specificò successivamente che «la mafia non c'entra», smentendo l'ipotesi avanzata dal New York Times. Nel 2022 è stato invece il vescovo di Sanremo, mons. Antonio Suetta a sospendere – sempre ad experimentum  e ad triennium – la presenza di padrini e madrine che attualmente «risulta spesso una sorta di adempimento formale o di consuetudine sociale, in cui rimane ben poco visibile la dimensione della fede». 

Del resto, il più delle volte padrino e madrina non sarebbero neppure in grado di contribuire all'educazione cristiana del battezzato o del cresimato, se non altro per carenza di basi. Anche tralasciando i casi (menzionati da mons. Suetta) in cui «la situazione familiare complessa e irregolare di tante persone proposte» finisce per creare imbarazzo al prete e anche a loro stessi, il "padrinato" si riduce al massimo a un "atto dovuto" o voluto per ragioni di amicizia. In ogni caso siamo ben lontani dall'accompagnamento spirituale di cui dovrebbero farsi carico queste figure che il diritto canonico prevede ma non impone.