Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
GUERRA IN EUROPA

Negoziato o escalation, con la Nato coinvolta si aprono nuovi scenari

Gli anglo-americani hanno giocato un ruolo di primo piano nella controffensiva ucraina. E adesso? La Russia può fare leva su questo aspetto per una maggiore mobilitazione popolare. Ma può anche, viceversa, decidere di negoziare. Gli anglo-americani hanno interesse a prolungare il conflitto. La Russia non ha fretta. Ue non pervenuta.

Esteri 20_09_2022
Artiglieria tedesca, come quella fornita anche all'Ucraina

I dettagli emersi negli ultimi giorni, circa il rilevante ruolo ricoperto dai militari e dall’intelligence degli anglo-americani nella pianificazione ed esecuzione dell’offensiva ucraina nel settore di Kharkiv, potrebbero determinare sviluppi diversi nel conflitto.

Se in passato a Kiev non era mai mancato il supporto degli Stati Uniti e dei loro principali alleati in termini di forniture di armi, addestramento e informazioni d’intelligence, nella recente offensiva vittoriosa a Kharkiv il supporto anglo-americano è stato molto più intenso e diretto. Si infittiscono infatti le voci di consiglieri militari e contractors al fianco delle truppe di Kiev. E del resto i video dei reparti ucraini in azione diffusi da alcuni canali Telegram non lasciano dubbi: molti militari con l’uniforme delle truppe di Kiev parlano tra di loro in inglese con diversi accenti che tradiscono la provenienza da diverse aree degli Usa. Secondo quanto riportato da un’inchiesta del New York Times, britannici e americani hanno addirittura messo a punto il piano operativo insieme ai comandi ucraini, con l’obiettivo di puntare a un’alternativa all’offensiva sul fronte meridionale di Kherson che ha provocato enormi perdite alle forze di Kiev.

“Le attività hanno preso il via subito dopo che il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky ha detto ai suoi generali di voler attuare una iniziativa clamorosa per dimostrare che il suo Paese poteva respingere l’invasione russa. Sotto i suoi ordini, l’esercito ucraino aveva escogitato un piano per lanciare un ampio assalto attraverso il Sud per riconquistare Kherson e isolare Mariupol dalle forze russe nell’Est” ha scritto il NYT citando anonimi funzionari statunitensi. “I generali ucraini e i funzionari americani credevano che un attacco su larga scala nel sud avrebbe causato enormi perdite e non sarebbe riuscito a riconquistare rapidamente grandi porzioni di territorio. Gli ucraini stavano già subendo centinaia di vittime al giorno in quello che era diventato un conflitto di logoramento. Le forze russe stavano subendo perdite simili, ma stavano ancora avanzando, devastando le città ucraine nella regione orientale del Donbass. Da tempo riluttanti a condividere i dettagli dei loro piani, i comandanti ucraini avevano iniziato ad aprirsi maggiormente ai funzionari dell’intelligence americana e britannica e a chiedere consiglio”, ha scritto il giornale.

“Jake Sullivan, il consigliere per la sicurezza nazionale Usa, e Andriy Yermak, uno dei massimi consiglieri di Zelensky, hanno parlato più volte della pianificazione della controffensiva. Il generale Mark A. Milley, capo dello Stato Maggiore Congiunto Usa e alti dirigenti militari ucraini hanno discusso regolarmente di intelligence e supporto militare”, prosegue l’articolo, “e a Kiev ufficiali ucraini e britannici hanno continuato a lavorare insieme mentre il nuovo delegato alla difesa americano, il generale Garrick Harmon, iniziava ad avere sessioni quotidiane con gli alti ufficiali dell’Ucraina”. Le testimonianze riportate dal NYT confermano il coinvolgimento diretto degli anglo-americani nell’offensiva ucraina, evidenziato nei giorni scorsi da fonti russe e filorusse.

Il portavoce della milizia della Repubblica popolare di Luhansk (LPR) Andrey Marochko, ha reso noto il 13 settembre che a Kramatosk, nella regione di Donetsk in mano alle forze di Kiev, sono arrivati militari stranieri che avrebbero il compito di monitorare la distribuzione dell’equipaggiamento militare occidentale fornito all’Ucraina, oltre a documentare il consumo di munizioni.

Le possibili conseguenze di questo maggiore coinvolgimento occidentale nella guerra sono da valutare con attenzione. Da un lato a Mosca, soprattutto gli ambienti ultra-nazionalisti, hanno ora l’opportunità di rilanciare la necessità di mobilitarsi contro la minaccia posta da Usa e Nato, giunto ormai ai confini russi. L’allarme per “il nemico alle porte” potrebbe consentire al Cremlino di mobilitare forze militari molto più nutrite di quelle viste finora sul campo di battaglia in cui i russi hanno sempre combattuto in forte inferiorità numerica evitando di chiamare “guerra” l’operazione militare speciale in Ucraina. Ora che il ruolo di Usa e Nato è più evidente e marcato, Mosca potrebbe far leva su ampi settori dell’opinione pubblica russa per favorire provvedimenti quali il richiamo di un numero molto elevato di riservisti nel nome di una nuova “guerra patriottica” che comporterebbe elevati costi economici, politici, sociali e militari per la Federazione Russa che ha  espresso in più occasioni le sue preoccupazioni per una progressiva escalation del coinvolgimento statunitense nel conflitto,

L’ambasciatore russo a Washington, Anatoly Antonov, ha dichiarato che “se Kiev ottenesse” i missili balistici tattici ATACMS impiegabili dai lanciarazzi campali HIMARS e con raggio d’azione fino a 300 chilometri chiesti agli Stati Uniti “grandi città russe e infrastrutture industriali e dei trasporti potrebbero essere colpite e uno scenario del genere significherebbe un diretto coinvolgimento degli Stati Uniti in un confronto militare con la Russia”. Gli ucraini chiedono da tempo armi a così lunga gittata ma Washington, per ora, non sembra volerle concedere.

I recenti sviluppi sul campo di battaglia, con il successo ucraino nella regione di Kharkiv, potrebbero favorire anche sviluppi dall’escalation bellica come l’avvio di negoziati tra i belligeranti. La vicepremier Ucraina, Olga Stefanishyna, ha detto nei giorni scorsi a France24 che negli ultimi giorni funzionari russi hanno contattato l’Ucraina per negoziare. Al vertice della Shangai Cooperation Organization di Samarcanda, Vladimir Putin ha confermato la disponibilità a trattare come auspicato da Cina, India e Turchia che continua a guidare le opzioni negoziali, lamentano però il rifiuto di Kiev ad aprire trattative. Non si può escludere che il maggiore supporto militare occidentale favorisca una stabilizzazione della guerra su linee del fronte più nette e consolidate.

Il prolungamento del conflitto rientra negli interessi più volte espressi esplicitamente dagli anglo-americani con l’obiettivo di indebolire e logorare la Russia, contesto che di fatto impedirebbe a Zelensky di aprire negoziati anche da una posizione meno svantaggiosa, oggi che può vantare un successo militare. Anche i russi sembrano del resto non avere fretta di fermare il conflitto, contando forse sul logorio dell’Ucraina e sulla destabilizzazione dell’Europa che, nei mesi invernali, rischia di subire devastanti contraccolpi a causa della crisi energetica.

Una guerra prolungata ai suoi confini orientali non rientra sicuramente negli interessi dell’Europa ma, paradossalmente, la consapevolezza e il peso politico-strategico della Ue in questa crisi, in cui gli europei si giocano tutto, appare del tutto inconsistente.