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medio oriente

Netanyahu caccia Gallant, terremoto politico in piena guerra

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Dopo aver più volte minacciato di cacciarlo, il premier israeliano congeda il ministro della Difesa per contrasti sulla gestione del conflitto. E lui stesso è travolto da una maxi-inchiesta sulla fuga di documenti.

Esteri 07_11_2024
IMAGOECONOMICA VIA YOAV GALLANT

Un vero e proprio terremoto politico in piena guerra. L’aveva promesso in più di un’occasione; aveva minacciato di cacciarlo dall’esecutivo da lui guidato; in un primo momento aveva rinviato la decisione, ma all’improvviso ha allontanato il ministro della Difesa Yoav Gallant, per contrasti sulla gestione della guerra a Gaza, e ha nominato in sua sostituzione l’attuale ministro degli Affari esteri, Israel Katz. Una mossa che sembrava essere stata accantonata, ma che all’improvviso Benjamin Netanyahu ha applicato.

È stato lo stesso primo ministro a rendere pubblica la sua decisione con una nota sul suo profilo social nel quale sottolinea le «profonde divergenze accompagnate da dichiarazioni e azioni che contraddicono le decisioni che venivano adottate sia dal governo che dal gabinetto di guerra». E prosegue: «Purtroppo, benché nei primi mesi di guerra ci fosse stima e ci fosse tra noi un fruttuoso lavoro, negli ultimi mesi questa fiducia si è incrinata in modo insanabile tra me e il ministro della Difesa». «Vorrei ringraziarla per il suo servizio come ministro della Difesa – scrive il primo ministro nella lettera consegnata a Gallant con la quale lo licenzia – Il suo ruolo come ministro si concluderà entro 48 ore dal ricevimento di questa lettera». Netanyahu ha anche annunciato che il nuovo ministro della Difesa sarà l’attuale ministro degli Esteri Israel Katz che sarà sostituito da Gideon Sa’ar, del partito di opposizione Nuova Speranza, incarico che alcuni mesi fa aveva rifiutato ma che ora ha accettato. Di recente, nel corso di un pubblico intervento, aveva elogiato l’operato del primo ministro sottolineando che «negli ultimi giorni il governo ha dimostrato una encomiabile determinazione e l’esercito israeliano ha agito in modo impeccabile». Va ricordato che Katz è uno dei sostenitori della guerra a tutto campo ed ha sempre sostenuto l’apertura di un fronte con il Libano in modo da creare, assieme a Gaza, la Grande Gerusalemme immaginata.

Dopo il suo licenziamento Gallant ha rilasciato una dichiarazione, la stessa che aveva fatto circa diciotto mesi fa quando è stato prima licenziato e poco dopo reintegrato nel suo ruolo: «La sicurezza dello Stato di Israele è sempre stata, e rimarrà sempre, la missione della mia vita». Non era un mistero per nessun israeliano che tra i due non ci fossero buoni rapporti. I motivi principali riguardavano l’esigenza di arruolare gli ebrei ultraortodossi come militari nelle forze armate; fare il possibile per riportare a casa da Gaza gli ostaggi ancora detenuti e la necessità di una commissione statale d’inchiesta sull’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre e sulla guerra che ne è seguita. Tutti argomenti spinosi che il premier Netanyahu non ha mai affrontato, secondo Gallant, in modo concreto.

Il terremoto all’interno dell’esecutivo si sta verificando nel bel mezzo di una tempesta politica che sta travolgendo Benjamin Netanyahu. È dei giorni scorsi, infatti, la maxi-operazione congiunta dell’esercito, della polizia e dei servizi di sicurezza interna israeliani, lo Shin Bet, che ha portato all’arresto di numerose persone in relazione alla ipotizzata fuga di documenti classificati dal suo ufficio. L’indagine svela che molti documenti riservati e strategici riguardanti il gruppo terroristico di Hamas, trovati dall’intelligence militare israeliana a Gaza nel corso delle numerosissime operazioni condotte dentro la Striscia, siano stati successivamente manipolati da collaboratori del primo ministro oppure dalla struttura militare. L’inchiesta sostiene inoltre che i documenti trafugati siano stati resi pubblici attraverso due quotidiani sia in lingua tedesca che inglese. Lo scopo di questa fuga di notizie era ostacolare e far saltare un potenziale accordo per il cessate il fuoco a Gaza.

Netanyahu ha negato qualsiasi illecito da parte dei collaboratori del suo ufficio anche se – forse volutamente – ha ignorato che tra le persone arrestate ci fosse il suo portavoce Eli Feldstein accusato dai giudici del tribunale di Rishon LeTsiyon di «violazione della sicurezza nazionale in seguito alla fuga di informazioni riservate che avrebbero danneggiato il raggiungimento degli obiettivi della guerra di Israele».

Dura la presa di posizione del leader dell’opposizione Yair Lapid: «La fuga di notizia riservate è uscita dall’ufficio del primo ministro e l’indagine dovrebbe verificare se non fosse stato ordinato dal premier. Se Netanyahu lo sapeva, è complice di uno dei più gravi reati di sicurezza previsti nel codice di diritto – ha aggiunto Lapid –. E se non sapeva che i suoi più stretti collaboratori stavano sottraendo documenti, servendosi di spie all’interno delle forse armate manipolando documenti, esponendo fonti di intelligence e filtrando documenti segreti a giornali stranieri per liberare gli ostaggi, cosa sa? Forse è opportuno che lasci». 

Intanto prosegue senza soste la distruzione di Gaza e di buona parte dei villaggi libanesi al confine con Israele. Secondo fonti di informazione palestinesi, la città di Beit Lahiya, nel nord di Gaza, e il campo profughi di Nuseirat, al centro dell’enclave, sono stati al centro degli attacchi israeliani fin dall’alba di ieri mattina. Sempre più famiglie sono costrette ad abbandonare Beit Lahiya mentre l’esercito israeliano intensifica l’assedio e i bombardamenti. Nel 398° giorno di guerra nella Striscia di Gaza sono state uccise 43.400 persone mentre i feriti superano i 102.000.
In Libano, il ministero della Salute ha annunciato che il bilancio delle vittime della guerra israeliana contro il Libano è salito a 3.002 morti e 13.492 feriti dall’8 ottobre 2023.



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