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CALENDA E RENZI

Nel Terzo Polo volano gli stracci: è questione di soldi

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C’era da scommetterlo che la convivenza tra Matteo Renzi e Carlo Calenda non sarebbe durata a lungo. Entrambi prigionieri di manie di protagonismo. Ma le motivazioni non sono politiche. Si è capito il vero motivo delle frizioni tra Azione e Italia Viva: i soldi, l’utilizzo delle risorse di partito. In ballo c’erano svariati milioni di euro.

Politica 19_04_2023

Si erano presentati agli elettori come la vera alternativa a destra e sinistra, ma il magro bottino rimediato nelle urne alle ultime regionali li ha resi definitivamente ininfluenti. Si fanno chiamare Terzo Polo ma numericamente sono quinti o forse sesti e, dopo l’implosione dei giorni scorsi, si preparano a raggiungere percentuali insignificanti.

C’era da scommetterlo che la convivenza tra Matteo Renzi e Carlo Calenda non sarebbe durata a lungo, ma che il matrimonio tra i due non superasse neppure l’anno di vita lo prevedevano in pochi. Entrambi prigionieri di manie di protagonismo, non sopportano di stare all’opposizione e, soprattutto, lontani dalle “stanze dei bottoni”. Ecco perché si sono separati e ora meditano nuove mosse per sopravvivere. Due brutti caratteri costretti a convivere sotto lo stesso tetto perché altrimenti avrebbero rischiato di non entrare in Parlamento, soprattutto l’ex premier. Un cartello che fin da subito è apparso un incontro tra due debolezze, infarcito di rimasugli di Forza Italia e Pd neppure ben amalgamati. Solo gli sprovveduti e gli ingenui potevano pronosticare un successo per una creatura politica simile.

Renzi e Calenda si preparavano a fare il partito unico ma sono emerse le inevitabili incompatibilità tra due primedonne abituate a comandare e a stare sotto i riflettori. Soprattutto, si è capito il vero motivo delle frizioni tra Azione (partito di Calenda) e Italia Viva (partito di Renzi): i soldi, l’utilizzo delle risorse di partito. In ballo c’erano svariati milioni di euro. A cominciare da quelli che Azione e Italia viva raccolgono in proprio tramite il 2xMille. Calenda, con l'avvio del cantiere centrista, avrebbe voluto in cassa tutti i soldi e subito. Il partito di Renzi, peraltro, riceve laute donazioni, che non ha nessuna voglia di condividere con il suo ormai ex sodale. Ecco perché i due sono al divorzio e la loro unione è ai titoli di coda.

Tra i due litiganti ormai volano gli stracci. Calenda, dopo aver scritto su Twitter che era il momento del “silenzio stampa”, nel giro di pochi minuti è tornato ad attaccare Renzi ricordando che quando lui era assente al Senato non era certo per andare "a Miami con il genero di Trump o in Arabia a prendere soldi dall'assassino di Khashoggi" o sottolineando di non esser "caduto nella fregatura di Renzi e Boschi sul finto partito unico" e di non aver preso, lui, "finanziamenti per il partito da speculatori stranieri e intrallazzatori" né di aver accettato "soldi a titolo personale da nessuno, tanto meno da dittatori e autocrati stranieri". Né di aver "mai incontrato - insiste - un magistrato se non per ragioni di servizio", né di essere mai "entrato nelle lottizzazioni del CSM", né di aver "mai ricevuto avvisi di garanzia/rinvii a giudizio o condanne pur avendo ruoli di responsabilità".

Insomma, il fuoco covava sotto la cenere ma ora è divampato oltre ogni previsione e si sta propagando fino a distruggere la già fragile costruzione politica messa in piedi dai due. Proprio ieri è stato diffuso un sondaggio Swg, il primo dopo la scissione, che dà Azione al 4,6% e Italia Viva al 2,6%. Si tratta peraltro di percentuali destinate a scendere in prossimità di qualsiasi elezione perché si sa che il voto si polarizza e prevale la logica del “voto utile”, con la progressiva erosione del bottino elettorale delle forze minori e senza alcuna chance di vittoria.

Renzi ha già annunciato che a marzo dell’anno prossimo farà un’altra edizione della Leopolda e Calenda non ci sta perché teme che voglia finanziarla con i soldi del nuovo partito unico, che peraltro è già tramontato, come detto. Sul piano strettamente formale, anche per quanto riguarda i gruppi parlamentari, i due partiti rimangono separati in casa perché da soli sarebbero condannati all’irrilevanza. Tuttavia lavorano per obiettivi diversi: Calenda spera ancora di riunire liberali e moderati in uscita dal Pd a trazione Schlein e da Forza Italia in via di decomposizione; Renzi confida nella definitiva implosione del partito berlusconiano e non esclude un avvicinamento all’attuale maggioranza già in questa legislatura. Prospettive politiche divergenti, quindi, tra Renzi e Calenda, che però avrebbero continuato a sopportarsi sotto le insegne del Terzo Polo, sia pur con fatica, se non fosse stato il vil denaro a dividerli. Con buona pace di chi sognava di vederli alla guida di un nuovo grande centro.