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UDIENZE

Natale, festa di una speranza che riposa sulla verità

Nell'udienza del 18 gennaio il Papa ha proposto alcune riflessioni sulle feste natalizie. Il Natale è la celebrazione di un evento storico che cambiò l'umanità: Dio ha voluto condividere la nostra condizione umana al punto da farsi una cosa sola con noi nella persona di Gesù.

Ecclesia 18_12_2013
Papa Francesco

All'udienza generale del 18 dicembre 2013, interrompendo il ciclo sul Credo, Papa Francesco ha proposto - nell'ultimo incontro del mercoledì prima del Natale - alcuni pensieri sulle feste natalizie, già anticipati nell'intervista concessa ad Andrea Tornielli cui il nostro giornale ha dedicato ampio spazio.

I media danno rilevo al saluto del Papa argentino alla squadra di calcio del San Lorenzo de Almagro, di cui ha più volte confessato di essere tifoso, che ha vinto il campionato «inicial», uno dei due campionati dell'Argentina. Ma ovviamente il cuore della meditazione è stato dedicato al Natale.

Il Natale, ha ribadito il Papa, è «la festa della fiducia e della speranza, che supera l’incertezza e il pessimismo». Questa fiducia non è un mero sentimento: si fonda sulla ragione, la quale ci assicura che «Dio è con noi e Dio si fida ancora di noi». Il Pontefice ha insistito sul fatto che Natale scalda il cuore, e non c'è nulla di male in questo, ma che per apprezzarne il significato non dobbiamo limitarci alle emozioni ma risalire alle verità che la festa ci trasmette e ci ricorda.

Natale ci pone di fronte a un evento storico, che nello stesso tempo trasforma la storia: Dio «viene ad abitare con gli uomini, sceglie la terra come sua dimora per stare insieme all’uomo e farsi trovare là dove l’uomo trascorre i suoi giorni nella gioia e o nel dolore». Come conseguenza, «la terra non è più soltanto una “valle di lacrime”, ma è il luogo dove Dio stesso ha posto la sua tenda, è il luogo dell’incontro di Dio con l’uomo, della solidarietà di Dio con gli uomini».

Il «Catechismo» ce lo insegna: «Dio ha voluto condividere la nostra condizione umana al punto da farsi una cosa sola con noi nella persona di Gesù, che è vero uomo e vero Dio». Ma, se ci pensiamo bene, «c’è qualcosa di ancora più sorprendente. La presenza di Dio in mezzo all’umanità non si è attuata in un mondo ideale, idilliaco, ma in questo mondo reale, segnato da tante cose buone e cattive, segnato da divisioni, malvagità, povertà, prepotenze e guerre. Egli ha scelto di abitare la nostra storia com’è, con tutto il peso dei suoi limiti e dei suoi drammi».

Venendo nel mondo com'è, non come dovrebbe essere, Dio «ha dimostrato in modo insuperabile la sua inclinazione misericordiosa e ricolma di amore verso le creature umane. Egli è il Dio-con-noi», «da sempre e per sempre con noi nelle sofferenze e nei dolori della storia». Il Natale mostra che Dio «si è “schierato” una volta per tutte dalla parte dell’uomo, per salvarci, per risollevarci dalla polvere delle nostre miserie, delle nostre difficoltà, dei nostri peccati».

Il Bambino ci dona «un’energia che ci aiuta a non sprofondare nelle nostre fatiche, nelle nostre disperazioni, nelle nostre tristezze, perché è un’energia che riscalda e trasforma il cuore». Di nuovo, però, non si tratta di mere emozioni ma di due verità da meditare e contemplare, che hanno pure una portata morale. «La prima è che se nel Natale Dio si rivela non come uno che sta in alto e che domina l’universo, ma come Colui che si abbassa: Dio si abbassa, discende sulla terra piccolo e povero». Con il Natale Dio c'invita all'umiltà, c'insegna che «per essere simili a Lui noi non dobbiamo metterci al di sopra degli altri, ma anzi abbassarci, metterci al servizio, farci piccoli con i piccoli e poveri con i poveri. Ma, è una cosa brutta quando si vede un cristiano che non vuole abbassarsi, che non vuole servire, un cristiano che si pavoneggia dappertutto: è brutto, eh? Quello non è cristiano: quello è pagano!».

La seconda verità del Natale è che «se Dio, per mezzo di Gesù, si è coinvolto con l’uomo al punto da diventare come uno di noi, vuol dire che qualunque cosa avremo fatto a un fratello e una sorella l’avremo fatta a Lui. Ce lo ha ricordato lo stesso Gesù: chi avrà nutrito, accolto, visitato, amato uno dei più piccoli e dei più poveri tra gli uomini, avrà fatto ciò al Figlio di Dio. Al contrario, chi avrà respinto, dimenticato, ignorato uno dei più piccoli e più poveri tra gli uomini, avrà trascurato e respinto Dio stesso». Lo scrive san Giovanni: «Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede» (1 Gv 4,20). E lo insegna tutta la vita della Madonna. Mostrando al mondo l'amore cristiano saremo come «un riflesso e un prolungamento della luce di Gesù, che dalla grotta di Betlemme continua ad irradiarsi nei cuori delle persone, offrendo la gioia e la pace, a cui aspiriamo dal profondo del nostro essere».