Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Guido Maria Conforti a cura di Ermes Dovico
GAZA

Netanyahu vuole Rafah, nonostante si rischi la catastrofe umana

Ascolta la versione audio dell'articolo

Sono in corso i preparativi di un'offensiva contro Rafah, nell'estremo Sud della Striscia di Gaza. Nonostante gli avvertimenti dell'amministrazione Usa sul rischio catastrofe umanitaria.

Esteri 12_02_2024
Rafah, si scava tra le macerie (La Presse)

La notizia che il primo ministro israeliano abbia dato l'ordine all’esercito di predisporre un piano di evacuazione dei civili di Rafah sta creando molta preoccupazione nell'Amministrazione americana e nelle cancellerie europee. I crescenti attriti tra Joe Biden e Benjamin Netanyahu sono ormai evidenti.

Rafah, la città al sud della Striscia di Gaza, un lembo di terra al confine con l'Egitto, è ormai una città sotto attacco degli aerei in appoggio all'artiglieria e ai soldati di terra. L'intensità, con la quale l'aviazione militare israeliana colpisce case, scuole e locali pubblici, è in continuo aumento. Anche l'ospedale Nasser, nella città di Khan Younis, è stato preso di mira dai cecchini israeliani che hanno colpito i civili rifugiatisi nel nosocomio, insieme a degenti e feriti. Bilancio finale: oltre venti le vittime. Tra queste, una quattordicenne, uscita dall'ospedale alla ricerca di acqua da portare al fratello ricoverato in gravi condizioni. Ma anche i medici e gli infermieri sono nel mirino dei cecchini. La dottoressa, Amira al-Assouli, lo scorso sabato, sfidando i cecchini, ha soccorso una giovane fuori dall'ospedale, rimanendo ferita per i proiettili sparati da un soldato. All'interno della struttura sanitaria, oltre ai malati e al personale medico, vi hanno trovato rifugio 10mila sfollati.

Tre dirigenti della polizia della Striscia di Gaza sono stati uccisi in seguito ad un attacco al loro veicolo nel quartiere di Tel al-Sultan, a ovest di Rafah. Si tratta di un dirigente, Ahmed al-Yakoubi, del suo vice Ayman al-Rantisi e di Ibrahim Shatt, incaricato per la distribuzione degli aiuti. La Mezzaluna Rossa palestinese ha fatto sapere, attraverso i social, che il corpo di una bambina palestinese di sei anni, scomparsa da dodici giorni, dopo che un carro armato israeliano aveva sparato contro l'auto nella quale viaggiava insieme ai suoi familiari, è stato ritrovato insieme a quelli di due medici che erano andati a cercarli. Hind Rajab, questo il nome della bambina deceduta, è stata ritrovata insieme agli zii e ai loro tre figli, anche loro morti, nei pressi di una rotonda nel sobborgo di Tal al-Hawab.

Nonostante la popolazione non sappia più dove rifugiarsi, il primo ministro Netanyahu ha impartito l’ordine ai militari di tenersi pronti per invadere Rafah, benché gli Stati Uniti abbiano messo in guardia l'alleato che l'eventuale operazione nel sud della Striscia di Gaza si trasformerebbe in una carneficina. Si stima che oltre un milione e 300mila palestinesi si siano ammassati nell’area di Rafah, dopo che l’IDF, l'esercito israeliano, ha dato ordine di sgombero dal nord di Gaza e da altre aree della Striscia durante l’offensiva di terra. Non potendo lasciare quel lembo di terra della Striscia, molti vivono in tendopoli improvvisate o in rifugi stracolmi di gente stipata all'inverosimile.

«Dare l'ordine di occupare Rafah minaccia la sicurezza e la pace in tutta la regione», ha detto Abu Mazen, presidente dell'Autorità Palestinese, «ed è evidente che il governo israeliano voglia cacciare i palestinesi dalla loro terra». L'ambasciatore iraniano in Afghanistan, Hassan Kazemi Quomi, ha affermato che se c’è necessità, più di una divisione di "cercatori di martirio" è pronta a partire dall'Afghanistan per sostenere Gaza.

La missione di Antony Blinken in Medio Oriente si è rivelata un fallimento, per il netto rifiuto di Netanyahu ad accettare qualsiasi negoziato con Hamas. «Non riusciremo a raggiungere queste intese e questi trattati di pace, senza sconfiggere Hamas. Israele non fermerà la guerra nella Striscia di Gaza finché non otterrà la vittoria completa e il successo è vicino», aveva detto Netanyahu, dopo aver incontrato a Gerusalemme il segretario di Stato Usa. E citando un versetto biblico tratto dall'Ecclesiaste, ha concluso: «C’è un tempo per la pace e un tempo per la guerra». Ha poi criticato i suoi ministri, attraverso una lettera, per non aver usato parole dure contro la proposta di accordo presentata da Hamas.   

Che il primo ministro israeliano sia intenzionato ad andare avanti nella guerra è evidente, anche perché sta usando tutto il suo potere per ostacolare qualsiasi accordo. Per l'Amministrazione americana non è più un mistero la strategia di Netanyahu. Il Segretario di Stato Blinken, durante il suo soggiorno a Gerusalemme avrebbe dovuto incontrare, privatamente, il generale Herzi Halevi, capo delle Forze armate israeliane. Incontro che è saltato per l’opposizione del primo ministro. Non è il primo sgarbo che Netanyahu fa all'Amministrazione Biden. Si tratta di una vera spaccatura tra Tel Aviv e Washington?

La risposta Usa non si è fatta attendere. Blinken ha dichiarato che Israele non può usare il 7 ottobre come licenza per disumanizzare gli altri, perché la stragrande maggioranza degli abitanti di Gaza non ha nulla a che fare con gli attacchi del 7 ottobre. Ha poi aggiunto: «Le famiglie di Gaza, la cui sopravvivenza dipende dalla fornitura di aiuti da parte di Israele, sono proprio come le nostre famiglie. Sono padri, madri e figli che vogliono guadagnarsi da vivere dignitosamente, mandare i ragazzi a scuola, avere una vita normale. Ecco chi sono. Questo è quello che vogliono».

Mentre il conflitto infuria nella Striscia, la colonizzazione della Cisgiordania prosegue a ritmo serrato. Cinque prefabbricati sono stati posti sulle rocce, addossati alla cima di una collina brulla. Ma dietro i muri grezzi e le lamiere contorte, e a volte, anche arrugginite, vi sono stanze pulite, cucine con piastrelle e pavimenti, tutto è pronto per essere abitato. La costruzione dell'avamposto di Nofey Elhanan è iniziata un mese fa in piena guerra. I suoi futuri residenti dovrebbero trasferirsi lì a breve. E di fronte si trova un altro insediamento, Einav. Entrambi non sono lontani da Tulkarem, una città palestinese del nordovest della Cisgiordania, dove l'esercito israeliano quotidianamente effettua incursioni contro gli abitanti. Nei pressi di una stazione di servizio sulla Route 60 c'è un cartello di color rosso con la scritta "vendetta". Prima del 7 ottobre l'esercito interveniva, oggi non interviene più nessuno. E i coloni continuano a minacciare ed occupare terreni appartenenti ai palestinesi.